Terni, Fontana Tacito: mosaici vanno al Caos

In attesa che venga realizzato il ‘parco sulle scorie’ della ThyssenKrupp Ast, saranno conservati – divisi in blocchi da due metri quadrati – nella struttura museale

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Al Caos. A pezzi. Perché se è vero che la ThyssenKrupp Ast ha detto di essere pronta ad ospitare i mosaici della Fontana dello Zodiaco di piazza Tacito: è anche vero che li ospiterebbe nel ‘parco’ che Lucia Morselli nel 2015 promise di costruire sopra le scorie depositate a vocabolo Valle. Ed è chiaro che, se mai quel parco sarà realizzato, i tempi saranno quelli che saranno. Ma i mosaici vanno tolti e, quindi – siccome il Mibact ha richiesto la definizione del percorso di musealizzazione condizionando l’inizio dei lavori dello stacco – ecco cosa si farà.

I blocchi Il progetto esecutivo della fase di stacco e rifacimento prevede il consolidamento delle tessere in laboratorio. Lo stacco avverrà sulla base del test di prova già fatto e per porzioni di superficie di circa 2 metri quadrati. I blocchi, posizionati su una controforma leggera, verranno conservati in magazzino una volta staccati. E la soluzione che si prospetta è proprio quella di mettere tutto nei locali del Caos, in attesa di tempi migliori.

I fondi Ma anche dei soldi per fare il tutto. Visto che la somma necessaria per rivedere la fontana in funzione è salita ad oltre un milione e 100 mila euro e sarà bene non avere troppa fiducia sull’Art bonus, visto che i ternani hanno già fatto capire che la faccenda non li interessa troppo. Interessante notare, peraltro, che dal 2013 ad oggi il preventivo dei costi è quasi raddoppiato.

Federico Nannurelli

Il tecnico Una dettagliata spiegazione la offre Federico Nannurelli, il funzionario comunale che sta seguendo tutta la questione: «La soprintendenza impone una visualizzazione su giacitura orizzontale e composta. La superficie è troncoconica e il diametro di 85,32 metri. Non esiste a Terni un luogo adatto per tale operazione. In passato il primo soprintendente aveva optato per l’esposizione solo di alcuni brani più significativi dello zodiaco. Ad esempio l’acquario. Il sito prescelto era Palazzo Primavera». Poi è cambiato tutto.

I lavori Il mosaico, spiega Nannurelli, «verrà staccato e consolidato in laboratorio. Verrà realizzata una copia in situ utilizzando i cartoni originali che ci ha consegnato la Fondazione Corrado Cagli e i rilievi fatti dalla Fondazione Venaria Reale di Torino. Il tutto secondo quanto definito in accordo con l’istituto Superiore del Restauro di Roma è secondo quanto formizzato dalla Soprintendenza SABPU. In una seconda fase il mosaico originale verrà restaurato e musealizzato». 

I mosaici

I danni Le condizioni in cui versano i mosaici sono davvero critiche: «Il rudus – spiega il tecnico comunale – è staccato al 90% della superficie. Le tessere calcaree sono assottigliate oltre il 95%. La superficie è una ragnatela di lesioni passanti che arrivano alla soletta di allettamento. È un mosaico ricostruito nel 1961 con tecnica alla romana piuttosto che con tecnica alla veneziana come era l’originale danneggiato durante la guerra. Per ragioni economiche negli anni 50 il Genio Civile operò la scelta che poi si rivelò sbagliata. Le tessere con diversa matrice silicia e calcarea hanno assunto una levigazione differenziata per effetto del principio erosivo delle acque che scorrevano verso il catino centrale. Purtroppo il sistema idraulico rimase quello originale e al tempo non si poteva fare un trattamento delle acque. Ciò provocò erosione differenziata, la creazione di solchi di scolo in superficie e il deposito di calcaree. L’esposizione agli agenti atmosferici ha creato il resto. Poi tentativi maldestri di asportare il calcaree hanno peggiorato la situazione. Le tessere calcaree di spessore 12 millimetri sono diventate meno di 1 millimetro, mentre quelle siliciee si sono sfaldate per il gelo». Ma c’è stato dell’altro

I vandali Le ricerche storiche, ricorda Nannurelli, «hanno consentito di appurare che appena un anno dopo la sua ricostruzione il mosaico fu gravemente danneggiato da un atto vandalico. Fu gettata nel catino una vernice sintetica che attaccò chimicamente la superficie del mosaico e si dovette procedere con una asportazione meccanica. Non potendo utilizzare tecniche di ablazione le pulizie avvennero nel tempo a pressione e con utilizzo anche di acidi. Chiudere il flusso delle acque per evitare cadute accidentali sulla piazza nei giorni di bassa temperatura ha fatto il resto. Le acque si sono infiltratre dalla malta e gelandosi hanno determinato rigonfiamenti e distacchi diffusi. Le infiltrazioni nel tempo hanno interessato la soletta in cemento armato che al tempo non era stata resa impermeabile. Così la percolazione ha determinato una fratturazione e un danneggiamento strutturale».

Gli errori Il restauro conservativo degli anni ’90, poi, «si è rivelato poi un errore. Purtroppo anche al tempo la situazione era compromessa e non esistevano tecniche sperimentate su un mosaico lapideo su ambiente bagnato. Credo che non si poteva fare diversamente. Si decise di consolidare il sottofondo con iniezioni di materiale sintetico che irrigidì il sottofondo e aumentò il distacco. Il danneggiamento del sistema idraulico (le tubazioni originali erano ostruite da calcaree per l’80% circa della sezione e spaccate longitudinalmente) ha imposto periodi di fermo. La non accessibilità degli impianti (le tubazioni furono posate prima della costruzione della struttura in cemento armato) impose anche la chiusura del velo di scorrimento di acqua sul mosaico. Una scelta che ha poi comportato una ulteriore aggressione delle pietre di piogge acide e da depositi provenienti dall’atmosfera. Un mix di situazioni che ci ha portato alla perdita delle condizioni funzionali del mosaico e alla necessità di ricostruirlo».

I ‘malintesi’ Federico Nannurelli, poi, viene al sodo: «Il cambio dei vari soprintendenti e diverse scuole di pensiero, in alcuni casi ideologiche, ha comportato l’impossibilità per il Comune di andare avanti con i lavori. Una lunga fase di verifica diagnostica e la realizzazione di test di prova condotti anche in laboratorio. Il supporto dell’istituto superiore conservazione e restauro del Mibact e di menti più pratiche nella stessa soprintendenza ci ha condotto piano alla condivisione della soluzione finale che poi richiama quella originaria che fu presentata dal primo soprintendente al salone internazionale del Restauro nel 2014. Ora le fasi da compiere sono complesse e costose ma si può finalmente procedere. La definizione di un percorso di restauro e musealizzazione si spera possa darci la possibilità di avere l’ok della soprintendenza ad iniziare i lavori. La situazione oggi pare aver assunto una evoluzione positiva grazie anche ad una attenta valutazione delle scelte compiuta anche con l’attuale soprintendente e i suoi funzionari. Il progetto esecutivo del distacco e consolidamento, nonché rifacimento del mosaico dovrebbe essere pronto a fine febbraio. È stato aggiudicato provvisoriamente il servizio di progettazione ad un gruppo di professionisti esperti di Napoli dopo una indagine di mercato aperta ed una pre-selezione e gara».

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