Terni, olio +20%: «Più festa che un business»

Terni, buona la campagna 2018 per quantità e qualità. Coldiretti però avverte: «Guadagni nulli, serve un nuovo piano di settore»

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La raccolta è iniziata a fine ottobre, il maltempo la sta rallentando e dunque non si concluderà prima della metà di dicembre. Ma la campagna olearia 2018 si preannuncia abbastanza positiva – così come in tutta l’Umbria – in provincia di Terni, dove si attende un aumento di produzione di circa il 15-20% rispetto allo scorso anno (cifra che rispecchia la media regionale, ndR). Anche se, vista la presenza di produttori per lo più molto piccoli, nel territorio ternano la raccolta continua ad essere «più una festa della tradizione che un vero business».

Il bilancio

A dirlo è Emilio Bartolini, presidente provinciale dell’Associazione produttori olivicoli (Aprol) della Coldiretti. «La stagione non si può definire eccezionale – spiega -, ma sicuramente migliore di quella dello scorso anno, che era stata scarsa. C’è stata una diminuzione nelle coltivazioni delle varietà leccino e frantoio, che però rappresentano una piccola percentuale, non più del 12%, quindi anche se danneggiate dal gelo non incidono sul totale della produzione. La varietà moraiolo, che invece arriva fino al 70% delle produzione Dop, quest’anno è piena di olive e dunque trascina questo aumento rispetto alla stagione precedente». Buone notizie anche sulla qualità del prodotto (anche perché l’oliva, che fino a qualche settimana fa aveva patito la siccità, ora è caduta in terra a causa del vento), così come per la resa, aumentata del 16-19% a quintale.

Prezzi e concorrenza

Ora il capitolo costi. «Per l’olio prodotto in provincia di Terni i prezzi quest’anno si attestano tra i 7,5 e i 9 euro al chilo – continua Bartolini -, con un aumento che non supera l’euro rispetto allo scorso anno. A noi produttori costerebbe circa 12 euro al chilo, ma con i prezzi che girano nei supermercati, dove tre litri di olio greco e spagnolo vengono venduti a 9 euro, non possiamo allontanarci troppo da queste cifre. La gente, che già può spendere poco, si disabituerebbe a comprare». Certo, con questi margini di guadagno praticamente nulli, la coltivazione per i piccoli produttori ternani, che in media hanno tra i 300 e i 500 olivi ciascuno, è diventata ormai «solo una tradizione, una consuetudine di famiglia dai risvolti solo affettivi. I conti – dice il presidente dell’Aprol – è dunque meglio non farli».

L’appello

Per questo i coltivatori non solo della provincia di Terni, ma dell’Umbria più in generale, attendono un nuovo Piano regionale dell’olivicoltura, in fase di studio. «Il settore – conclude Bartolini – ha bisogno di una ristrutturazione, gli olivi coltivati oggi sono ancora quelli che lasciati dai nostri nonni. Si trovano fino a 500-600 metri di altitudine, i rischi di gelate sono alti, dunque dovrebbero essere portati alla media collina e ripiantati a filari, così da meccanizzare la raccolta. Non è più concepibile continuare a raccogliere a mano, c’è bisogno di troppa manodopera per poter essere competitivi con i prezzi».

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