Terni: «Papà da oltre 30 ore ‘parcheggiato’ al pronto soccorso. Il personale dà tutto ma qui sembra Beirut»

Lettera di un cittadino che lamenta una situazione di malasanità

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di C.B.

Mi chiamo C.B., sono un cittadino ternano e da lunedì 2 ottobre alle ore 9 circa sto combattendo con il pronto soccorso dell’ospedale di Terni per far avere un posto letto dignitoso e legittimo al reparto per mio padre. Mio padre ha 87 anni ed è stato trasferito lunedì mattina dal reparto geriatrico, dove stava facendo fisioterapia a seguito di una frattura del femore, al pronto soccorso. Già da alcuni giorni era in trattamento per un’infezione renale ma nelle ultime 24 ore sono ricomparse la febbre ed ulteriori problematiche. Al pronto soccorso di Terni è iniziato il nostro calvario: soltanto lunedì sera, intorno alle 20.30, sono riuscito ad entrare e dargli da mangiare, nonostante abbia provato nelle ore precedenti ad avere dei contatti diretti con lui, in quanto parlandoci tramite contatto telefonico notavo in lui un importante stato confusionale.

Come ho potuto constatare personalmente, a quell’ora all’interno del pronto soccorso c’erano oltre 30 pazienti ‘parcheggiati’ su siede a rotelle e barelle. Successivamente intorno alle 21 ho chiesto una coperta poiché mio padre aveva freddo e con mio stupore mi sono sentito rispondere che non ce n’erano più di disponibili. Poco più tardi, molto gentilmente, un volontario della CRI me ne ha fornita una. Sono uscito dalla struttura con la promessa da parte del personale medico che alle prime ore dell’alba mio padre sarebbe stato trasferito al reparto. Mentre vi sto scrivendo sono le ore 14 di martedì, ho appena potuto dare il pranzo a mio padre che è sempre ‘parcheggiato’, da oltre 30 ore, su quella stessa barella al pronto soccorso e a detta dei sanitari in turno sono poche le probabilità che sia trasferito, in giornata, al riparto.

Ci tengo a sottolineare che in tutte queste ore è stato sottoposto alle analisi del caso, ad una trasfusione, poiché l’emoglobina era molto bassa, ed è stato sempre monitorato dai medici e dal personale sanitario che a mio modesto parere stanno lavorando in una situazione pari a quella di un ospedale da campo di Beirut. Mi chiedo, in ultima analisi, se si possa definire questo uno Stato di diritto, uno Stato in cui anche un semplice ma imprescindibile diritto come quello alla salute, che ricordo è riconosciuto dalla nostra Costituzione, viene schiacciato o quantomeno messo in secondo piano da un sistema di malasanità che invece che sostenere e tutelare il cittadino, lo abbandona a sé stesso.

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