Umbria, ricostruzione ‘leggera’ a rischio

La Corte Costituzionale boccia più punti del Testo unico dell’edilizia dell’Umbria. A partire dalle procedure in zone sismiche

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di F.T.

Getta una pesante ombra sulla velocità della cosiddetta ‘ricostruzione leggera’ post-sisma, in Umbria, il giudizio espresso dalla Corte Costituzionale in merito al ‘Testo unico del governo del territorio’ della Regione Umbria (legge 1 del 2015). La Consulta, a seguito dell’impugnazione della legge da parte della presidenza del Consiglio dei ministri, ha infatti dichiarato l’illegittimità costituzionale di diversi punti fra cui quelli attinenti, appunto, alle procedure edilizie in zone sismiche.

Cosa cambia Il Testo unico dell’edilizia umbro, giudicato di qualità e all’avanguardia da più di un addetto ai lavori, prevedeva una sorta di classificazione ‘intelligente’ fra interventi edilizi ‘privi di rilevanza’, di ‘minore rilevanza’ e ‘rilevanti ai fini sismici’. Le prime due tipologie – nel tentativo di raggiungere una semplificazione delle procedure e quindi l’immediata eseguibilità – non necessitavano di alcuna autorizzazione da parte dell’ufficio sismico della Regione Umbria, a differenza degli interventi più consistenti. Un aspetto che la Corte Costituzionale ha invece valutato in contrasto con la legge sismica numero 64 risalente al 1974, in base alla quale tutta l’attività edilizia nei territori classificati come zone ad alta sismicità (zone 1 e 2) deve essere preventivamente autorizzata dall’ufficio sismico regionale, prima di poter essere realizzata.

Tempi più lunghi La cosiddetta ‘ricostruzione leggera’ – legata all’ordinanza numero 8 del commissario straordinario alla ricostruzione – riguarda interventi di tipo locale, quelli che il Testo unico dell’edilizia umbro aveva ‘snellito’ ma che dal prossimo 12 aprile torneranno a seguire un iter che rischia di fermare numerosi lavori edili. Ciò in ragione dell’ulteriore passaggio burocratico in Regione che comporta una specifica istruttoria con conseguente allungamento dei tempi, anche per il percepimento di eventuali contributi.

Un problema non di poco conto, vista anche la situazione degli uffici sismici regionali: quello di Terni non dispone più di ingegneri e quello di Perugia è segnato da problemi di organico, per uno scenario che i più pessimisti temono possa portare al blocco dell’attività edilizia. la questione riguarda comunque anche altre regioni italiane che, nel tempo, avevano seguito l’esempio umbro e che, alla luce della decisione della Consulta, potrebbero rivedere radicalmente le proprie normative in materia edilizia.

Simone Monotti

L’Ordine degli ingegneri di Terni A fare il punto dopo la decisione della Corte Costituzionale è il presidente dell’Ordine degli ingegneri della provincia di Terni, Simone Monotti: «Il Testo unico dell’edilizia dell’Umbria, che deriva dalla legge regionale numero 1 del 2015 e successive modifiche, ha una approccio a mio giudizio ottimo ed estremamente logico. Gli interventi strutturali, da un punto di vista sismico, vengono divisi in tre grandi categorie e le autorizzazioni si rendono necessarie solo quando è sensato richiederle. Putroppo – osserva Monotti – la Corte Costituzionale non valuta l’utilità del provvedimento, ma solo la sua compatibilità con le altre leggi. A monte c’è il Dpr 380 del 2001 che, purtroppo, è in conflitto con questo approccio semplificato attuato in Umbria».

«Effetti problematici» Ma quali potrebbero essere gli effetti concreti della decisione, nell’immediato? «Siamo in una fase di emergenza sismica – spiega Simone Monotti – con una ricostruzione ancora agli albori. La prima conseguenza potrebbe essere quella di un sovraccarico di lavoro, visto che anche il più piccolo degli interventi, che prima poteva partire appena presentato il progetto tecnico, ora rischia di andare in stand-by per tutto il periodo necessario all’autorizzazione che, in teoria, potrebbe arrivare fino a sessanta giorni. Il rischio è l’aumento esponenziale dei progetti da dover vagliare, con ulteriori rallentamenti del processo di ricostruzione ed effetti problematici sulle imprese e i loro addetti. Pensiamo, ad esempio, all’impresa edile che deve avviare un piccolo cantiere, che si avvale di propri operai e cottimisti: prima poteva partire subito ed ora, invece, deve attendere la conclusione dell’iter burocratico con tutte le incertezze del caso».

Le prospettive Ad eccezione di alcune zone dell’orvietano – classificate come ‘zone 3’ dal punto di vista sismico -, l’intero territorio regionale è pienamente coinvolto dalla decisione della Consulta. «Come Ordine degli ingegneri di Terni – afferma il presidente – stiamo cercando di risolvere il problema a monte, sia attraverso tavoli locali che nazionali, come il prossimo che si terrà il 12 aprile a Roma con il Consiglio nazionale, per giungere ad una modifica del Dpr 380 e far sì che la legge umbra torni ad essere un modello per tutte le altre regioni italiane. Ora siamo in attesa che la Regione ci comunichi la data in cui la decisione della Consulta diventerà esecutiva. Probabilmente sarà la prossima settimana ma continueremo ad operare per far sì che questa situazione venga superata».

L’assessore Antonio Bartolini

Parla la Regione Così l’assessore regionale alle riforme, Antonio Bartolini: «Siamo soddisfatti del pronunciamento della Corte Costituzionale che ha sostanzialmente confermato il Testo unico sull’urbanistica ed il governo del territorio che la Regione Umbria aveva approvato e che era stato oggetto di ricorso da parte del Governo che aveva contestato oltre quaranta disposizioni contenute nella legge. Invece, come avevamo previsto, la Corte ha ritenuto incostituzionali soltanto alcune norme in materia sismica: quelle che semplificano l’autorizzazione sismica e quella per cui non può essere il Comune, ma deve essere la Regione, a rilasciare il parere sismico sui piani regolatori generali. Questi rilievi sono però di grande impatto sul processo di semplificazione che avevamo messo in piedi e che tra l’altro aveva dimostrato di funzionare benissimo già in occasione dei precedenti terremoti. Con questa norma, infatti, avevamo previsto soluzioni diversificate ai regimi per le costruzioni in zona sismica in base all’ effettiva complessità degli interventi, riservando il regime autorizzatorio a quelli più rilevanti. Ora – sottolinea Bartolini – la disciplina tornerà ad essere quella statale, prevista da un decreto del 2001 per il quale è il caso di segnalare che è appena stato avviato un processo di revisione, apertamente orientato a riprendere le semplificazioni ora dichiarate illegittime, che erano state introdotte dalla Regione Umbria e da altre regioni. È evidente, dunque, che continueremo a discutere su questo punto in particolare. Sia sul tavolo nazionale per chiedere una apposita revisione legislativa, sia sul tavolo dell’autonomia previsto dall’articolo 116 della Costituzione che si dovrà costituire tra Regioni e Governo, in cui chiederemo maggiori poteri sia in materia sismica che di protezione civile, proprio giungere all’applicazione del modello umbro che ha funzionato bene. Siamo tra l’altro all’avvio di un grande processo di ricostruzione dei centri colpiti dagli eventi sismici del 2016 e una normativa che semplifichi l’iter burocratico è essenziale per velocizzare, sia pure nella massima sicurezza, i lavori. Ecco perché torneremo alla carica con il Governo, con il Parlamento, con il Commissario straordinario per la ricostruzione – conclude l’assessore Bartolini – e già nella seduta di giunta in programma per la prossima settimana, insieme ai colleghi Cecchini e Chianella, porterò in discussione una delibera sull’articolo 251 del Testo unico sul governo del territorio che porteremo nella cabina di regia istituita per affrontare la revisione delle norme».

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