Da Terni a Trieste: «Osservo le stelle»

Stefano Borgani guida una delle strutture di ricerca astronomica più rilevanti nel mondo

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di S.F.

Dal sogno di ammirare le bellezze del cosmo dall’osservatorio di Sant’Erasmo a diventare, quarant’anni dopo, direttore dell’Inaf – osservatorio astronomico di Trieste -, professore ordinario presso il dipartimento di fisica dell’università della città friulana e uno dei massimi ricercatori mondiali sulla cosmologia teorica e osservativa. Lui è Stefano Borgani e, come orgogliosamente ribadisce, è un ternano ‘doc’. Che vive, lavora, studia e insegna da ormai più di vent’anni nella ‘città della scienza’. Il suo sogno lo ha realizzato e ora rappresenta una delle eccellenze ternane in giro per il mondo.

La cupola del ‘Bellelli’ di Sant'Erasmo

La cupola del ‘Bellelli’ di Sant’Erasmo

Il sogno ‘Sant’Erasmo’ Un bambino sognatore, come tutti. Idee già chiare su dove andare ad ammirare le stelle: «Ho abitato fino ai nove anni in via Gruber, in un quartiere poco distante dalle acciaierie di Terni e poi mi sono trasferito in via Turati, nella zona Cesure. E fin da ragazzino sono stato appassionato di fisica e astronomia: mi ricordo che il mio sogno era di andare all’osservatorio di Sant’Erasmo – Borgani cita in merito il dottor Carlo Cipolla – con il piccolo telescopio che portavo sempre con me».

Grandi maestri Il percorso universitario parte da Perugia e devia verso il Friuli-Venezia Giulia: «Mi sono laureato in fisica nel luglio 1988, poi nello stesso anno ho iniziato il dottorato a Trieste alla Scuola internazionale superiore di studi avanzati (Sissa) e ho avuto l’onore di essere supervisionato da due grandi nomi dell’astrofisica quali George Ellis, ora a Cape Town, e Dennis Sciama, un ‘mostro’ della cosmologia moderna. È stato il tutore di Stephen Hawking e di tutti i grandi cosmologi».

GUARDA L’INTERVISTA A STEFANO BORGANI

La sede principale dell'osservatorio di Trieste

La sede principale dell’osservatorio di Trieste

L’ascesa Borgani riceve i primi attestati di fiducia: «A Trieste ho iniziato a credere di poter far bene e quando ho visto di essere apprezzato da Sciama, che io leggevo da ragazzo tramite le sue divulgazioni scientifiche, è stato come realizzare un sogno. Quindi ho avuto la fortuna di vincere un posto da ricercatore all’Istituto nazionale di fisica nucleare alla sezione di Perugia. Verso la metà degli anni ’90 giunse il momento delle grandi decisioni e ho cercato di trasferirmi a Trieste, che ha la più grande e rinomata scuola di astrofisica. All’inizio mi sono sentito un po’ provinciale, poi passato lo shock iniziale mi sono adattato e, con la passione, sono andato avanti».

L’apice Professore universitario, oltre 170 articoli scientifici pubblicati in riviste internazionali e coordinatore di molte ricerche in ambito italiano ed europeo. Poi nel dicembre 2011 la nomina come direttore dell’osservatorio astronomico di Trieste: «L’inizio di una grandissima quantità di lavoro, di una distrazione eccessiva – spiega Borgani – rispetto agli interessi di ricerca. Comporta avere un ruolo di management e chiaramente si ha meno tempo per il resto. Sto facendo la mia parte con passione e orgoglio, ma spero per un tempo limitato, perché mi piacerebbe tornare a fare ricerca. Non so se sia l’osservatorio più importante, ma sicuramente c’è una punta di orgoglio nell’essere direttore di una delle 17 strutture di ricerca dell’Istituto nazionale di astrofisica. Una struttura di tradizione e collegata al nome di Margherita Hack».

Margherita Hack (foto da ‘Il perché non lo’, Castangia)

Margherita Hack (foto da ‘Il perché non lo’, Castangia)

Un illustre predecessore Margherita Hack. Prima donna italiana a dirigere l’osservatorio di Trieste e figura essenziale nel far conoscere al mondo le potenzialità della struttura friulana: «L’ho conosciuta meglio negli ultimi anni prima del suo decesso. Quando fui nominato direttore mi chiamò per approfondire la conoscenza perché lei considera – fu direttrice dal ’64 all’87, ndr – quello di Trieste il ‘suo’ osservatorio. Sono stato anche a casa sua e in poco tempo si è stabilito un rapporto di simpatia e apprezzamento reciproco, inoltre è stata insegnante di mia moglie. Abbiamo la presunzione – aggiunge parlando della rilevanza dell’osservatorio – di credere che siamo un centro d’eccellenza in Italia per la cosmologia e, quando si pensa a questo ramo dell’astrofisica a livello internazionale, si fa un pensiero alla nostra struttura. Facciamo sicuramente bella figura, anche perché Trieste è conosciuta come la ‘città della scienza’ e c’è un ambiente ottimale in tal senso».

Curiosità e tecnologia «Alla base della ricerca astrofisica – prosegue Borgani parlando dell’aspetto economico dell’astrofisica – c’è un istinto primordiale dell’uomo, la curiosità, che è la molla principale. Di volta in volta, per rispondere alle domande che ci poniamo, dobbiamo inventarci degli strumenti che non sono disponibili nella tecnologia corrente e che vengono sviluppati appositamente per noi. Che poi sono utilizzati nella vita di tutti i giorni. Come i ccd – charge coupled device -, alla base di tutte le macchine fotografiche digitali ma pensate e inventate per l’astrofisica. Poi c’è l’indotto industriale: siamo coinvolti in progetti che ci terranno occupati per i prossimi quindici-venti anni che hanno una taglia, ciascuno di loro, dal miliardo di euro in su. Siamo partner di grandi collaborazioni a livello mondiale e c’è bisogno di industrie che sappiano fare cose innovative per costruire».

La ‘distrazione’ politica Borgani non lesina critiche quando si tratta di analizzare il comportamento della politica italiana nei confronti del mondo scientifico: «Dobbiamo rispondere all’esigenza della curiosità. Se cessa di esistere, la società finisce di crescere. In Italia c’è poca attenzione alla ricerca e il mondo politico è sorprendentemente distratto in questo senso. Per attenzione non intendo ‘dateci più soldi’, ma verificare la bontà dei nostri lavori ed eventualmente valutare se i fondi a disposizione sono utilizzati in maniera ottimale. A parole tutte le classi politiche degli ultimi vent’anni hanno detto che la ricerca è fondamentale: nei fatti poi si vede molto poco, troppo. Non percepiscono – punge Borgani – quali sono le nostre esigenze per poter competere a livello internazionale; dovrebbe esserci una maggiore cura per l’interesse nazionale e non per fare un favore ai ricercatori».

L'Urania Carsica ha riaperto dopo 5 anni (foto oats.inaf.it)

L’Urania Carsica ha riaperto dopo 5 anni (foto oats.inaf.it)

La questione giovani Uno dei problemi basilari secondo Borgani va ricercato nel mondo giovanile: «Ci sono difficoltà sistemiche, in primis lo scarsissimo assorbimento dei giovani: la ricerca è fatta da menti fresche e se non siamo in grado di inserirli buttiamo via le migliori risorse del paese. Su questo punto sono molto seccato perché è inconcepibile. Per stare al passo con gli altri paesi abbiamo bisogno di un altro sistema, sotto tanti punti di vista: a mio avviso tutto il mondo della ricerca dovrebbe uscire dalla pubblica amministrazione».

Turismo astronomico Cultura, ricerca e investimenti. Ma c’è anche l’aspetto turistico a ruotare intorno all’astrofisica: «Abbiamo una sede cittadina e una distaccata voluta da Margherita Hack, dove c’è una cupola con un telescopio per osservazioni scientifiche. La struttura fu chiusa – spiega Borgani – nel 2010 quando alla guida dell’osservatorio c’era il mio predecessore perché era in stato di semi-abbandono e non c’erano soldi per mantenerla; quindi grazie a una sorta di crowd-funding abbiamo raccolto oltre 200 mila e, con dei soldi aggiunti dall’osservatorio, l’abbiamo riaperta con un nuovo telescopio. Con notevole successo: tante comitive vogliono vederlo e riceviamo molte scolaresche da tutta Italia. Sarebbe piacevole se degli studenti di Terni venissero a visitarlo».

L’umanità ternana Borgani ha lasciato la città d’origine in pianta stabile a poco più di vent’anni. La mole di lavoro da svolgere gli permette di tornare in città solo due-tre volte l’anno: «Di Terni mi è rimasto l’accento – scherza Borgani – come molti miei colleghi dicono sfottendomi un po’. Quello che mi manca della città è l’umanità delle persone, la facilità dei contatti che si hanno a Terni e che ho trovato difficile vedere altrove. Tutto sommato – aggiunge – l’ho sempre trovata organizzata in maniera armonica, poi ha chiaramente dei problemi dovuti all’aver perso i riferimenti della grande industria. Questo tuttavia può trasformarsi in uno stimolo per rinnovarsi».

Nuova identità da trovare per Terni

Nuova identità da trovare per Terni

Una nuova identità Borgani approfondisce il suo pensiero in merito alla condizione attuale della città: «Terni non può abbandonare la propria vocazione industriale, ma metterla a frutto. L’Italia ha problemi nel trovare un’identità in questo mondo ‘avanzato’ e io credo che riguardi anche la nostra città. Cosa c’è di meglio della ricerca per trovarne una nuova e per investire sul futuro? Non possiamo pensare di fare concorrenza alle grandi economie emergenti quali India o Cina competendo sul costo della manodopera; dobbiamo farlo con la conoscenza e la capacità d’innovazione. E Terni credo che possa rappresentare un prototipo in questo senso: una città industriale dove tradizionalmente c’è stata una grande cultura operaia, che deve trovare un nuovo motivo di esistere. Sono stupito – ammette Borgani – che sulla scia di questa tradizione non siano nati centri di ricerca: sarebbe una soluzione per Terni così come per altre parti d’Italia. Terni in passato aveva ritrovato una nuova fisionomia dopo il periodo devastante a metà anni ’80, si era riadattata molto meglio di Trieste. I ternani – continua Borgani – sono stati bravi in quel frangente, poi ora sta accadendo ciò che accade in molte altre città: i segni della crisi mordono. Vedendola da fuori,  Terni rischia di diventare un satellite esterno di Roma e avere una caratterizzazione ad alto contenuto tecnologico o di ricerca industriale potrebbe aiutare la città a riacquistare un’identità. Un centro di riferimento nazionale per l’astrofisica? Terni non deve aspirare a questo».

Il Borgani tifoso Terni e la Ternana. Un connubio che ‘vive’ anche in Borgani: «Quando avevo 7-8 anni andavo allo stadio con mio zio, l’unico ternano verace visto che mio padre è marchigiano e mamma è di vicino Todi. Mi portava allo stadio negli anni della serie A, poi ho avuto una disaffezione per il calcio in generale. Tutte le settimane però controllo i risultati della squadra e i colleghi mi chiedono informazioni su di loro. Sono un ternano ‘doc’, i miei colleghi sanno bene che ci tengo alla mia ‘ternanità’».

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