I rapporti non erano proprio idilliaci e nel tempo non è che sarebbero migliorati granché. Ma in passato – era il 2013 – fra due famiglie confinanti e residenti nel comune di Acquasparta, la situazione si era fatta talmente tesa che prefettura e questura di Terni – in base a quanto relazionato dai carabinieri del locale comando stazione, guidati dal luogotenente Domenico Bellacicco – avevano proceduto a revocare, ad uno dei due nuclei in lite, le licenze di porto di fucile per uso venatorio, vietando la detenzione di armi e munizioni.
Il Tar conferma e respinge il ricorso
Provvedimento drastico, originato sì dalle ripetute querele reciproche fra le due famiglie, ma anche dal rinvenimento di animali morti e cassonetti rovesciati. Tanto che l’Arma acquaspartana nella sua relazione aveva scritto: «[…] la presenza della situazione di conflittualità latente con i vicini, la cui costanza e logorante continuità può sfociare in condotte gravi, consiglia di adottare il provvedimento […]». Da qui i passi compiuti dalla prefettura e dalla questura. Ma quei decreti sono stati poi impugnati dalla famiglia a cui erano stati imposti, di fronte al Tar dell’Umbria. Tribunale che, di recente, ha deciso che i provvedimenti sono stati correttamente motivati ed assunti. Il ricorso è stato pertanto respinto con condanna del nucleo familiare al pagamento di mille euro nei confronti del ministero dell’Interno per le ‘spese di lite’.