Cartoline dall’Umbria: ‘civiltà’ tutta orvietana

Il racconto da un pullman tra ricordi e riflessioni

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di G.R.

«Grazie e buona giornata». Un ragazzo saluta l’autista con il sorriso, fa un cenno con la mano e scende una volta arrivato al capolinea in centro. Sono tutti un po’ così su quell’autobus a Orvieto. Educati, gentili, dotati di senso civico. Lungo la tratta un signore pensa e riflette. Ricorda la sua vita sotto la Madonnina da milanese fiero ma non imbruttito. Da tre anni vive a Orvieto ma rimane ancora felicemente colpito. A Milano quello era lo ‘spostapoveri’, in Umbria no e lo ‘stacco’ su vede. Alle 14 la linea B trabocca di studenti. Ma no, non immaginatevi chiasso e confusione come un cortile durante l’ora della ricreazione. L’immagine è più vera a Milano dove sembra di stare in un corteo da stadio con espressioni da trivio. Cavallette. Persone ammassate, sedute ovunque. Salgono e scendono. Una massa indistinta. Non si guarda in faccia nessuno nella giungla e così è anche nei mezzi. Sei incinta, hai le stampelle, sei anziano e stanco. I problemi sono solo che tuoi. A Orvieto tira un’aria diversa: tranquilla e rilassante. Il silenzio è spezzato dal battere del veicolo sulla strada. Un ragazzo parla della moto che gli regaleranno i suoi e la mostra fiero agli amici. Questo il massimo del gran baccano. Ah no, si sente di più: «Vuole sedersi?». La richiesta che fa chi è seduto perché prima il posto c’era ma capisce che forse qualcuno ne ha più bisogno. Si arriva al capolinea. Con ordine si scende. Uno sguardo all’autista e via. «Grazie e buona giornata».

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