Cesaretti: «Tre idee per Confindustria»

Assisi, il messaggio del confermato presidente agli imprenditori aderenti all’associazione

Condividi questo articolo su

di Ernesto Cesaretti
Presidente di Confindutria Umbria

Con i 3 progetti che mi accingo ad illustrare Confindustria Umbria aiuterà le imprese ad essere più moderne, globali e competitive. Superati i tempi difficili, guardiamo con sguardo propositivo al futuro, che non sarà solo “un’epoca di cambiamenti, ma un cambiamento d’epoca”.

La ripresa è avviata. Per il 2015 la crescita si avvicinerà allo 0,8%. L’anno prossimo sarà di circa un punto e mezzo.
I consumi sono ripartiti, spinti dal recupero di fiducia e dall’incremento dell’occupazione.
Permangono elementi favorevoli: il tasso di cambio; la politica monetaria e di bilancio; i prezzi del petrolio e delle materie prime; anche se restano aspetti problematici, quali il rallentamento dei Paesi emergenti, e, più in generale, le questioni di politica internazionale.

L’Umbria è dentro queste dinamiche. I dati regionali registrano aspettative crescenti degli imprenditori, la ripresa del lavoro, il miglioramento della dinamica del credito. Il rimbalzo congiunturale non scioglierà però i nodi strutturali del sistema produttivo, e l’inversione di tendenza non ripristinerà le condizioni precedenti. Attraverseremo una fase di transizione verso una nuova organizzazione dell’economia e della società. Transizione al termine della quale non ci ritroveremo nel passato, ma saremo catapultati in un mondo radicalmente diverso, di cui cominciamo ad intravedere i segnali.

Ci aspettano stravolgimenti profondi nel modo di fare impresa. Stravolgimenti rispetto ai quali i due shock con i quali ci siamo confrontati gli anni passati, la globalizzazione e le tecnologie digitali, sono poca cosa. Saranno presto disponibili innovazioni che cambieranno la nostra vita, i processi produttivi, le organizzazioni ed il lavoro.
La robotica avanzata; i mezzi di trasporto autonomi; l’immagazzinamento dell’energia; la genomica; la gestione dei dati; i materiali avanzati; la manifattura additiva; l’intelligenza artificiale; l’internet delle cose; i contesti relazionali virtuali; avranno un impatto rivoluzionario.

Di fronte a questi scenari non possiamo porci con atteggiamento passivo. È indispensabile predisporsi con intelligenza al cambiamento, in forma singola ed associata, per non subirlo. Si aprono ampi spazi di operatività per Confindustria, che deve aiutare le imprese a cogliere le opportunità connesse alla quarta rivoluzione industriale.
Le sfide tecnologiche, logistiche, organizzative, di capitale umano e di finanza imposte dalla fabbrica 4.0 possono infatti essere affrontate solo in termini di sistema.

L’idea di farvi fronte individualmente sarebbe velleitaria. Serve un piano, almeno regionale, con respiro globale, condiviso dai soggetti economici e politici, che accompagni le imprese al traguardo della manifattura intelligente.
I tre progetti, che manifestano un modo nuovo di agire di Confindustria Umbria, rispondono proprio a quest’esigenza.

Il primo, “Stare nel futuro”, vuole creare un ecosistema della creatività.
Il secondo, “Il mondo a portata di mano”, intende rafforzare la nostra dimensione globale.
Il terzo, “La Fabbrica dei valori”, desidera focalizzare la cultura d’impresa sulla sostenibilità.

PROGETTO N. 1 – STARE NEL FUTURO

Per stare nel futuro c’è una ricetta sola: innovare. Senza innovazione non c’è futuro, per nessuno. C’è una stretta correlazione tra lo sviluppo di un territorio e l’intensità innovativa della sua struttura produttiva. Confindustria vuole accompagnare con maggiore incisività le imprese sulla via dell’innovazione, e dedica a questa attività il primo progetto strategico.

Partiamo da una situazione, anche nazionale, che non brilla. L’Italia è tra i Paesi europei che investono meno in ricerca e sviluppo: 350 euro a testa. In Svezia se ne spendono 1.500; in Germania 1.000; in Francia 750. L’attività brevettuale, già bassa, continua a calare: 71 brevetti per milione di abitanti, contro i 112 della media europea. Il ritardo è molto evidente nei settori ad alta tecnologia, che assorbono una quota marginale di occupati. Vi sono differenze territoriali pronunciate: i tre quarti della spesa in ricerca e sviluppo sono concentrati nelle regioni del nord, dove prevale la componente privata.

L’Umbria è indietro rispetto alla media nazionale. L’incidenza della spesa in ricerca sul PIL è inferiore all’1%, e ci colloca al 14esimo posto nella graduatoria regionale. È modesto il contributo offerto dal settore privato, che sfiora il 26% della spesa, mentre la parte preponderante è svolta da quello pubblico; a differenza delle aree più avanzate.
Anche i dati sui brevetti depositati, sugli occupati nei settori High Tech e sulla specializzazione produttiva mostrano oggettive criticità.

Criticità attestate dalla difficoltà di accedere ai fondi comunitari (sul programma SME sono stati finanziati 2 progetti di imprese umbre, sui 198 italiani); dall’assenza di PMI iscritte al registro delle imprese innovative; dagli ostacoli che le spin off universitarie incontrano per assumere una dimensione industriale; dalla marginalità economica delle 40 start up innovative.

I 50 milioni di euro assegnati dalla Regione per sostenere 300 progetti di ricerca di altrettante imprese sono state risorse fondamentali per mantenere l’andatura, ma non sufficienti ad innescare un cambio di passo. E di cambio di passo c’è enorme bisogno. Bisogna lavorare per perseguire nel medio periodo obiettivi ambiziosi, ma realistici:
raddoppiare il numero di addetti alla ricerca ed all’innovazione nel settore privato, passando dalle 900 unità attuali, alle 1800; quintuplicare l’accesso ai finanziamenti europei; triplicare il tasso annuo di nascita delle spin off universitarie; sviluppare col contributo pubblico progetti privati di innovazione di taglia almeno tripla rispetto alla media attuale; raddoppiare gli addetti nei settori ad alta tecnologia; triplicare il numero di brevetti depositati.
Per conseguire questi traguardi bisogna: sviluppare network internazionali strutturati, fare ricerca condivisa, integrare l’innovazione tecnologica con quella organizzativa, concentrare le risorse su pochi progetti di traino per intere filiere, valorizzare l’attività dei Cluster e dei Poli, riformati, collegandoli alle aggregazioni nazionali, far entrare i Dipartimenti universitari ed i Centri di ricerca nelle aziende valorizzare il contributo delle società di servizio all’industria

L’innovazione del futuro la condivideremo con il mondo. Svilupperemo insieme idee e progetti con Cluster e Centri di ricerca cinesi, statunitensi, europei, con un piano pluriennale che si avvarrà dell’apporto insostituibile di Confindustria. Il traguardo a cui puntare è la quarta rivoluzione industriale. Con l’innovazione dobbiamo traghettare l’industria verso la fabbrica 4.0, in coerenza con il lavoro avviato a Terni per il rilancio del manifatturiero di quel territorio. Questo significa stare nel futuro. Per starci dobbiamo partire dalla nostra visione del futuro, che non va intesa come previsione, ma come volontà di definire con chiarezza dove e cosa vogliamo essere tra 10 anni. Noi lo abbiamo ben chiaro, e con questo progetto intendiamo aiutare le imprese ad essere protagoniste, e non testimoni, di un vero e proprio cambiamento d’epoca.

PROGETTO N. 2 – IL MONDO A PORTATA DI MANO

Con beni esportati per tre miliardi e mezzo di euro, l’Umbria è al 16° posto nella classifica nazionale, ed incide per meno dell’1% sul totale delle vendite all’estero. Il peso delle esportazioni sul PIL è del 18%, 6 punti percentuali sotto la media italiana.

I nostri prodotti vanno soprattutto in Germania, Francia, Stati Uniti, Regno Unito. Poco in altre aree strategiche, come la Cina, dove esportiamo 70 milioni, un decimo di quello che vendiamo in Germania. Le nostre aziende che operano con continuità all’estero sono circa 350.

Non è un caso che i numeri sull’internazionalizzazione descrivano una realtà molto simile a quella che emerge dai dati sulla ricerca ed innovazione. Sono due facce della stessa medaglia, e non è possibile incidere su una senza impattare sull’altra.

Per avere il mondo a portata di mano bisogna andare verso il mondo. Dobbiamo intensificare gli sforzi ed aumentare le risorse per accompagnare un numero crescente di imprese nei mercati esteri, e per favorirne l’ulteriore penetrazione. Negli ultimi tre anni, la nostra agenzia Umbria Export ha realizzato 24 missioni, 23 presentazioni Paese, accolto 10 incoming di operatori esteri, partecipato a 12 fiere internazionali, gestito progetti di cooperazione internazionale.

Con un approccio rinnovato e più efficace intendiamo aumentare del 50% il numero di imprese abitualmente esportatrici, e portare al 22% il contributo dell’export sul PIL. Sono traguardi alla nostra portata, purchè vengano sciolti alcuni nodi: scarso coordinamento tra i soggetti pubblici preposti; pluralità di protagonismi; confusione di ruoli; e risorse insufficienti, che vanno aumentate per sostenere con continuità soprattutto i progetti che coinvolgono raggruppamenti di imprese. Andare verso il mondo è necessario, oltre che conveniente, tanto più per una regione come la nostra.

Dobbiamo però anche far sì che il mondo venga a noi. Qui entrano in gioco le multinazionali a base estera. In regione ve ne sono 34, con case madri in 14 Paesi. Occupano 7.000 addetti; fatturano circa 4 miliardi. La loro incidenza è fondamentale a Terni, dove ogni 100 addetti al manifatturiero, 35 lavorano nelle multinazionali. A Perugia il valore scende al 4%. Il fenomeno ha una valenza regionale, ed a questo livello deve essere affrontato. Le multinazionali devono recuperare centralità nelle politiche industriali, un po’ sfumata negli ultimi anni, perché sono una risorsa straordinaria per l’Umbria. Hanno continuato ad investire nel periodo della crisi; hanno una alta capacità di ricapitalizzazione; una buona posizione finanziaria netta. Non ci sfuggono le difficoltà che si incontrano per radicare su un territorio imprese che agiscono in maniera globale e con logiche di pura efficienza.

Riteniamo però che debba essere profuso ogni sforzo per valorizzare la loro presenza, anche coinvolgendole in ambiziosi progetti di innovazione delle filiere produttive. Il “Progetto welcome”, avviato dal Vice Presidente Stefano Neri, intende rispondere a questa sfida, e per questo è parte integrante della politica di Confindustria per i prossimi anni. Essere nel mondo vuol dire anche essere riconoscibili, avere un brand forte. Un grande contributo all’affermazione di un brand del territorio è dato dalla sua notorietà turistica, ancora troppo modesta per l’Umbria. La sua visibilità nei social media è bassissima, e molto al di sotto della media nazionale. Ne è conferma la scarsa presenza, in termini percentuali, degli stranieri, pur essendo questi attratti innanzitutto dalle città storiche ed artistiche.

Con i soli flussi interni non si va lontano, e la sostanziale stasi degli ultimi 14 anni lo prova. Per dare maggiore riconoscibilità alla regione, e per coglierne le potenzialità, l’Italia deve avere un’efficace politica di promozione. L’Umbria da sola non può fare molto. A livello locale bisogna intervenire con progetti innovativi di promozione integrata, e con una comunicazione istituzionale più coerente con le tecnologie attuali. L’obiettivo, non irrealistico, da perseguire è incrementare le presenze straniere di 300.000 unità, mediante la migliore valorizzazione delle potenzialità di cui disponiamo. Esportazioni, multinazionali ed affermazione del brand sono le tre aree interessate da questo progetto, che mira a fare dell’Umbria una regione sempre più aperta al mondo.

PROGETTO N. 3 – LA FABBRICA DEI VALORI

Il faro che ci orienterà e non ci farà perdere la rotta quando affronteremo il futuro sarà la cultura d’impresa.
Alla sua base c’è un sistema valoriale, che è parte della nostra tradizione industriale, fatto di onestà, trasparenza, e responsabilità. Con il lavoro, la passione e la dedizione nostra e dei nostri collaboratori riusciamo a generare l’impatto positivo delle aziende sulla società. Cultura d’impresa, quindi, intesa come fonte di crescita e di progresso.
Pensiamo che possa essere ora declinata in forme nuove, che permettano alle imprese di integrarsi meglio nella comunità locale, perseguendo obiettivi ulteriori rispetto al profitto.

Queste forme faranno tesoro dei valori tradizionali, e li arricchiranno con nuovi principi, che ispireranno la nostra condotta. Tra di essi vi è certamente quello della sostenibilità ambientale, umana e sociale delle attività industriali.
Con questo progetto vogliamo quindi proporre un nuovo modello di cultura d’impresa, che faccia perno intorno al concetto di economia circolare. Faremo nostri i suoi principi: l’inesistenza dello scarto; la forza della diversità; l’energia rinnovabile; l’interdipendenza tra materiali, processi e decisioni.

Il venir meno della linearità del processo produttivo in nome della sua circolarità comporta che il prodotto si doti continuamente di vita nuova, ideata e favorita fin dalle fasi progettuali. Tale approccio deve riguardare tutte le attività produttive e gli stabilimenti in cui esse si svolgono, da integrare sempre più e meglio con l’ambiente circostante. Per muoverci sulla strada della sostenibilità dobbiamo fare rete in modo nuovo tra di noi, perché la natura ecocompatibile dei tanti processi industriali, gestiti da aziende diverse che convergono nella produzione dei singoli beni, implica l’adozione di comportamenti virtuosi e simili da parte dei vari attori coinvolti.

Abbiamo già mosso i primi passi in tale direzione, ed il Cluster locale della chimica verde, appena costituito, testimonia meglio di ogni altro esempio la volontà di applicare il modello. La sua peculiarità infatti va attribuita alla volontà di promuovere l’affermazione di una nuova catena del valore circolare, in cui si integrano le filiere che costituiscono il ciclo di vita dei beni, dall’agricoltura, alla chimica di base, fino alla logistica. Le grandi prospettive economiche del Cluster, a cui sono affidate tante aspettative, sono un aspetto importante, ma non esaustivo dell’esperienza. Gran parte del suo valore risiede, infatti, nel porsi come laboratorio di un nuovo modo di intendere l’attività d’impresa. Con il Cluster abbiamo fatto una scelta di campo: abbiamo optato per un’idea di economia e di sviluppo che oltrepassa i dati di bilancio.

Il profitto conta, ma conta pure il pianeta. Bisogna prendersene cura. Il paradigma della chimica verde deve perciò essere applicato agli altri Cluster regionali. La loro proliferazione, che coinvolge più di 300 imprese e che dimostra quanto sia superata la ritrosia a fare sistema, può acquisire un significato nuovo se ancorata al desiderio di combinare insieme tecnologie e settori per imprimere una forma circolare allo sviluppo delle imprese che ne fanno parte.

Il terreno da noi è favorevole: i 363 siti industriali dotati di un sistema di gestione ambientale, i 251 investimenti aziendali per abbattere l’impatto delle produzioni, per un valore di 25 milioni di euro e le migliaia di persone specializzate in materia dimostrano che siamo pronti ad assumere l’impegno della sostenibilità, e a farne la cifra del nostro tessuto produttivo. Così, oltre a fabbricare oggetti, fabbricheremo valori, che si aggiungono a quelli che ci hanno guidato fin qui e che continueranno a far parte del nostro modo di essere imprenditori.

LE AZIONI TRASVERSALI

Per gestire i tre progetti bisogna intervenire su alcuni fattori abilitanti: la formazione, la pubblica amministrazione, il credito, i rapporti con le Istituzioni e con le altre organizzazioni. Le persone sono il principale fattore di successo delle imprese. Per troppo tempo ci siamo affidati alla programmazione pubblica dei sistemi di istruzione e formazione, che ha dato risultati non ottimali, in termini di orientamento, qualità ed occupabilità.

Rafforzeremo il rapporto con il mondo scolastico ed universitario per riallineare le competenze dei giovani alle esigenze delle imprese. L’istruzione tecnica superiore; l’alternanza scuola lavoro; la relazione con l’Università sono gli ambiti in cui agiremo, per dotare l’Umbria del propulsore umano indispensabile per affrontare con successo il futuro.

Ogni sforzo di modernizzazione è frenato dalle complicazioni amministrative. La complessità burocratica costa alle piccole imprese il 4% del fatturato. È la peggiore tassa, perché la paghiamo indipendentemente dai risultati. L’inefficienza amministrativa è il maggiore ostacolo a fare impresa. Bisogna proseguire nella semplificazione normativa, estendere ai Comuni le iniziative assunte dalla Regione in materia, digitalizzare le procedure, attuare gli sportelli unici, valorizzare la certificazione ambientale, e, soprattutto, favorire una cultura che sia di servizio e non di “persecuzione”!

Per innovare e crescere ci vogliono più investimenti e più finanza. Confindustria agirà per ottimizzare il rapporto banca/impresa, promuovere il ricorso a strumenti di debito alternativi a quello bancario, quali i fondi comuni, il private equity, i mini-bond e la Borsa; e, infine, favorire la patrimonializzazione delle aziende. Le politiche industriali proposte vanno portate avanti con un impegno condiviso con le Istituzioni, i sindacati e gli altri portatori di interesse. La riforma del modello di concertazione avanzata dalla Giunta regionale favorisce l’efficacia del confronto e l’assunzione rapida di decisioni. La scelta di avere come interlocutori noi imprenditori conferma il nostro ruolo centrale in materia di politica industriale. Dobbiamo farne uso intelligente, ponendolo, come sempre, a servizio dell’impresa, del lavoro, e dello sviluppo.

Abbiamo passato anni difficili. Li abbiamo superati, ma di fronte non ne abbiamo di facili. Una Confindustria forte, autorevole, innovatrice, è un prezioso supporto per inoltrarci, senza perderci, in un futuro che stravolgerà gran parte dei riferimenti attuali. Poche priorità, idee chiare, progetti definiti, sono gli elementi che caratterizzeranno l’azione associativa. Grazie al vostro consenso ho l’onore di guidarla per il prossimo biennio. Lo farò tenendo sempre a mente il più importante principio che da decenni ci ha ispirato: tutelare gli interessi delle imprese in coerenza con quelli generali. In questo modo i tre progetti non saranno solo progetti per l’Industria, ma progetti per l’Umbria. Ed è all’Umbria che in fondo guardiamo. Perché questa è la terra in cui viviamo, dove lavoriamo, e che amiamo.

Condividi questo articolo su
Condividi questo articolo su

Ultimi 30 articoli