Ex Novelli, al Mise incontro interlocutorio

A Roma la proprietà ha solo detto che sta studiando le carte relative alla richiesta di revoca della cessione. A Terni, durissima presa di posizione dei lavoratori in cassa integrazione

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«La proprietà dell’ex gruppo Novelli sta approfondendo il dossier per cercare possibili soluzioni entro i termini per la presentazione del nuovo piano concordatario», è quanto è emerso, secondo Fai Cisl – Flai Cgil -Uila Uil, «nell’incontro al Mise tra le segreterie nazionali e la proprietà ed al quale era presente anche il commissario della procedura di Castrovillari» e nel corso del quale si è parlato «dell’atto di citazione depositato con cui la curatela fallimentare di Terni ha chiesto la revoca della cessione del gruppo».

Problemi irrisolti Relativamente alla situazione di Muggiò, «la proprietà ha dichiarato di essere in attesa di interlocuzione con le istituzioni ma in ogni caso deve essere preventivamente risolta la questione della revocatoria. Per quanto riguarda l’ipotesi di valorizzazione del sito di Cisterna mediante nuovi imprenditori è stato precisato che dovrà essere affrontata all’interno del nuovo piano concordatario (termine il 27 luglio). In generale il Ministero ha richiamato l’azienda a relazioni sindacali positive nell’ottica comune dell’interesse al buon andamento dell’azienda. A tal fine -spiegano i sindacati – le parti si incontreranno in sede sindacale entro le prossime due settimane per affrontare anche le questioni dei singoli siti rimaste in sospeso vista la brevità dell’incontro, che non ha consentito di approfondire nel dettaglio tutte le problematiche da noi sollevate».

Gli ex lavoratori «Mai come in questo momento in Italia assistiamo ad una enorme distanza tra la realtà dei fatti e la rappresentazione propagandistica che ne viene fatta. Il gruppo Novelli ne è emblema». Inizia così un lungo – e duro – comunicato dei lavoratori dell’ex gruppo Novelli messi in cassa integrazione della nuova propria di Alimentitaliani.

Una protesta dei lavoratori

La disperazione «Dal passaggio della proprietà alla famiglio Greco – si legge nella nota – è iniziato un surreale alternarsi tra realtà dei fatti e annunci populisti che avrebbe del comico e del grottesco, che potrebbe ispirare la sceneggiatura della più becera delle commedie all’italiana, ma che in realtà ha causato e continuerà a causare la disperazione di decine di dipendenti e delle loro famiglie che hanno perso il loro posto di lavoro, di centinaia che probabilmente lo perderanno nei prossimi mesi e di decine e decine di fornitori che sfruttati, vessati e umiliati da un nuovo ricorso al concordato preventivo si sono trovati o si troveranno nelle condizioni di dover portare i libri in tribunale».

Saverio Greco

Il trionfalismo I lavoratori attaccano frontalmente: «Tutti ricorderanno il trionfalismo con cui si preannunciava l’arrivo dei Greco che erano imprenditori capaci vogliosi di rilanciare l’azienda, che erano state fatte tutte le verifiche del caso per accertarsi delle loro capacità finanziarie, imprenditoriali e manageriali. Gli stessi toni del Mise. Quali sono però i fatti? Il gruppo Novelli è stato messo in mano ad una famiglia che lo sta lentamente distruggendo, che non lo ha minimamente rilanciato, ma che ne ha acuito la crisi perché altre sono le sue finalità, che ha portato sul territorio umbro una metodologia di lavoro che rischia di incancrenire il già fragile tessuto imprenditoriale della nostra regione, fatto di ricatti, forzature, pressioni, menzogne, sia nei confronti dei dipendenti che nei confronti delle altre aziende con cui si confronta».

Di Girolamo e Paparelli tra i lavoratori

La storia Il gruppo Novelli, è l’accusa, «viene ceduto ai Greco perché è l’unica soluzione che preserva tutti i posti di lavoro, i Greco si sono impegnati a mantenere tutti i dipendenti del gruppo. I Greco si impegnano a finanziare immediatamente il gruppo Novelli con 1,5 milioni di euro e si impegnano a effettuare investimenti a partire già dal 2017 perché i Greco sono una famiglia finanziariamente forte. Ma i Greco mandano in cassa integrazione finalizzata al licenziamento 41 dipendenti, chiudono lo stabilimento di Latina e mandano a casa 20 dipendenti, cacciano una decina di persone della società di servizi, costringono alle dimissioni altri, licenziano i dirigenti, chiudono la produzione dello stabilimento di Muggiò lasciando a piedi 100 dipendenti. A conti fatti oltre 220 persone hanno perso il posto di lavoro, un bel risultato rispetto ai 460 dipendenti che hanno trovato al loro arrivo. Se preservare il posto di lavoro significa far fuori quasi la metà dei dipendenti, questo è proprio un bell’esempio di come le parole siano estremamente distanti dalla realtà.

I lavoratori a palazzo Spada

«Fatti» I Greco, dicono i cassaintegrati ex Novelli, «acquisiscono la proprietà del gruppo Novelli attraverso due società che hanno 10.000 euro di capitale sociale, che non depositano i bilanci dal 2013, non hanno immesso nuovi capitali nella società, non hanno effettuato alcun investimento. Hanno, anzi rapidamente trovato opportuno cedere a società di persone a loro appartenenti le partecipazioni nelle società agricole prima possedute dal gruppo Novelli ad una somma irrisoria assolutamente lontana dal reale valore di quelle società che possiedono la gran parte del patrimonio immobiliare del gruppo posto a garanzia dei creditori del concordato Novelli, non a caso. E subito dopo trovano giusto presentare domanda di concordato preventivo rendendo quindi ancor più palese che il prezzo di questa operazione, che loro hanno pagato un euro, lo pagheranno i creditori di gruppo Novelli, ovvero quei fornitori che hanno aiutato il gruppo in questi ultimi anni e che ora vedranno messa a repentaglio la continuità delle loro società e i posti di lavoro connessi. Quindi nulla si è visto di quella pioggia di denaro che sembrava dovesse partire dalla lontana Calabria per riversarsi in Umbria, mentre per ora l’unica regione munificata di somme di denaro è la Calabria attraverso lo scippo delle società agricole».

Un presidio

«Proclama» A sorpresa, ricordano i lavoratori, «i Greco presentano un’offerta per l’acquisizione dell’Alitalia. Per presentare tale offerta devono avere certificata la loro solvibilità, il fatto che abbiano più di 400 milioni di euro di fatturato e che abbiano oltre 2.000 dipendenti. Sui giornali si presentano agli ignari lettori proclamando di aver salvato il gruppo Novelli».

«Realtà» Ma, è la domanda che pongono i cassaintegrati, «chi li ha certificati? Quando hanno acquisito il gruppo Novelli si parlava di proprietari di cliniche e di piccole aziende agricole. Dove sta tutto quel fatturato, dove operano tutti quei dipendenti? Dove è la ripresa del gruppo Novelli, come è possibile che rilancino l’Alitalia, visto che non hanno saputo rilanciare una piccola realtà alimentare, dove troveranno i soldi necessari a rilanciare il colosso dei trasporti aerei quando in Umbria non hanno messo un centesimo? La vendita dell’Alitalia è però gestita dal Mise, uno degli ex amministratori del gruppo Novelli è stato perito di alcune cause che hanno coinvolto la società del trasporto aereo, queste sono forse le uniche frecce all’arco dei Greco che accomunano la vicenda gruppo Novelli a quella Alitalia».

Ferie imposte per molti impiegati

Alitalia Il patron dei Greco, attaccano i lavoratori, «sentenzia che l’Alitalia deve la sua disfatta alla mala gestione del suo management lasciando intendere che il management dei Greco potrebbe tranquillamente rilanciarla. Dormirebbe sonni tranquilli l’Alitalia se venisse amministrata dagli uomini dei Greco. I dipendenti del gruppo Novelli lo potrebbero testimoniare. Infatti sono da sei mesi gestiti da un gruppo di strani figuri che, a parte la parentela con la famiglia Greco, non ha altre professionalità. Nessuna conoscenza del business e gestione scellerata dei vari siti produttivi ridotti al collasso, nessuna capacità manageriale, completa noncuranza della legalità e delle regole, cattivi rapporti con i fornitori, gli istituti di credito, gli enti previdenziali ed erariali, smantellamento dell’organizzazione amministrativa dell’azienda, mancanza di un piano industriale (quello presentato al Mise non può certamente essere definito tale), rapporti di lavoro fondati sul ricatto e la violenza (la messa in cassa integrazione degli scioperanti, lo dimostra), nessuna forma di programmazione, mancanza assoluta di trasparenza. Non sono state fatte le corrette iscrizioni agli istituti previdenziali e assicurativi, non sono state aperte le unità locali, di fatto non esistiamo sul territorio, non vengono messe a disposizione le buste paga o vengono emessi documenti errati, per almeno cinque mesi non è stata gestita la contabilità, non vengono fatte le dichiarazioni fiscali di rito, in una parola si gestisce un’azienda al di sopra delle regole per non dire in totale assenza delle stesse. Il tutto condito da modi beceri e volgari, dal favoreggiamento dello scontro tra colleghi, dal favorire coloro che si allineano ai nuovi padroni (a prescindere dalle capacità e conoscenze professionali) rispetto a coloro che lavorano e che hanno migliori capacità».

I lavoratori ex Novelli in Comune

I soldi Nell’ultimo incontro presso la Regione Umbria, ricordano i cassaintegrati, «il patron dei Greco sbandiera 2,8 milioni di euro di Ebitda nella prima parte del 2017 e dichiara che gli esuberi della sede generale di Terni erano già contenuti nel piano del 2012. E’ molto strano che un’azienda che genera questi straordinari flussi dalla gestione ordinaria e risente dei benefici finanziari legati al concordato non ha gli euro necessari per pagare la quota non in concordato degli stipendi di febbraio, non riesce a saldare gli stipendi di aprile, affama i dipendenti messi in cassa integrazione non concedendogli l’anticipazione delle spettanze costringendoli senza reddito per 6 mesi, non riesce a garantire agli stabilimenti di produzione le materie prime necessarie costringendoli a tagliare le produzioni e conseguentemente a non consegnare i prodotti ai clienti. Come può generare tali flussi una azienda che ha già perso alcuni dei clienti più importanti, che non garantisce le consegne quotidiane, che sta perdendo rispetto al 2016 il 20% del fatturato, che confeziona 200.000 uova al giorno quando in passato ne confezionava 800.000? E’ come fa il sempre sincero e puntuale amministratore unico a dire che gli esuberi individuati sono gli stessi del 2012? Nel 2012 si parlava di 22 esuberi, loro su Terni ne hanno individuati il doppio e non si può parlare di eliminazione delle ridondanze quando si chiudono interi uffici noncuranti degli effetti che ciò avrà sulla corretta e legale gestione dell’azienda. Nel 2012 non si parlava di chiudere Nuova Panem, mentre i Greco la hanno abbandonata cinicamente al suo destino. In ogni caso, sarebbe stato interessante vedere i bilanci di questi primi mesi della Alimentitaliani Srl, ma il Commissario Giudiziale di Cariati, in un rigurgito di limpidezza e trasparenza, ha preferito segretarli e non renderli evidenti ai creditori della società, peccato».

Uno sciopero

I sindacati Il tutto, è l’accisa, «è stato favorito e facilitato da coloro che sarebbero deputati alla difesa dei lavoratori, ovvero i sindacati, che hanno perso ormai il contatto con chi dovrebbero rappresentare e che non si curano minimamente dei loro interessi e che rimangono muti di fronte a qualsiasi sopruso essi subiscono. A questo punto non rimane che sperare nella legge e nella giustizia, che ancora una volta ha dimostrato più coraggio della politica, che ancora una volta ha accolto il desiderio di legalità che sindacati e giornali (non tutti, per la verità; ndr) non hanno voluto né ascoltare né veicolare. Speriamo che l’azione posta in essere dal Tribunale di Terni e dal Curatore Fallimentare favorisca la vita futura del gruppo Novelli e dei suoi lavoratori e ripristini quella legalità che le vicende di questi ultimi anni del gruppo hanno calpestato e umiliato».

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