I disabili chiedono il ‘modello Sardegna’

Protesta a Perugia davanti alla Regione poi in commissione: chiedono progetti terapeutici personalizzati come si fa nell’isola

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di P.C.

I malati, i disabili, i familiari e le associazioni umbre guardano alla Sardegna e chiedono alla giunta regionale di fare altrettanto. Quello sardo (ma non solo: sistema simile è adottato anche in altre regioni) è un modello che funziona per le prestazioni assistenziali cosiddette ‘indirette’. Il concetto di base è semplice: anche se le patologie sono simili, ogni persona ha esigenze diverse e necessita di un progetto di assistenza personalizzato. Lo hanno gridato a gran voce a Palazzo Cesaroni, prima fuori, con un sit-in, poi dentro, in commissione.

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Sit in davanti la Regione

Efficacia ed efficienza Detta così potrebbe sembrare complicato e costoso. Complicato forse sì. Costoso niente affatto. Anzi: è stato verificato che i progetti personalizzati consentono di ottenere un cospicuo risparmio per le gravi disabilità, che richiedono assistenza h24. In pratica, meglio dare soldi alle famiglie caregiver (che prestano cioè assistenza diretta al proprio congiunto), a fronte delle spese effettivamente sostenute e rendicontate, che muoversi con gli apparati sanitari regionali, che dovendo fornire necessariamente servizi ‘a pacchetto’, talvolta non riescono ad essere né efficienti né efficaci: «Nessuno più di noi conosce le esigenze dei nostri congiunti». Da questo punto di vista la Regione si è mossa, ma secondo le associazioni non ancora a sufficienza: occorrono più soldi e occorre distribuirli meglio.

Quanti soldi buttati «L’Umbria è la terzultima regione in Italia per assistenza indiretta – ha detto Antonella Persichetti di Afad – la maggior parte dei fondi viene impegnata nell’assistenza diretta, gestita quindi dagli ospedali. Questo non consente l’attuazione di un progetto personalizzato e produce dei costi maggiori». «Il modello umbro – ha aggiunto Francesco Conti (Aucla) – ha privilegiato i pacchetti di servizi senza considerare le esigenze dei malati: tanti soldi buttati senza che i malati e i disabili abbiano ricevuto benefici; il modello Sardegna invece ha dimostrato di funzionare, perché non fare come loro? Mi auguro un cambiamento di rotta anche dal mondo sindacale: non è possibile mandare un operatore a casa delle persone secondo le esigenze della cooperativa, va invece mandato per rispondere alle esigenze del malato».

Centomila euro per un ricovero evitabile Molti interventi sono fatti in rappresentanza di associazioni. Molti altri sono invece di genitori disperati, costretti ad affrontare, oltre al dramma personale di vedere un figlio giacere su un letto attaccato a un respiratore, le lentezze e le incomprensibili incoerenze della burocrazia sanitaria. Paradossale il caso della signora Carla, raccolto da umbriaOn: «Mio figlio è stato tenuto 4 mesi ricoverato in rianimazione al Bambin Gesù perché non c’erano infermieri specializzati per accoglierlo dopo la dimissione ospedaliera; ho dovuto fare una denuncia alla Procura della Repubblica per ottenere che qualcosa si sbloccasse e alla fine la Regione Umbria aveva speso per il ricovero inutile oltre centomila euro; li davano a me, potevo assistere mio figlio per sei anni».

Solinas, presidente della Commissione

Prima i servizi, poi i soldi Ma c’è anche chi non è d’accordo con la proposta di far passare tutta l’assistenza attraverso le famiglie: «Da una regione di sinistra mi aspetto assistenza, io i soldi non li voglio, voglio lo psichiatra, voglio lo psicomotricista, voglio lo psicologo comportamentale, voglio che ci sia l’assistenza pubblica che funzioni perché le famiglie non possono farsi carico di andare a cercare gli assistenti che si prendano cura dei loro cari, sono 20 anni che chiedo che venga data la giusta assistenza a mia figlia».

Barberini: «Sardegna un’eccezione» «Ricordiamoci che qualche anno fa altre amministrazioni regionali avevano annullato i fondi per la non autosufficienza, noi invece li stiamo incrementando – dice l’assessore Barberini – stiamo puntando a garantire nuove forme di assistenza, potenziando anche l’assistenza indiretta; il modello Sardegna è favorito da risorse particolari, essendo una regione autonoma, per cui il sistema non è replicabile in Umbria, almeno non con quelle cifre».

Il problema autismo «Per quel che riguarda l’autismo – dice uno dei genitori – la situazione sta degenerando, perché, a fronte di un aumento esponenziale dei casi, non vengono garantite le terapie appropriate, nonostante la nostra Regione nel 2012 con la delibera di Giunta 399 abbia fornito la linea di indirizzo per la diagnosi precoce e la presa in carico multi professionale dei soggetti affetti da disturbi dello spettro autistico. Ad oggi non è possibile avere operatori Aba e più in generale metodologie di intervento ad evidenza scientifica. Mancano centri di riferimento territoriali, fondamentali per garantire una reale presa in carico a un progetto riabilitativo personalizzato».

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