Indagine Gesenu, sospensioni e addii

Dopo la revoca delle deleghe decisa dall’azienda, si dimette il direttore tecnico Giuseppe Sassaroli. Il suo legale va all’attacco

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L.P.

Sospensione in via cautelare, seguita dalle dimissioni del diretto interessato. È questa la decisione dell’azienda all’indomani della maxi inchiesta sui rifiuti che ha portato agli domiciliari il direttore tecnico di Gesenu, Giuseppe Sassaroli, e che vede indagate altre quattordici persone.

La nota Sul punto, l’azienda di servizi ha diffuso una nota in cui si legge che «la società ha immediatamente revocato le procure e le deleghe all’ingegner Giuseppe Sassaroli il quale, successivamente, ha presentato le proprie dimissioni irrevocabili. Al tempo stesso – chiarisce Gesenu – sono stati sospesi cautelativamente i dipendenti destinatari del provvedimento». Sul fronte legale la Gesenu ha poi ufficialmente incaricato alcuni professionisti: «Al fine di rendere chiarezza in merito alle informazioni diffuse dagli organi di stampa, a seguito delle indagini e dei provvedimenti assunti dall’autorità giudiziaria riguardanti presunti fatti che si sarebbero verificati in epoca precedente al nuovo ed attuale assetto societario e manageriale – recita la nota – la società ha immediatamente provveduto a nominare un pool di legali incaricati di tutelare gli interessi della stessa sotto ogni profilo». Gli avvocati in questione sono Dario Buzzelli e Francesco Falcinelli per gli aspetti penali, l’avvocato Giuseppe Caforio per quelli civilistici e l’avvocato Rodolfo Valdina per gli aspetti di diritto del lavoro.

Giuseppe Sassaroli

Giuseppe Sassaroli

La difesa Ma intanto gli indagati iniziano a preparare le difese, a cominciare proprio dal direttore tecnico di Gesenu che, come fa sapere il Comune, avrebbe cessato il proprio incarico il prossimo 31 dicembre. L’avvocato difensore di Sassaroli, David Brunelli, fa sapere di aver fatto già istanza al riesame. «Le accuse sono le stesse di un anno fa – spiega – tra ottobre 2015 e novembre 2016 non c’è stato altro, se non il commissariamento di Gesenu e una gestione dei rifiuti curata dai commissari prefettizi. Non ci sono reati che sono stati continuati in questo lasso di tempo e per questo riteniamo che le esigenze cautelari che il giudice ha ravvisato non possano sussistere, non essendo attuali e concrete».

Patrimonio sequestrato In vista dell’interrogatorio di garanzia davanti al Gip dove il direttore tecnico potrà dare la sua versione dei fatti e tentare di smontare l’impianto accusatorio così come emerso dalle carte della procura e dalle indagini condotte dal Corpo forestale e dalla Guardia di finanza, Sassaroli, conferma il suo legale, risponderà a tutte le domande, come qualsiasi indagato innocente. Ma oltre alla richiesta di scarcerazione la difesa punterà anche al dissequestro dei beni personali che la procura ha bloccato a titolo accessorio. Oltre ai 20 milioni di euro della Gesenu, infatti, ci sono anche tutti i conti e i beni sequestrati a Sassaroli e ad altri quattro o cinque dipendenti di Gesenu e Tsa. «L’udienza è attesa per la fine della prossima settimana o, al massimo, l’inizio di quella successiva», conferma ancora Brunelli.

La discarica di Borgogiglione

La discarica di Borgogiglione

Impianto accusatorio Quella che sarà la linea difensiva dei legali si inizia a profilare partendo da un paradosso di base. «Come è possibile – si chiede Brunelli – che per 20 anni nessuno si sia accorto di questa maxi truffa ai danni di comuni e cittadini? Nessuno ha mai sospettato niente neanche mentre l’azienda era commissariata? Non è possibile, è per questo che tutti i capi d’imputazione cadranno, proprio come è successo nella vicenda Asm a Terni». I quarantadue capi d’imputazione, secondo Brunelli, verranno ridimensionati a quello che è veramente accaduto nella più grande azienda che gestisce lo smaltimento di rifiuti. «Una o due contravvenzioni possono anche risultare, possono anche essere state continuative ma da qui a parlare di associazione per delinquere mi sembra veramente esagerato. L’associazione per delinquere – spiega – sarebbe la stessa azienda Gesenu e il capo, il ‘dominus’ di tutta questa banda di criminali, per forza di cose il mio assistito Sassaroli. Possibile che neanche i commissari prefettizi si siano mai accorti di avere a che fare con il capo di una banda criminale dal momento che a lui era stata confermata la delega a operare in materia ambientale dai delegati del prefetto che per un anno hanno sovrinteso le attività di Gesenu? Lo trovo molto curioso».

Irregolarità Paradossi a parte, Brunelli si dice certo che cadrà l’accusa di associazione per delinquere, reato che «viene messo per decoro, diciamo, lo si ritrova sempre quando si parla di aziende che smaltiscono i rifiuti ma poi non si arriva mai alla condanna», così come verrà smontata l’ipotesi di truffa, frode e inquinamento, false fatturazioni e false analisi. «Qualche irregolarità, negli anni, può anche essere stata commessa – ammette – ma non a questi livelli. Sicuramente a Pietramelina e a Ponte Rio, impianti gestiti direttamente da Gesenu, può essere colato un po’ di materiale quando si è rotto un telone, ma questo provoca qualche sforamento, nulla più». Eppure i cittadini denunciano da anni, le foto del torrente Mussino inquinato risalgono già a quasi 20 anni fa.

Il torrente Mussino nelle foto del 2005

Il torrente Mussino nelle foto del 2005

Altre responsabilità «Quella di Pietramelina è una discarica che funziona da vent’anni – dice – possibile che ne Asl, Arpa o Provincia si sono mai accorte di nulla? Se ci sono le autorizzazioni bisogna vedere se la legge è stata rispettata. Come mai i cittadini che denunciavano non sono stati ascoltati?». Allora forse non sono stati fatti i controlli? «Io questo non lo so, dico che da quello che mi hanno detto i miei assistiti la vicenda va molto ridimensionata. Poi se qualche irregolarità c’è stata, forse emergeranno anche altre responsabilità, cioè quelle di chi doveva controllare e non l’ha fatto. «In base a quelle che sono state per questo anno le analisi e le consulenze del pubblico ministero, per quello che so io non mi pare ci siano delle cose allarmanti a conferma di disastri. Noi dimostreremo, in sede dibattimentale, che non è l’impianto che descrivono. Noi parliamo di macro fenomeni, non può essere durato per 20 anni un fenomeno del genere».

La commissione d’inchiesta Intanto, però, a sostegno dell’accusa ci sono i casi che riguardano alcuni comuni, come quello di Bastia o di Bettona, che avevano instaurato un vero e proprio braccio di ferro per non pagare servizi effettivamente mai resi. Ora, in attesa dell’interrogatorio di garanzia, per la prossima settimana è previsto di nuovo l’arrivo in Umbria della commissione d’inchiesta parlamentare sul ciclo dei rifiuti. Dopo la visita dei parlamentari in Valnestore e l’audizione con i sindaci del territorio, la riunione si sposterà a Perugia, dove, come in un vero e proprio déjà vu, in prefettura si terrà un colloquio con il procuratore De Ficchy, il comandante della Forestale Guido Conti e i vertici di Arpa.

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