Itieli, dove le campane «sono mute da tempo»

Narni, l’appello del consigliere comunale Sergio Brusichini: «Il Comune coinvolga più soggetti per ridare identità a questo borgo»

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Sergio Bruschini

Sergio Bruschini

di Sergio Bruschini
Consigliere comunale Narni

Ognuno di noi conserva nel cuore il suono delle campane del proprio paese. Forse l’arrivo del moderno non concede più il ‘contatto fisico’ con le campane e con i suoi suoni.

Le campane dalla notte dei tempi hanno scandito i vari momenti delle nostre giornate. È un richiamo collettivo quello del suono della campana, soprattutto un simbolo di appartenenza. Con il suono della campana si scandivano i ritmi della vita quotidiana di ogni comunità. Così si potevano ascoltare i rintocchi dell’alba alla nascita del sole del mezzogiorno (per segnalare la sospensione dei lavori agricoli per mangiare), e della sera. I loro rintocchi annunciavano gli atti liturgici.

La campana festeggia la vita e annuncia la morte, con rintocchi lenti e profondi. E ancora regolavano la vita comune, avvertivano del fuoco e altri tipi allarme. A tutto era legato il suono delle campane, e tutti conoscevano all’udito per qual motivo venissero suonate e con qual significato. Tutte le comunità, persino le più disperse tra i monti, vivevano e crescevano al suono delle campane.

Ora Itieli, uno dei borghi, dei castelli narnesi più famosi, sovrastato dalla bella chiesa e dal suo campanile, non ha più il suono delle campane. Quei rintocchi che si diffondevano nelle valli che rispondevano ai campanili vicini di San Urbano, che segnavano il tempo ed i riti, identità di una comunità, che negli anziani riecheggiavo la memoria di un tempo che fu, non suonano più.

Eppure le campane sono ancora lì, il campanile è ancora li, ma sembra che a causa del tempo la struttura sia pericolante e dato che sovrasta locali privati ne sia stato impedito l’uso delle stesse per sicurezza. Forse si vogliono lasciar cadere anche questi antichi suoni? O forse, con l’arrivo del ventunesimo secolo, si pensa che un suono della campana possa dar disturbo o se ne possa fare a meno. Oggi più che mai, invece, c’è necessità del suono della campana.

Una bella favola narra di una bambina che invitava un vecchio custode a suonare a festa le campane della chiesa. A tal insistente desiderio il campanaro rispondeva che sulla cima del campanile non c’era più la campana e i topi avevano rosicchiato pure la corda. Commossa la bambina offriva i suoi gioielli per fare una piccola campana e i suoi capelli per far una fine corda, perché si potesse partecipare alla festa che unisce tutti suonando le campane.

Parafrasando questa favola la comunità pastorale, il Comune, la fondazione Carit e altri privati, che già in passato si erano resi disponibili per questa chiesa, compiano il miracolo della bambina di far tornare a suonare le campane di Itieli. Un segno di civiltà e di identità. Il Comune si faccia promotore di questa iniziativa coinvolgendo i vari protagonisti.

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