Lavoro, in Umbria bagno di sangue

Focus di Ires e Cgil sulla provincia di Terni: «Situazione preoccupante, ma a Perugia le cose non vanno certo meglio»

Condividi questo articolo su

Le chiacchiere, come si dice, stanno a zero. I numeri, invece, stanno sotto lo zero. Perché «dal 2008 al 2016, denuncia Mario Bravi, presidente di Ires, in Umbria si sono persi circa 13 mila posti di lavoro, passati da 367.209 a 354.227». A Terni, precisa Attilio Romanelli, segretario della Camera del lavoro, «il calo è stato di oltre 4 mila unità e se si pensa che nel quadriennio precedente i posti di lavoro erano invece aumentati di circa 8 mila unità, questo testimonia uno stato di profonda crisi che smentisce quelle dichiarazioni ottimistiche che registriamo quasi ogni giorno e che contribuiscono solo a confondere le idee alla gente».

LE INTERVISTE A BRAVI (IRES) E ROMANELLI (CGIL)

Romanelli e Bravi

Terni L’analisi di Bravi e Romanelli, nello specifico è dedicata al sud della regione, a quella provincia di Terni «che ha perso circa 2 mila posti di lavoro nel settore manifatturiero», ricorda Romanelli e «che vede crescere sempre di più la quota di addetti ai servizi rispetto al totale degli occupati. Questo pone la necessità, con sempre maggiore urgenza, di giungere ad una regolamentazione delle attività che si svolgono in appalto, soprattutto alla luce degli ultimi avvenimenti». La ricetta, secondo la Cgil è quella di «evitare le assegnazioni al massimo ribasso, ma anche alla non penalizzazione delle imprese locali nella predisposizione dei bandi».

Le ricette Secondo Bravi, per interrompere la spirale decrescente dell’occupazione, «occorre partire da un altro dato incontrovertibile: dal 2008, l’unico anno in cui l’occupazione è cresciuta è stato il 2015, quando il lavoro è stato sostenuto soprattutto grazie agli incentivi messi a disposizione delle imprese. Finiti quelli, l’occupazione è crollata. Ecco perché crediamo che sia indispensabile che gli imprenditori tornino a fare investimenti seri nell’impresa e si smetta di far conto sui sostegni esterni».

IL RAPPORTO INPS GENNAIO-APRILE 2017

I dati (cliccare per ingrandire)

La qualità Soprattutto perché la crescita del lavoro precario, insiste il presidente di Ires, «oltre che confermare i nostri allarmi, sempre ignorati e spesso addirittura scherniti, comporta, stante la diminuzione della qualità oltre che della qualità di lavoro, delle ricadute sull’intero ciclo economico, visto che secondo l’Istat in Umbria la spesa delle famiglie è diminuita e questo è il segnale di una minor propensione, oltre che di un’effettiva diminuzione del reddito, al consumo. Ovvio che di questo risente l’intera economia».

Area di crisi Inevitabile parlare delle possibilità offerte dal riconoscimento – per l’area Terni-Narni – dello stato di area di crisi complessa: «Ora vedremo quanti e come risponderanno alla chiamata estiva che è stata proposta – dice Romanelli – anche perché credo che il tema territoriale; penso ad Asm per i progetti relativi all’ambiente, ma anche al sistema delle imprese per la piattaforma logistica; debba cogliere questa opportunità e non lasciare che, per esempio queste possibilità diventino monopolio delle grandi aziende ed in particolare delle multinazionali, che potrebbero sfruttare l’occasione»

 

Condividi questo articolo su
Condividi questo articolo su

Ultimi 30 articoli