Mafia in Umbria: «Sbagliato ignorare»

Alla vigilia del primo processo per mafia in Umbria, parla il segretario del PD: «Se emergerà un danno è giusto che la comunità venga risarcita»

Condividi questo articolo su

L.P.

La ‘ndrangheta a Col di Pila, l’operazione Apogeo e, infine, l’inchiesta ‘Quarto Passo’. Tra pochi giorni, a Perugia, inizierà il primo vero e proprio processo per mafia nella storia della nostra regione.

L’inchiesta, che avevano portato inizialmente all’arresto di 60 soggetti vicini alla ‘ndrangheta calabrese, aveva visto anche il sequestro di 39 imprese, 108 immobili, 129 autovetture e ancora contratti con assicurazioni e rapporti bancari per una vera e propria holding del crimine che, da Ponte san Giovanni, aveva ramificazioni in tutta l’Umbria e anche fuori, al confine con Marche, Lazio e Toscana. Estorcevano denaro per immetterlo nel mercato dell’usura, quello da cui i profitti sono sempre più ingenti.

Regione parte civile «Se da tutta questa vicenda ne dovesse emergere un danno per la Regione – afferma il presidente della commissione regionale d’inchiesta sulle infiltrazioni mafiose in Umbria Giacomo Leonelli – è giusto che la comunità e le sue istituzioni vengano risarcite». Per questo nella seduta di lunedì scorso la proposta alla giunta di costituzione di parte civile nel processo che inizierà il prossimo 11 luglio è stata approvata all’unanimità ed ha avuto anche un seguito. Martedì mattina, infatti, i consiglieri del Pd al comune di Perugia hanno presentato un’analoga interrogazione alla giunta affinché anche il l’amministrazione comunale segua la stessa direzione.

Leonelli Da poco insediatasi nuovamente, la commissione regionale antimafia è guidata dal consigliere regionale e segretario regionale del Pd Giacomo Leonelli che, spiega, sta cercando di riallacciare il filo con quanto fatto dalla precedente guidata dall’allora consigliere regionale Paolo Brutti. «E’ importante che la Regione dia questo grande segnale costituendosi parte civile, cosa molto semplice da un punto di vista giuridico, più complessa e lunga da quello burocratico. E’ la prima vota che l’Umbria si trova al centro di un’indagine giudiziaria in cui non si parla di ramificazioni, ma di un’organizzazione vera e propria con sede, di fatto, in Umbria, almeno stando alle risultanze delle indagini».

Tabù Parlare di mafia, in Umbria, non è più un tabù. «Sarebbe sbagliato – prosegue Leonelli – mettere la testa sotto la sabbia, ma altrettanto sbagliato non inquadrare in maniera congrua questo fenomeno. Non c’è ancora stata una sentenza, però, ecco, fa un certo effetto sapere che in Umbria la mafia lavora neanche troppo sotto traccia».
«Tanto più è bassa la guardia, tanto più sono probabili le infiltrazioni, così almeno ci hanno insegnato», prosegue Leonelli, convinto che, in prima battuta, la commissione debba continuare a lavorare sul senso di comunità e di legalità, sensibilizzando cittadini e opinione pubblica. «La crisi economica è stata forte, ovunque, in queste occasioni la criminalità organizzata si fa più forte, si approfitta. Così è accaduto in tutta Italia e anche in Umbria».

Ruoli E a tal proposito cosa potrebbe fare la commissione regionale? «E’una commissione d’inchiesta, ma di certo non ha poteri giudiziari. Rispetto al lavoro fatto negli anni passati, che giudichiamo buono sostanziamente, abbiamo notato che manca un po’ di operatività che dia forza maggiore alla sua azione. Poi, ovviamente, in alcuni ambiti la regione non ha competenze, quindi bisogna rispettare i ruoli».

Operatività Oltre alle audizioni con le forze dell’ordine, guardia di finanza, polizia, carabinieri, in vista ci sono anche progetti operativi con i Comuni sul territorio, per capire come conoscere e contrastare questo fenomeno. Da qui alle ferie, infatti, in programma riunioni con tutti i sindaci e gli assessori delle aree interessate. Quello di luglio sarà un po’ come la preparazione estiva dei calciatori, afferma Leonelli, quello in cui valutare l’esito delle attività portate avanti anche nel passato dalla commissione, per capire come proseguire. A partire dal protocollo d’intesa firmato con l’Università e l’osservatorio con le associazioni.

Infiltrazioni «Il vero problema, il tema vero, è quello dell’infiltrazione nell’economia sana di capitali riciclati e soldi inquinati. Dobbiamo alzare al massimo il livello di guardia su questo settore». Ma poi ci sono anche droga, prostituzione e ludopatia. «Rispetto al passato, mi sembra che ci sia una maggiore presa di coscienza anche a livello normativo che oggi, con il nuovo codice degli appalti, è più preparata a ostacolare questi fenomeni. Per noi è fondamentale dare la dimostrazione di esserci e mantenere puntata la lente d’ingrandimento. Tanto più conosci il territorio e la realtà, tanto più facile sarà capire se c’è qualcosa che non va».

Condividi questo articolo su
Condividi questo articolo su

Ultimi 30 articoli