Morte generale Conti: «Non chiudete il caso»

Dopo la richiesta di archiviazione, i familiari dell’ex generale dei carabinieri trovato morto nel novembre 2017 chiedono di riaprire le indagini. Aveva lasciato Perugia poco prima

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di P.C.

La procura di Sulmona ha aperto un fascicolo per istigazione al suicidio sulla morte di Guido Conti, ex generale dei carabinieri forestali, trovato cadavere il 17 novembre 2017. Il pm ha richiesto l’archiviazione, ma i familiari chiedono che vengano tenute aperte le indagini: il legale della famiglia Conti ha presentato opposizione alla richiesta di archiviazione. La notizia è riportata dal giornale on line Il Germe.

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Tutti i dubbi dei familiari

Per i suoi familiari, il generale, per il suo carattere, non si sarebbe mai suicidato. E sulle sue ultime settimane di vita vi sarebbero ancora diversi elementi da chiarire, in particolare sulle ultime comunicazioni: telefonate, mail, messaggi, lettere. Come noto, Conti avrebbe fatto formattare il suo computer pochi giorni prima di morire; non una normale cancellazione ma una particolare procedura che distrugge completamente ogni traccia di quanto realizzato sul dispositivo. Sarebbe stato lo stesso Conti a chiederlo, rivolgendosi ad una società specializzata che avrebbe cancellato gli ultimi 15 giorni in memoria, proprio il periodo in cui l’ex generale ha collaborato con la Total. Perché?

Poi, sul suo telefono sarebbero arrivate delle telefonate che non sono state ancora ricostruite: non si sa né chi lo abbia chiamato né cosa si siano detti. Fra l’altro, il suo cellulare non è mai stato ritrovato.

Ancora: non convince la posizione in cui è stato ritrovato il corpo, così come non è stata ancora spiegata la presenza, confermata da alcuni testimoni, di un’auto costosa – una Porsche – poco distante dalla Smart dove è stato rinvenuto il corpo; una zona che, in teoria, sarebbe inibita al traffico. Segno che Conti non era solo?

WSu questi elementi dovrà esprimersi ora il gip, decidendo se accogliere la richiesta di archiviazione della procura oppure ordinare nuove indagini.

L’AUTO DEL PM BRUCIATA UN ANNO FA

Le dimissioni, il nuovo incarico, le dimissioni, la morte

L’11 ottobre 2017 il comandante dei carabinieri forestali dell’Umbria Guido Conti convoca nel suo ufficio alcuni giornalisti di Perugia per comunicare loro in anteprima (c’era anche umbriaOnla notizia delle sue dimissioni dall’Arma per accettare un incarico per una società privata. Rivela informalmente il nome dell’azienda ma chiede di tenerlo riservato. Sarebbe stata poi la Total ad annunciare l’accordo qualche giorno più tardi: dal primo novembre, l’ormai ex generale Conti avrebbe ricoperto l’incarico di addetto alla sicurezza ambientale, in virtù della sua lunga esperienza nel settore. Un incarico sicuramente ben retribuito, che però comunque sarebbe durato poco: non più di un paio di anni (come confidato dallo stesso Conti a qualche amico). Inspiegabilmente, però, il 15 novembre arrivano le dimissioni. Due giorni dopo, il corpo senza vita di Guido Conti viene ritrovato senza vita ai piedi del Monte Morrone nel comune di Pacentro. In auto due pistole. Da una delle due sarebbe partito il colpo fatale.

Una istituzione nella lotta ai reati ambientali

Già comandante in Umbria, Abruzzo, Molise e Lazio, il generale di brigata Guido Conti – 58 anni, abruzzese – era commendatore della Repubblica per meriti speciali. Sue le indagini sulla mega discarica più grande d’europa di Bussi sul Tirino, le inchieste sui traffici di rifiuti in numerose regioni italiane, le indagini sugli inquinamenti dei fiumi in Abruzzo o sulle antenne delle massime utenze radio televisive in centro Italia. Sotto la sua egida, sono state effettuate decine di arresti per la megatruffa ai danni della Ast ThyssenKrupp di Terni e per l’inchiesta Gesenu, con 24 richieste di rinvio a giudizio dell’antimafia per la mega truffa dello smaltimento dei rifiuti a Perugia e in decine di comuni limitrofi. Sua anche l’inchiesta sul terremoto in Abruzzo, che aveva la centrale corruttiva a Perugia. È stato inoltre autore di numerose pubblicazioni sull’ambiente, di cui era considerato uno dei massimi esperti in Italia.

Gli appelli dei No Triv

Lo scorso 8 dicembre, il coordinamento nazionale ‘No Triv’ Basilicata ha esposto a Venosa (Potenza) uno striscione con il volto di Guido Conti e di Gianluca Griffa, ex direttore del centro oli Eni di Viggiano, anch’egli morto suicida, in occasione del corteo per la ‘Giornata Internazionale contro le grandi opere inutili e imposte’. La scritta era chiara: «Verità». Il portavoce Francesco Masi ha spiegato (sempre a Il Germe): «Lo esponiamo ad ogni udienza in tribunale dove è coinvolta Total perché nessuno dimentichi o si senta assolto. Anche se dal dibattito pubblico la vicenda è sparita in gran fretta, non c’è assemblea pubblica dove non ricordiamo queste vittime. Bisogna mantenere viva la memoria e soprattutto il contesto nel quale sono maturate». Lui non ha dubbi: la morte di Conti è legata al suo incarico nel settore petrolifero. Un settore di cui si è occupato anche Report nella puntata di lunedì 17. Un servizio che comincia con un lungo elenco di morti per tumore a Pisticci, in Basilicata, dove vengono trattate le acque di scarto dell’estrazione del petrolio. 

Il piano ambientale

E proprio relativamente alle contaminazioni ambientali c’è un aspetto che è emerso nel corso degli interrogatori: Conti avrebbe proposto a Total un piano straordinario, da finanziare con circa 2 milioni di euro, per ridurre l’impatto ambientale di Tempa Rossa, l’area dove insiste il giacimento petrolifero gestito dalla Total, nel cuore della Basilicata. Il progetto si estende principalmente sul territorio di Corleto Perticara (provincia di Potenza), dove Conti stava cercando casa fino a pochi giorni prima della morte, quando decise, in modo ad oggi ancora inspiegabile, di dare le dimissioni e tornare nella sua Sulmona. E poi, a quanto pare, di ammazzarsi. A Tempa Rossa a breve saranno perforati altri due pozzi: si attendono le autorizzazioni. A regime, l’impianto – scrive la Total sul suo sito – avrà una capacità produttiva giornaliera di circa 50mila barili di petrolio, 230mila metri cubi di gas naturale, 240 tonnellate di Gpl e 80 tonnellate di zolfo.

Le lettere su Rigopiano

Nei giorni immediatamente successivi alla morte di Conti si è parlato di alcune lettere di commiato in cui si farebbe riferimento alla tragedia del Rigopiano, in merito alla quale il generale avrebbe scritto di sentirsi in colpa per aver firmato le autorizzazioni per il centro benessere della struttura colpita dalla valanga (dove comunque non ci furono vittime). «Pur sapendo e realizzando che il mio scritto era ininfluente ai fini della pratica autorizzativa – avrebbe scritto Conti – mi sono sempre posto la domanda: potevo fare di più?». Ma la famiglia non ha mai creduto alla correlazione fra Rigopiano e la morte dell’ex generale. E sulla fuga di notizie relativa alle lettere è stata aperta un’inchiesta. Fra l’altro, in quel famoso incontro con i giornalisti perugini, che fu informale e a cuore aperto, e poi nella successiva intervista non fece affatto riferimento a Rigopiano. Un po’ strano se, come farebbero pensare le lettere, quello era già allora un suo cruccio così forte. E inoltre, al di là dell’evidente dispiacere nel lasciare la divisa (non aveva mai digerito – e questo era noto – l’accorpamento dei forestali con i carabinieri), la sensazione fu di un uomo positivo, che, citando Vico, aveva fiducia nel futuro e confidava nella capacità dell’uomo di riparare ai danni fatti all’ambiente. Era quello che si proponeva di fare alla Total. Ma allora perché si è ucciso?

Guido Conti, l’ultima intervista

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