Perugia, ‘Lifting car’: processo inutile

L’operazione si conclude con la prescrizione di buona parte dei reati, con un non luogo a procedere e per il decesso di alcuni imputati

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di Umberto Maiorca

Le accuse A finire sotto processo erano state 34 persone tra commercianti d’auto e tecnici dei contachilometri. L’accusa era di associazione per delinquere finalizzata alla truffa. Il sospetto è che il ‘ringiovanimento’ delle auto non fosse un’azione casuale o estemporanea, ma che grazie ad un sofisticato software in grado di dimezzare i chilometri di ogni modello di auto, si sia creata un’associazione di commercianti d’auto che vendeva macchine con molti chilometri sul motore per nuove. Il gup Alberto Avenoso, però, ha stabilito che non c’era alcun capo a non esisteva alcuna organizzazione criminale. L’ipotesi accusatoria era, quindi, depotenziata e anche i termini prescrizionali diminuiti. Da qui la pronuncia di intervenuta prescrizione per buona parte dei capi d’imputazione. Le persone offese erano 36. I chilometri spariti erano diverse migliaia.

Le ipotesi L’indagine, condotta dalla polizia Stradale di Perugia, era partita nel 2008. Subito erano stati 300 gli automobilisti che avevano presentato una denuncia per truffa, salvo poi ritirarla dietro pagamento del danno subito. Ad indagine in corso, infatti, molti clienti che avevano acquistato auto ‘ringiovanite’ si erano viste rimborsare una parte della somma. Cioè quei mille, 2 mila euro che avrebbero pagato in più vista l’usura del motore e di altre parti meccaniche. Da qui l’accusa di truffa semplice, perseguibile solo dietro denuncia. E senza la querela da parte della ‘vittima’, non c’era più processo e condanna.

Le indagini Al centro dei controlli il commercio di auto usate, di grossa cilindrata, con tanti chilometri in poco tempo, che potrebbero essere state sottoposte al ‘lifting’ del chilometraggio. Cosa che di per sé non costituisce reato, ma togliere chilometri per vendere meglio la vettura e ad un prezzo leggermente più alto, forse sì. A dare l’avvio all’indagine un carabiniere che aveva acquistato una vettura e che dopo poche settimane si era reso conto di aver ricevuto una solenne ‘fregatura’. Era risalito così al primo proprietario dell’auto che, essendo un pignolo, gli aveva mostrato una documentazione dalla quale risultava il vero chilometraggio della sua vettura: il doppio di quello certificato dalla concessionaria al momento della vendita. Il carabiniere aveva presentato una denuncia. Dagli accertamenti sarebbe emersa la truffa. In pratica la concessionaria ‘riciclava’ le vecchie auto di grossa cilindrata, magari utilizzate da rappresentanti di commercio che macinano molti chilometri, faceva effettuare il ‘lifting’ e le rimetteva sul mercato. Gli indagati erano assistiti dagli avvocati Libori, Perticaro, Bellachioma, Fraschetti, Caforio, Romoli, Pugliese, Innamorati, Falcinelli, Patalini, Bonacci, Santevecchi, Marinelli, paolieri, Monacelli, Franceschini, Lisetti, Caporali, Tiberi e Baldoni. Alcune delle persone offese si sono affidate all’avvocato David Zaganelli.

La ricostruzione Secondo l’accusa la voce ‘revisione contachilometri’ corrispondeva al 4% dell’intero fatturato. C’era stato qualche privato che aveva pagato dai 70 ai 120 euro per una ‘ritoccatina’, con i prezzi del tariffario che oscillavano in base al tempo che l’addetto al software elettronico impiegava per ridurre gli zeri del contachilometri digitale, ma come emerge dalle fatture, «lo stragrande carico di lavoro veniva fornito dai rivenditori autorizzati di automobili quando si dedicavano al mercato dell’usato».

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