Perugia «No ‘colorato’ a tutte le mafie»

Migliaia di partecipanti alla manifestazione di ‘Libera’ per ricordare le vittime della mafia. Romizi sul palco: «Vissute esperienze allarmanti»

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di E.M.

Un serpentone colorato tra le vie del centro storico. Poi gli sbandieratori, la musica, la lettura dei 950 nomi delle vittime di mafia, il collegamento con don Luigi Ciotti da Locri. Anche a Perugia, martedì mattina si è svolta la 22sima Giornata della Memoria e dell’Impegno promossa dall’associazione ‘Libera’ in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. Una manifestazione diversa dagli altri anni e non soltanto per la partecipazione massiccia – si parla di qualche migliaio di persone – ma anche perché il primo marzo il parlamento italiano ha istituzionalizzato questa ricorrenza. «Non più, dunque, soltanto la giornata di Libera – hanno detto dal palco di piazza della Repubblica – ma una giornata della Repubblica italiana».

LE PAROLE DI GIANCARLO CASELLI (VIDEO)

La giornata Quella umbra è stata una delle tante manifestazioni che si sono svolte in tutta Italia, a partire da quella nazionale di Locri dove ha parlato il fondatore di Libera, don Ciotti. In 20 città italiane, una per ogni regione, ma anche in altri 4.000 luoghi tra scuole e posti di lavoro, le vittime di mafia sono state ricordate contemporaneamente. Il momento clou, in tutte le piazze, è stato la lettura dei nomi delle vittime. Lunghissimi minuti nei quali sul palco si sono alternati studenti e rappresentanti delle istituzioni (dal sindaco Andrea Romizi al procuratore generale presso la Corte d’Appello Fausto Cardella) per leggere una lista di 950 nomi. Tutti morti per mano delle più svariate mafie: ci sono i nomi celebri e quelli sconosciuti, senza distinzioni.

LA GALLERY DELLA MANIFESTAZIONE

Le tappe A Perugia, il corteo è partito dai Giardini del Frontone intorno alle 10. È passato per Borgo XX Giugno, corso Cavour, viale Indipendenza, via Baglioni e piazza IV Novembre – dove si è aggiunto un gruppo di sbandieratori – per poi arrivare in piazza della Repubblica, dove era stato allestito il parco con maxischermo. Sotto, l’orchestra dei ragazzi del liceo musicale ‘Mariotti’ di Perugia, che hanno suonato brani composti appositamente per l’occasione dal professor Francesco Seri.

La partecipazione Il corteo è coloratissimo, con le bandiere e i cartelloni. È composto da studenti –tantissimi i liceali – bambini delle scuole elementari, scout, membri delle associazioni, sindacati, persone di ogni età. Senza mai gridare e con la massima compostezza, a gridare un chiaro e forte ‘no’ alle mafie è bastata la grande partecipazione. In prima fila le istituzioni, con il sindaco Andrea Romizi e i rappresentanti dei Comuni dell’Umbria, poi a seguire gli attivisti di Libera e i sindacati. Più indietro gli studenti delle scuole della provincia, che camminano a ritmo di musica.

IL CORTEO CON STUDENTI E ISTITUZIONI, POI I NOMI DELLE VITTIME (VIDEO)

Renata Fonte Ma a guidare la marcia, insieme al coordinatore regionale dell’associazione Walter Cardinali, ci sono Viviana Matrangola e Maria Carmela Rechichi, figlie rispettivamente di Renata Fonte – uccisa a Nardò dalla Sacra Corona Unita perché si oppose ad una speculazione edilizia – e di Giuseppe Rechichi, professore ucciso a Polistena dalla ‘Nrangheta. Per ricordare che la mafia è ormai globalizzata e non riguarda più soltanto l’Italia, c’è anche Chico Bautì, scrittore colombiano che per tre volte ha dovuto abbandonare il suo paese ed ora è in esilio ad Amburgo, che ha parlato della sua storia di figlio di desaparecida e attivista colombiana nel movimento Hijos.

‘LIBERA’ IN UMBRIA: SERVE IMPEGNO QUOTIDIANO (VIDEO)

In centro Maria Carmela Rechichi, sul palco, si è emozionata guardando la foto del padre, stampata su uno degli striscioni alzati dai ragazzi. «Una pallottola 30 anni fa ce l’ha portato via ma quella pallottola continua a scavare nei cuori di ognuno di noi – ha detto alla folla – e ci sprona all’impegno, a non spaventarci. C’è una voglia comune di cambiamento nel senso di essere tutti insieme, sono stata a Locri e ho visto la comunione delle istituzioni, tra stato e chiesa». Poi è la volta di Chico Bautì: «Non c’è ancora una verità giudiziaria per mia madre e per le 5mila donne rapite in Colombia e le 60mila persone scomparse. Dall’inizio dell’anno assassinate 20 persone – ha detto – È importante per noi essere qui per stare vicino alle situazioni altrettanto drammatiche, come quelle in Italia. Le prossime generazioni hanno il diritto di vivere in pace».

CARDINALI: «QUALCOSA STA CAMBIANDO» (VIDEO)

I commenti Mentre sul palco venivano letti i nomi delle vittime, anche i giovanissimi sono rimasti in silenzio. «È proprio nelle giovani generazioni, i ‘noi’ di domani, la speranza che si possa combattere definitivamente la mafia», ha detto il procuratore generale Cardella. Parole condivise anche dal sindaco di Perugia: «La mafia non è qualcosa che possiamo considerare episodicamente – ha detto – allora grazie a Libera che sta pungolando le istituzioni, che coinvolge l’intera comunità e ci accompagna nel percorso della memoria e della partecipazione per spingerci a tenere alta la guardia e a far crescere i nostri giovani con questo tipo di principi ben saldi sin da piccoli».

«Contro le infiltrazioni dobbiamo attrezzarci» Nel capoluogo proprio la prossima settimana è prevista la prima udienza del dibattimento del processo ‘Quarto Passo’, per le infiltrazioni della ‘Ndrangheta nella regione. E Perugia, assicura Romizi, sta costruendo gli anticorpi ad un male che fino a poco tempo fa era del tutto sconosciuto. «C’è massima collaborazione tra tutte le amministrazioni a cominciare dalla magistratura, ma anche gli enti locali hanno un ruolo decisivo. Abbiamo sottoscritto protocolli importanti con la Prefettura, dobbiamo rimanere sempre vigili e dotarci degli strumenti che ci consentono di trasformare l’attenzione in azioni concrete. Nessun territorio oggi può ritenersi non interessato a questi fenomeni e al tentativo d’infiltrazione delle associazioni mafiose, anche quei luoghi che nel passato hanno avuto meno esperienze. Per questo dobbiamo più che mai attrezzarci come comunità e come istituzioni, a fronte delle esperienze allarmanti che si sono vissute».

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