Province senza soldi, sindacati protestano

Perugia e Terni, Cgil, Cisl e Uil annunciano iniziative forti: «Servizi fondamentali a rischio senza fondi né personale»

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Due anni di tagli e scorporamenti, in preparazione del referendum, che poi però è stato bocciato, col paradosso che, ora, le Province restano in vita ma non hanno soldi per gestire i servizi. Per questo motivo i sindacati – uniti – hanno annunciato iniziative di protesta.

PARLA SILVIA PANSOLINI (CGIL FP), VIDEO

A Perugia Cgil, Cisl e Uil hanno convocato una conferenza stampa unitaria nella sala consiliare dell Provincia, in piazza Italia. Ma i problemi, assicurano, riguardano anche Terni. Anzi, più in generale, riguardano tutte le province italiane, costrette in un limbo da politiche incoerenti, a metà fra l’idea di eliminarle e la necessità di temerle in vita dopo il fallimento del referendum.

A Roma è in discussione la conversione del decreto legge 50 che, appunto, prevede, interventi urgenti per gli enti territoriali. Un decreto che non piace ai sindacati, soprattutto per la parte finanziaria. Chiedono risorse sufficienti a garantire il mantenimento delle competenze fondamentali delle città metropolitane e delle province. I 110 milioni di euro stanziati – dicono – sono largamente insufficienti, ce ne vogliono almeno 600.

Servizi a rischio Con queste risorse carenti e questa organizzazione approssimativa, con competenze non del tutto chiare, normale poi che i servizi fondamentali vadano in difficoltà. Di che parliamo? Strade provinciali, scuole superiori, ambiente, servizi per l’impiego.

Dati ed esempi E i rappresentanti dei tre sindacati – Marco Cotone (Uil), Ubaldo Pascolini (Cisl), Silvia Pansolini (Cgil) – con i rappresentanti sindacali unitari, hanno snocciolato dati ed esempi. «Inutile lamentarsi dei viadotti pericolanti se noi non abbiamo soldi per intervenire. Gestiamo mega istituti scolastici come il Volta e il Capitini e spesso facciamo da service ad altri enti perla progettazione di interventi di ristrutturazione, spesso i nostri tecnici lavorano oltre l’orario contrattuale».

La Regione non risponde Molte competenze sono passate alla Regione, che però non riesce a rispondere alle problematiche: «Tutti i tecnici – ingegneri, architetti, geologi – ci dicono che i tempi di risposta alle pratiche sono aumentati sensibilmente». Proprio dalla Regione i sindacati si aspettano risposte politiche, al momento non pervenute: «Ci sono tavoli aperti ma non vengono convocati – denunciano – e noi siamo stanchi di aspettare».

Il sit in a Terni

Centri per l’impiego Discorso a parte meritano i servizi per l’impiego, passati alla Regione con la formula degli ‘avvalimenti’ ma che sono più che altro ‘avviliti’. Molti di loro sono precari. E la loro condizione è tutta da chiarire, visto che questo meccanismo sembra giuridicamente non supportato: «Ci aspettiamo che Bartolini spieghi come sia possibile tutto ciò», tuonano i sindacati.

Senso di frustrazione «La nostra – il commento della rappresentanza sindacale unitaria della Provincia di Perugia – è una mobilitazione per difendere i Servizi e la stessa sicurezza dei cittadini. Questa è un’emergenza nazionale, e noi chiediamo chiarezza. Vogliamo sapere se il Governo intenda o meno risolvere la drammatica situazione di stallo che oramai riguarda tutte le Province e le Città metropolitane. Infatti i 650 milioni che le Province chiedono sono una priorità assoluta per coprire le spese per i servizi essenziali, dato peraltro già certificato dal Sose, la società del Mef che fissa i fabbisogni standard. In questo momento il sentimento che anima i dipendenti provinciali è un senso di frustrazione, infatti dopo aver lottato per due anni (dalla Legge Delrio alla fine del 2016) per mantenere il proprio posto di lavoro ed il proprio salario già penalizzato da ormai otto anni di fermo contrattuale, dopo aver visto dimezzate le proprie piante organiche, dopo aver assistito alla disgregazione del Corpo di Polizia Provinciale con la conseguente dispersione di tante professionalità ancora sicuramente utili per le funzioni provinciali (vedi ambiente), si trovano ora nella condizione di incertezza delle risorse finanziarie necessarie al funzionamento dell’Ente, con il problema dei Centri per L’impiego ancora aperto».

La Provincia di Perugia

Niente programmazione La Rsu aggiunge che «il nostro bilancio così come quello di tantissime altre Province, alcune con situazioni ancora più drammatiche della nostra, continua ad essere necessariamente un bilancio solo annuale, senza quindi alcuna possibilità di alcun tipo di programmazione e questo per i Servizi di competenza della Provincia di Perugia come strade, scuole e ambiente è fortemente penalizzante. Questa mobilitazione è per chiedere con forza al Governo di rivedere la “manovrina” che finora ha previsto solo 110 milioni di euro per le Province, assegnando invece alle stesse quei 650 milioni necessari per il loro funzionamento. A cascata però si chiede con forza, anche alla Regione dell’Umbria, che con la L.R. 10/2015 ha ridefinito le proprie competenze e quelle delle Province, di erogare alla Provincia di Perugia quanto dovuto per la gestione delle materie delegate alla stessa. Parliamo della gestione delle strade regionali, dell’ambiente, dei trasporti e del Lago Trasimeno. Dai nostri conti per la gestione delle stesse per l’anno 2016 sono stati spesi circa 5 milioni e 100 di euro e per il 2017 si prevedono le stesse cifre, ma nel bilancio regionale non c’è traccia di questi soldi. Preme inoltre sottolineare come i soldi prelevati in questi anni alle Province siano soldi che pagano e hanno pagato i cittadini con le tasse nella speranza di avere in cambio servizi che a loro spettano e cioè strade , scuole sicure e un ambiente curato e controllato. Invece poiché il Governo ha trattenuto, nel caso della nostra Provincia, 28 milioni di euro per il 2016 e stessa cifra per il 2017 quei servizi essenziali la Provincia si troverà, se non interverranno correttivi, impossibilitata ad erogarli e questo risulta particolarmente ingiusto tanto più nell’attuale situazione di crescente sfiducia dei cittadini verso le Istituzioni. Accogliamo con particolare piacere le parole del Presidente della Repubblica riportate dal Presidente Mismetti di voler portare da subito all’attenzione del Governo il problema delle Province, d’altra parte ormai il Referendum è passato da diversi mesi, il risultato è stato chiaro: le Province esistono, sono Enti riconosciuti nella Costituzione, hanno – concludo la Rsu – le loro competenze quindi lasciateci lavorare e servire i cittadini come ogni Istituzione ha il dovere diritto di fare».

‘Flop’ a Terni Pochi invece – una decina circa – i dipendenti che si sono presentati davanti a palazzo Bazzani per protestare contro i tagli. Un sit in che si è concluso senza la convocazione dell’assemblea unitaria prevista in un primo momento.

«Una commedia» Sull’argomento è intervenuto martedì anche l’Usb, l’Unione sindacale di base: «Sul salvataggio di Province e Città Metropolitane, in questi giorni, stiamo assistendo alla messa in scena di una vera e propria ‘commedia dell’ipocrisia’. 33 parlamentari del PD hanno presentato una serie di emendamenti alla ‘manovrina 2017’, per aumentare il finanziamento alle funzioni fondamentali di questi Enti, dimenticandosi che sono stati proprio loro, votando la legge Delrio prima, e tutte le leggi di stabilità dopo, ad affossare Province e Città Metropolitane. Addirittura si è scomodato anche l’ex premier Renzi, che a caccia di voti e consensi, ha dichiarato che le Province vanno aiutate. Piuttosto che fare dichiarazioni di comodo, farebbe bene a ricordarsi della sonora sconfitta ricevuta il 4 dicembre 2016 al referendum da lui stesso promosso, anche per cancellare definitivamente gli Enti di area vasta dalla Costituzione».

L’accordo del 2013 «Attori di rilievo – prosegue l’Usb – nella ‘commedia’, anche i sindacati complici che proclamano iniziative nazionali e territoriali a sostegno delle Province. Per fortuna i lavoratori non hanno la memoria corta e ricordano benissimo l’accordo siglato dalle tre Confederazioni nel 2013 a Genova con Confindustria, dove si prevedeva in maniera esplicita l’abolizione delle Province, il Protocollo di Intesa con il Ministro Delrio che ha dato la ‘stura’ alla “controriforma” che ha prodotto il drammatico taglio a servizi essenziali per i territori. Tornando al referendum, non va inoltre dimenticato che questi sindacati hanno avuto un atteggiamento molto ambiguo, con la Uil e la Cgil che a livello nazionale non hanno preso posizione, mentre la Cisl si è apertamente schierata per il ‘sì’, che significava, appunto, l’abolizione delle Province. Ci vuole proprio una faccia di bronzo, a presentarsi oggi davanti ai lavoratori e dichiarare di fare i loro interessi».

Indifferenza Regione L’Usb sottolinea come fin «da subito aveva preannunciato il disastro che avrebbe travolto questi importanti Enti istituzionali e che è sotto gli occhi di tutti, osteggiando il Protocollo di Delrio, aprendo una vertenza nazionale e mobilitando le RSU. La vertenza delle Province è tutt’altro che conclusa e pesanti sono le criticità anche in Umbria. La Provincia di Terni soffre pesantissime condizioni di dissesto finanziario, nell’indifferenza della Regione che tarda ad assumersi responsabilità politiche che sono dovute, se non altro per garantire pari dignità ai cittadini dei territori. Martedì l’Usb presenterà alla V° Commissione Bilancio, Tesoro e Programmazione della Camera una proposta articolata a modifica ed integrazione della c.d. “manovrina 2017” all’interno della quale sono ricompresi anche gli interventi per Province e Città Metropolitane. Perché sono i fatti e gli atti che contano, no commedie poco credibili messe in atto per compiacere i lavoratori, quando il danno è fatto. L’assenza – conclude – del coinvolgimento delle Rsu ne è un’ulteriore dimostrazione».

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