Rifiuti in Umbria: «Problema assurdo»

Il direttore di Arpa alla Commissione parlamentare: «In generale, la struttura tecnologica per far fronte ai numeri c’è tutta»

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di M.T.

Davanti alla commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione dei rifiuti, il direttore di Arpa Umbria, Walter Ganapini, a febbraio aveva ‘rivelato’ una verità semplice e, al tempo stesso, inquietante: «Conoscendo i numeri di questa regione (meno di un milione di abitanti, 92 comuni, non più di 100 chilometri quadri di estensione, una pluralità di luoghi pieni d’identità ma con una scarsa urbanizzazione), mai e poi mai dovrebbe porsi il tema dei rifiuti. Si potrebbe in breve tempo ridurre il 100 prodotto a 90, ma, assumendo anche il 100, fatta bene la raccolta differenziata domiciliarizzata e raggiungendo quel 70 per cento che è del tutto credibile in ogni tipo di realtà, rimanendo un rifiuto urbano residuo del 30 per cento, da 480.000 tonnellate di rifiuti prodotti in Umbria, lavorando bene, si ricavano 130.000 tonnellate di organico e 50.000-60.000 tonnellate di secco, ovvero di rifiuto urbano residuo biostabilizzato. Esistono autorizzazioni per oltre 350.000 tonnellate per il trattamento dell’organico e ci sono tutti gli elementi per dare una soluzione, sia rispetto al recupero di materia sia rispetto all’utilizzo come combustibile secondario di questo materiale essiccato. In generale, la struttura tecnologica per far fronte ai numeri di cui stiamo parlando c’è tutta».

IL TESTO INTEGRALE DELL’AUDIZIONE DI WALTER GANAPINI

commissione orvieto-1

La Commissione

Le scoperte Ma, aveva anche spiegato, Ganapini, «L’Umbria si caratterizza da un punto di vista ambientale per due tematismi prevalenti. Da un lato c’è una generale contaminazione di falda da Città di Castello fino a Orvieto da tricloro e tetracloroetilene. Abbiamo cominciato a intensificare le ispezioni e i campionamenti. Abbiamo individuato, per esempio, nell’area di una vecchia discarica in Città di Castello, cloruro di vinile monomero, che purtroppo è il primo cancerogeno ufficialmente riconosciuto e che abbiamo scoperto, lavorando col Politecnico di Milano, fare parte di una cinetica di reazione legata sempre alla trielina, quindi in qualche misura al tricloro e tetracloroetilene».

TUTTE LE TRASCRIZIONI DELLE AUDIZIONI

La discarica di Borgogiglione

La discarica di Borgogiglione

Le discariche Nella regione Umbria, aveva poi rivelato Ganapini, «ci sono 108 discariche ex comunali, dismesse nel corso del tempo fino agli anni 1970-1980, che addirittura oggi hanno bisogno di essere recuperate e georeferenziate, perché si fa fatica a sapere dove sono. In queste discariche, ad esempio, in alcuni casi abbiamo visto che andavano a finire classicamente i fanghi di lavanderie industriali, che sono tipici generatori di contaminazione da percloroetilene e da altri composti etilenici. Naturalmente nel territorio dell’Umbria, che ha vissuto un’industrializzazione importante, ci sono delle sorgenti conclamate, laddove c’era un grande uso di solventi. Si parte da Umbertide, dove venivano sverniciati i vagoni delle Ferrovie centrali umbre, e da Foligno, dove c’era la fabbrica delle grandi lavorazioni ferroviarie, fino ad arrivare ovviamente all’area di Narni-TerniNera Montoro, dove, tra l’industria chimica e l’industria siderurgico-metallurgica, di questi composti in falda ne sono andati certamente in grandi quantità».

Il torrente Mussino

Il torrente Mussino

Pietramelina Oltre ai traccianti classici di percolato, secondo il direttore di Arpa, «in questo momento la situazione più critica riguarda la probabile – saranno le indagini a definirla definitivamente – gestione del percolato con recapiti del percolato medesimo, attraverso tubazioni interrate, fuori dal perimetro della discarica. Questo determina contaminazioni di suolo e passaggi in falda, aldilà dei nostri punti di misura. Nel corso della nostra attività di supporto al Corpo forestale dello Stato, nelle ispezioni sistematiche che ormai da mesi avvengono nel sito, sono
stati identificati dei punti esterni al perimetro nei quali si vede fuoriuscire percolato».

L’acqua a Terni L’emergenza importante, secondo Walter Ganapini, «riguarda ancora una volta Terni, nel senso che in alcuni campi-pozzi abbiamo identificato livelli molto alti di superamento dei limiti di legge per il tricloroetilene. Abbiamo rilevato superamenti importanti. Abbiamo avuto i rapporti di prova e stiamo emettendo tutti gli atti necessari al comune, all’Asl e così via. Ciò sta a indicare che un impatto ci può essere. Nello specifico, la cosa ci preoccupa molto, perché abbiamo misurato questi valori in prossimità di campi posti dove si alimenta l’acquedotto ternano. Finché non verrà giù l’acquedotto che viene dalla Valnerina, che consentirà di non approvvigionarsi più dentro la conca ternana, l’attenzione dovrà essere massima».

La ThyssenKrupp Ast

La ThyssenKrupp Ast

La ThyssenKrupp È uno stabilimento, aveva illustrato il direttore di Arpa, «che, per esempio, ha 72 camini. Al momento attuale l’Arpa ha in tutto tre persone abilitate ad andare al camino e a fare campionamenti, una delle quali per fortuna non ha avuto nessun infortunio. Per farla breve, su questo tema delle emissioni stiamo vedendo tutto ciò che si può fare, in particolare con i droni, perché il futuro dei camini è mandare su il drone e fare i campionamenti da lassù. I problemi esistono, ma abbiamo visto insieme e avete visto con i vostri occhi come la discarica rappresenti uno dei limiti molto seri, soprattutto nel caso in cui non scattassero nuove tecnologie e nuove soluzioni, non avendo più sfogo e non essendo immaginabile caricare su dei treni 380.000 tonnellate di scorie per farle viaggiare avanti e indietro».

La Elettrocarbonium di Narni

La Elettrocarbonium di Narni

La chimica I problemi a Terni «sono rilevanti. Ci sono aree non bonificate particolarmente importanti tra Terni e Narni. Vedete che a Narni c’è quel gigantesco camino, che tocca quasi la città alta, che era Elettrocarbonium. Ce n’erano solo due in Italia che facevano il carborundo, uno lì e uno ad Ascoli Piceno. Sono tra gli impianti più pericolosi al mondo. Nell’area cosiddetta ‘Basell’, una volta Montedison, abbiamo scoperto che ci sono addirittura dei complessi da togliere, una sorta di siluri che erano serbatoi interrati di materiali pericolosi, che sono lì da 30-40-50 anni».

 

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