Rogo ThyssenKrupp: «Colpa imponente»

Terni, pubblicate le motivazioni con le quali la Corte di cassazione ha reso definitive le condanne, tra gli altri, di Marco Pucci e Daniele Moroni

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Sono parole pesantissime, quelle contenute nelle motivazioni – pubblicate nella giornata di lunedì – addotte dalla Corte di cassazione per emettere la sentenza definitiva con la quale – il 13 maggio scorso – aveva messo la parola fine al processo per il tragico rogo nel quale, nella notte tra il 5 e il 6 dicembre del 2007, bruciarono vivi sette operai.

Marco Pucci

Marco Pucci

«Colpa imponente» I supremi giudici parlano di «colpa imponente», riferendosi ad Harald Espenhahn e agli altri cinque manager del gruppo condannati (due dei quali, Marco Pucci e Daniele Moroni, sono in carcere a Terni; come dietro le sbarre sono altri due manager italiani; Cosimo Cafueri e Raffaele Salerno; mentre Hespenhahn e Gerald Priegnitz sono liberi in Germania) e questo, aggiunto al resto delle motivazioni, potrebbe rappresentare una pietra tombale sulle speranze di ottenere, prima a poi, una riduzione della pena.

Daniele Moroni

Daniele Moroni

Le «inosservanze» A giudizio della Corte di cassazione, infatti, ci sarebbe «colpa imponente per la consapevolezza che gli imputati avevano maturato del tragico evento prima che poi ebbe a realizzarsi, sia per la pluralità e per la reiterazione delle condotte antidoverose riferite a ciascuno di essi che, sinergicamente, avevano confluito nel determinare una situazione di attuale e latente pericolo per la vita e per la integrità fisica dei lavoratori», ma anche per «la imponente serie di inosservanze a specifiche disposizioni infortunistiche di carattere primario e secondario, non ultima la disposizione del piano di sicurezza che impegnava gli stessi lavoratori in prima battuta a fronteggiare gli inneschi di incendio, dotati di mezzi di spegnimento a breve gittata, ritenuti inadeguati e a evitare di rivolgersi a presidi esterni di pubblico intervento».

Harald Espenhahn

Harald Espenhahn

Parole come pietre I supremi giudici parlano espressamente di «scellerate strategie aziendali», di una «serie impressionante di violazioni a regole cautelari nel settore della programmazione, prevenzione e adozione di sistemi antinfortunistici», di «camuffamento della situazione di progressivo rallentamento della sicurezza, gravido di insidie per le maestranze» e di «volontario temporeggiamento». Per chi è in carcere queste parole peseranno come pietre, mentre su chi sta fuori, in Germania, non si sa.

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