La favola di Imelda che a 90 anni è sul banco per la maturità. Un esempio per tutti noi

Mercoledì mattina ha sostenuto la prova di Italiano. «Ho sempre voluto fare la maestra. La laurea? Chissà»

Condividi questo articolo su

LE FOTO

Imelda Starnini


Riceviamo e pubblichiamo dal Comune di Città di Castello, a firma di Giorgio Galvani

La ‘nonna’ della maturità che sogna anche la ‘laurea’. A 90 anni compiuti ha deciso di rimettersi a studiare giorno e notte per conseguire il diploma di maturità e coronare il sogno di una vita, quello di diventare una maestra, almeno sulla ‘carta’. È senza dubbio straordinaria, vera, ricca di significati e valori da trasmettere alle giovani generazioni, la storia di Imelda Starnini, classe 1933 che, dopo aver spento lo scorso 3 febbraio ben 90 candeline sulla torta di compleanno, ha deciso senza battere ciglia di iscriversi come candidata ‘esterna’ all’esame di maturità all’istituto San Francesco di Sales di Città di Castello (paritaria, scuola pubblica, unica in Europa, la cui fondazione risale al 1816) una volta conosciuto come la scuola ‘magistrale’, da qualche anno sede anche del liceo ad indirizzo socio-psico-pedagogico.

Un polo scolastico nel centro storico di Città di Castello fra cattedrale, palazzo comunale e torre civica che per decenni ha formato maestre e maestri da sempre fiore all’occhiello della città. E proprio in quell’istituto, nel lungo corridoio al secondo piano che attraversa l’ingresso delle classi, mercoledì mattina poco dopo le ore 8, come peraltro in tutte le scuole italiane, Imelda si è seduta in un banco a poca distanza dalla cattedra, per sostenere la prima prova scritta di italiano, ‘maturanda’ dell’esercito di 536 mila aspiranti a livello nazionale, di cui 7.507 umbri e circa 400 tifernati.

Finalmente l’agognata campanella, il sogno di una vita, ha suonato anche per lei. Sei ore per svolgere una delle sette tracce proposte dal ministero: poi domani, giovedi 22 giugno, sarà la volta della seconda prova scritta e a seguire la prossima settimana il colloquio finale prima del ‘verdetto’. «Senza sacrificio non si ottiene nulla nella vita ed a questa età ho deciso di rimettermi in gioco ed affrontare questo esame, un obiettivo che ho rincorso da sempre ma che per varie ragioni, familiari e di lavoro mi è sfuggito. Ora sono qui e grazie all’aiuto della mia famiglia inizio il percorso di prove, che spero, mi condurranno ad ottenere il diploma», precisa con piglio e orgoglio nonna Imelda, prima di iniziare a scrivere assieme agli altri maturandi che potrebbero essere tutti suoi nipoti, con cui ha condiviso durante l’anno momenti di formazione e studio in comune.

«Li abbraccio tutti questi bellissimi giovani che oggi qui con me ed in tutta Italia sono pronti a superare gli ostacoli degli esami: lo studio, il sapere e il desiderio di conoscere non hanno età ed io ne sono la dimostrazione. Bisogna crederci, così mi hanno insegnato i miei genitori. Avanti ragazzi ora non si scherza più», conclude sorridente l’arzilla aspirante maestra di Città di Castello, da oggi simbolo dell’esercito di maturandi che pensa anche alla laurea: «Perché no, nella vita nulla è impossibile basta volerlo e poi a me studiare piace molto».

Una vera e propria ‘mascotte’ Imelda Starnini, di questa tornata estiva degli esami di maturità che segnano il ritorno alla normalità dopo i periodi bui e difficili segnati dal Covid con tutte le restrizioni connesse. Figlia di mamma, Veronica e papà Giulio, nata a Selci Umbro nel comune di San Giustino, seconda di quattro fratelli (Laura, Cecilia e Pietro), Imelda ha vissuto un’infanzia serena sia pur contraddistinta dalle difficoltà economiche del periodo. Ha frequentato la scuola elementare a Selci: racconta che furono anni difficili legati alla guerra dove le lezioni erano spesse interrotte dalla sirena delle officine meccaniche Nardi (simbolo del comparto metalmeccanico) che segnalava i possibili bombardamenti. «Si correva a casa e spesso si doveva sfollare in campagna».

Molto legata alla figura dello zio Eligio Starnini, uomo colto e altruista, che si occupò tra l’altro della demolizione e ricostruzione dell’aereoporto Sant’Egidio di Perugia, sindaco di San Giustino in un periodo dove c’era la miseria e la ‘tessera annonaria’ che definiva quanta farina e generi alimentari si potevano avere al mese per ogni famiglia. Imelda racconta che Eligio spesso cedeva la propria parte alle mamme con tanti bambini. Lo zio, sposato con Rosina, non poteva avere figli e aveva preso a cuore la nipote, ragazzina educata e volenterosa, promettendole che appena la guerra fosse finita «ci avrebbe tirato fuori una maestra»: purtroppo lo zio morì improvvisamente all’età di 40 anni, infrangendo i sogni di Imelda. La zia Rosina, rimasta vedova, chiese alla mamma di Imelda di lasciare che la bambina andasse a vivere con lei. Imelda soffrì molto il distacco dai propri genitori e dai fratelli, ma per le situazioni economiche dell’epoca sembrava essere una buona soluzione anche per poterle offrire la possibilità di studiare.

La zia Rosina, donna benestante, ma molto severa, non portò avanti i desideri dello zio Eligio, non la fece studiare per diventare maestra elementare, ma la iscrisse ad una scuola di taglio e cucito. Gli anni passavano, Imelda è sempre stata una ragazza curiosa e impegnata riuscendo a prendere la patente di guida tra le primissime donne d’Italia e a Selci con la sua ‘Giardinetta Belvedere’ era un supporto per tantissime persone, accompagnava spesso tutti quelli che avevano bisogno di muoversi fuori dal paese. Anche nel periodo della tubercolosi portava i figli a vedere i genitori nel sanatorio di Città di Castello, tanto che, fortunatamente in maniera non grave, anche lei contrasse la malattia.

La casa della zia Rosina, che si occupava di amministrazione dei campi, era frequentata da gente di Selci, tra i quali il parroco, don Marcello Mercatelli, che veniva spesso a richiedere lavoro per le persone più povere e bisognose. Don Marcello era un bel ragazzo, primo di cinque fratelli tutti maschi, che per le usanze dell’epoca dovette studiare in seminario e si consacrò sacerdote; colto e illuminato, si occupò tra l’altro della costruzione dell’asilo della banca del paese ed era amato da tutti. Imelda e Marcello si conoscono meglio e si innamorano, situazione sicuramente ‘non facile’ da gestire per quell’epoca, non vista certo di buon occhio: ma non volendo rimanere ‘nascosti’, don Marcello chiese al papa Paolo VI la dispensa dai Voti sacerdotali e pur rimanendo profondamente religioso, riuscì a sposare Imelda, dalla quale unione nacquero due figli, Luca e Sara e, successivamente tre nipoti (Chiara, Samuele, Leonardo e un bisnipote Lorenzo).

Gli eventi della vita comunque non hanno permesso a Imelda di realizzare il suo desiderio e nonostante, nel 1978, già mamma di due bambini, ma con tanta voglia di studiare, conseguì il diploma di licenza della scuola media, ancora oggi ultranovantenne – precisa la figlia Sara – «tutti i giorni racconta di essere tanto dispiaciuta per non essere diventata maestra, il suo sogno più grande», poi aggiunge con le lacrime agli occhi: «Ora è troppo tardi. Per tutto questo – conclude Sara – abbiamo chiesto la possibilità al professor Simone Polchi, dirigente scolastico dell’istituto San Francesco di Sales, di aiutarci ad esaudire questo desiderio della mamma. Ed oggi Imelda è in classe pronta a rincorrere il sogno di una vita».

Il dirigente scolastico ricorda bene quel momento. «Quando Imelda si presentò da me, insieme a sua figlia Sara, all’inizio dell’anno scolastico 2022/2023 – spiega Simone Polchi – capii subito che si trattava di una storia straordinaria e di un esempio per tutti i nostri ragazzi. Imelda a 90 anni ha avuto per tutta la vita il sogno di fare la maestra, un sogno che però la vita non le ha concesso di realizzare ma che lei è ancora qui a chiedere. Per tutta la sua vita ha desiderato fare l’istituto magistrale alle Salesiane che, oltre ad essere l’’unico in Umbria fino al 1996, ha sempre rappresentato anche per l’Alta Valle del Tevere, il punto di partenza per tutte le ragazze che avessero voluto fare le maestre o le insegnanti nella vita. Quando, ad aprile 2023, abbiamo fatto le simulazioni dell’esame scritto, l’ho fatta venire e i ragazzi, diciannovenni e suoi compagni d’esame, si sono chiesti: ma è possibile avere questo desiderio a 90 anni? Ma, allora, il motivo per cui studio quale è? Tutti hanno compreso il messaggio chiaro: nella vita non è importante studiare per il diploma, è importante studiare per desiderare, è importante tenere la domanda aperta, essere curiosi, avere il gusto di imparare, di conoscere, avere un sogno grande anzi, direi, nella vita è importante desiderare l’impossibile. Questo è l’insegnamento più grande che Imelda lascia a me e a tutte le nuove generazioni».

A tenere a battesimo una giornata davvero speciale per Imelda e per tutti gli studenti, anche le istituzioni locali, rappresentate dai sindaci di Città di Castello e San Giustino, Luca Secondi e Paolo Fratini, attraverso gli assessori alle politiche scolastiche dei due comuni limitrofi, Letizia Guerri e Milena Crispoltoni. «Crediamo – affermano – di poter dire che la storia di Imelda sia una sorta di favola che diventa finalmente, oggi, una bella realtà. Una testimonianza forte, foriera di notevoli e diversi significati per ognuno di noi, adulto, giovane o adolescente che sia. Per noi adulti, la tenacia di Imelda è un incoraggiamento a continuare ad apprendere, un ‘non è mai troppo tardi’ come avrebbe detto il maestro Manzi. Per i giovani, un input a non arrendersi, a non perdere le speranze, soprattutto in questi anni in cui, per motivazioni diverse, sempre più spesso purtroppo parliamo di drop out, abbandono e dispersione scolastica. In Europa siamo terzi dopo Spagna e Romania: che sia, quindi, la tenacia e la forza di volontà di Imelda un segno forte anche per le giovani generazioni a superare gli ostacoli e a saper considerare la scuola uno strumento fondamentale di crescita personale».


PARLA IMELDA – VIDEO

Condividi questo articolo su
Condividi questo articolo su

Ultimi 30 articoli