Terni, casa revocata: «Ma ero in ospedale»

Il racconto di una donna a cui hanno tolto l’alloggio popolare: «Sono stata ricoverata nove mesi e nessuno mi ha detto nulla»

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La casa tanto desiderata e finalmente ottenuta ad ottobre del 2013. Un alloggio popolare, in via fratelli Cervi, dove far crescere due figlie senza più la preoccupazione opprimente di dover trovare un tetto per la sua famiglia. Un sogno spezzato dalla legge che, in quanto tale, ‘non ammette ignoranza’. Ma lei non l’ha mandata giù: «Perché ora non so dove andare e perché io in quella casa non mi ci sono potuta trasferire subito per problemi di salute. Avevo iniziato a portarci un po’ di cose ma poi sono rimasta incinta e la gravidanza è stata difficile».

IL RACCONTO DI VALERIA: VIDEO

Il racconto A parlare è Valeria, 39 anni e origini brasiliane, a Terni da anni e un lavoro come badante. Dopo aver ottenuto l’appartamento, all’inizio del 2014 è rimasta incinta: «Sono dovuta restare a letto per tutto il periodo della gravidanza, ricoverata a Roma per nove mesi senza potermi alzare. Il rischio era altissimo ma poi alla fine è andato tutto bene, ringraziando Dio».

Nuova vita Dopo aver dato alla luce una splendida bimba, la donna prende armi e bagagli e inizia ad organizzarsi per il trasloco: «Per tutto il periodo della gravidanza – racconta – i miei familiari si sono preoccupati di andare a ritirare la posta e le bollette, visto che avevo già intestato tutte le utenze e stabilito lì la mia residenza. In tutto quel periodo non ho ricevuto alcuna comunicazione relativa alla possibilità che la casa mi venisse tolta. E infatti dopo aver partorito, ho iniziato a darmi da fare per andare a vivere nell’appartamento».

Amara sorpresa La decadenza dell’assegnazione dell’alloggio scatta in realtà a settembre del 2014 quando la donna è ancora in ospedale. Lei lo scopre qualche mese dopo, a febbraio, quando tenta di trasferirsi in quella che pensava essere ancora la sua casa: «Ho trovato la serratura cambiata e mi sono spaventata. Pensavo che qualcuno l’avesse occupata». Scattano a quel punto le verifiche e la signora scopre che il suo sogno è stato spezzato: «Il mondo mi è crollato addosso, con due figlie minori e di nuovo senza un tetto. Ho tutti i documenti che dimostrano che la mia assenza era dovuta a problemi di salute. Non potevo perdere mia figlia per traslocare».

Sigilli e ricorso Ora sulla porta sono spuntati anche i sigilli con tanto di ‘barriera’ di compensato: «Il Comune mi ha dato 15 giorni per togliere tutto quello che ho dentro. Immaginate solo come possa stare». Per difendere le proprie ragioni, la donna ha nominato anche un legale, l’avvocato Giuseppe Cignitti di Roma: «L’eventuale atto di decadenza – spiega quest’ultimo – deve essere comunicato formalmente perché il soggetto interessato deve avere la possibilità di difendersi. Questo c’è stato finora negato ed ho scritto all’Ater per avere quegli atti e documenti che possano aiutarci a capire cosa sia effettivamente successo». Il tutto in vista anche di un possibile ricorso al Tar.

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