Terni, i truffatori si ‘fregavano’ fra di loro

Nuovi dettagli sull’indagine nata sull’asse Terni-Napoli e che ha portato i carabinieri ad arrestare un clan specializzato nel raggirare anziani

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Truffatori fino al midollo, tanto da ‘fregarsi’ pure a vicenda per mettere le mani su qualche euro in più, sotto forma di preziosi da piazzare poi in qualche ‘compro oro’ a Napoli. Emerge anche questo dalle indagini dei carabinieri del nucleo investigativo di Terni che, diretti dal maggiore Giuseppe Nardò, unitamente alla procura ternana hanno sgominato con l’operazione ‘Mai peggio’ un’associazione a delinquere capace di mettere a segno centinaia – quelli documentati sono circa 300 – raggiri ai danni di persone anziane residenti in quasi tutto il centro-sud. Dieci in tutto gli indagati, di cui otto agli arresti: tutti residenti a Napoli e fra loro anche una donna.

‘MAI PEGGIO’, L’INDAGINE

«Rischiamo tanto e prendiamo poco»

In pratica il ‘capo’ del sodalizio – dai metodi non certo teneri con la ‘manovalanza’ – aveva fissato percentuali precise per la spartizione dei proventi delle truffe fra tutti i componenti. Con il passare del tempo, però, alcuni degli ‘esattori’ avevano iniziato a convincersi che, insomma, quelle cifre non erano adeguate per chi ogni giorno rischiava di essere scoperto e arrestato, a differenza di chi se ne stava tranquillo a Napoli a gestire il ‘giro’. Questioni quasi sindacali, in pratica, risolte a modo loro dagli scagnozzi, cioè truffando.

La contromisura

In pratica, dall’inchiesta è emerso che questi ‘operai’ avevano iniziato a trattenere per sé – all’insaputa del capo – una parte dei proventi. Ma il boss se n’era poi accorto e come contromisura aveva – sic – iniziato a chiedere alle anziane vittime, quando al telefono si spacciava per carabiniere, quanti preziosi (nel dettaglio) avessero in casa, con la scusa di stimarli accuratamente. E intanto redigeva la lista da confrontare poi con ciò che i trasfertisti riportavano a casa.

Contropaccotto

Di fronte alle incongruenze, altre liti e altri casini. Ma non poteva finire lì, d’altronde siamo di fronte a specialisti della fregatura. Per replicare alla contromisura del vertice, così, la ‘manovalanza’ aveva iniziato in vari casi ad appropriarsi dei gioielli, sostituendoli con altri falsi o di nessun valore per mantenerne inalterato il numero: «Ma noi non possiamo sapere se quello che ci consegnano è davvero oro oppure immondizia», era stata la giustificazione al capo che si era sentito nuovamente preso in giro. Roba da ridere, se non ci fossero di mezzo centinaia di persone innocenti, deboli spesso in ragione anche delle proprie condizioni di salute, colpite nell’intimo e spesso senza più fiducia.

Il dramma

Come quella donna – una vedova – che non aveva più altro in casa che le fedi nuziali, sua e del marito scomparso. I malviventi, di fronte alle sue lacrime («È l’ultima cosa che mi resta di lui, non ho altro») non si erano fatti impietosire. E avevano sentenziato: «È necessario che ce le dia», sfilandole gli anelli dal dito. Nessuna pietà neppure di fronte alle lacrime di una donna sola e disperata.

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