Terni, ‘untrice’ di Tbc: «La Usl deve pagare»

500 mila euro: è il risarcimento chiesto da una donna che per una diagnosi errata, avrebbe finito per contagiare altre sei persone

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Oltre 500 mila euro di risarcimento da parte della Usl Umbria 2: questa la richiesta formulata attraverso l’avvocato Fabio Lancia del foro di Terni – che ha citato in giudizio l’azienda sanitaria con prima udienza fissata per il 26 settembre di fronte al giudice civile Manuela Olivieri – da una 28enne di origini rumene che, affetta da tubercolosi polmonare bacillifera, nel 2013 aveva finito per contagiare il marito, i due figli di appena 5 e 4 anni di età, un parente, due amici di famiglia e un loro figlio di 6 anni a causa – questa la tesi sostenuta – di gravi ritardi e inefficienze nella diagnosi della patologia.

La vicenda Nel marzo del 2013 la donna, affetta da una tosse persistente accompagnata da febbre, si era fatta visitare dal medico curante che le aveva prescritto una terapia antibiotica. Di fronte all’assenza di miglioramenti, era tornata dal professionista e dal suo sostituto per vederci più chiaro. Risultato: altri antibiotici associati ad antistaminici, completamente inutili visto poi quello che sarebbe stato accertato.

Sette mesi dopo E infatti, sfiancata dalla tosse e dal malessere, sette mesi dopo – il 30 ottobre – la giovane mamma, dietro prescrizione medica, aveva effettuato una radiografia al torace da cui era emersa una probabile tubercolosi in atto. Un riscontro che, secondo il legale che la assiste, era stato ancora una volta sottovalutato dai medici di base che non avrebbero prescritto ulteriori indagini né terapie appropriate per fronteggiare la grave patologia.

La scoperta Di fronte ad un ulteriore peggioramento delle condizioni di salute, a dicembre la donna si era recata direttamente in ospedale, prima a Narni e poi a Terni, dove le era stata accertata la Tbc in uno stadio molto avanzato, con conseguente trattamento in isolamento. Un ricovero-lampo di tre giorni, finito fra i vari aspetti contestati attraverso la causa civile intentata dalla 28enne nei confronti dell’azienda sanitaria.

Conseguenze Oggi la donna sta meglio – anche se dopo il lungo ricovero in un centro specializzato del nord Italia era arrivata a perdere fino a dieci chili di peso – e, al pari dei contagiati, viene tenuta sotto controllo per evitare che la malattia possa manifestarsi di nuovo. Fortunatamente nessuno di loro, a partire dai tre bimbi, ha più accusato problemi. Anche se il timore resta e fa il paio con i disagi e i soldi spesi per le cure, a fronte di una situazione di cui tutti gli involontari protagonisti avrebbero fatto volentieri a meno.

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