Test sierologici: «Utili ma non danno ‘patente di immunità’»

Il protocollo della Regione Umbria che fissa le prescrizioni per i laboratori privati: «Criticità esistenti ma bisogna mettere in atto tutte le procedure per la gestione del contagio»

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di F.L.

Un eventuale risultato negativo di un test sierologico per covid-19 «non esclude la possibilità di un’infezione in atto in fase precoce e il relativo rischio di contagiosità dell’individuo per il fisiologico ritardo della risposta anticorpale al virus (periodo finestra)». D’altro canto un’eventuale positività, in assenza di infezione in atto, «non costituisce invece una prova di immunità protettiva e non può fornire al soggetto nessuna ‘patente di immunità’». Parte da queste prudenti premesse – che mettono in evidenza le criticità ancora esistenti sull’attedibilità degli accertamenti – il protocollo definito dalla Regione per l’esecuzione dei test sierologici presso i laboratori privati. Dovute precisazioni, alle quali fa però seguito la considerazione che «resta comunque stabilito che, ad oggi, il test molecolare è il solo in grado di identificare i soggetti infetti e potenzialmente diffusori di infezione». Per questo palazzo Donini ha stabilito una serie di prescrizioni.

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Tutte le regole previste

Il test – come già annunciato dalla Regione – deve essere eseguito previa prescrizione di un medico. L’esecuzione dell’esame deve avvenire nel rispetto di rigidi protocolli di sicurezza e protezione definiti dal laboratorio, per evitare la diffusione del contagio. Deve essere raccolto il consenso informato del soggetto all’esecuzione del test e alla trasmissione dei risultati, ai fini del controllo epidemiologico, ai competenti servizi igiene sanità pubblica dell’Asl. L’informazione al soggetto deve specificare: le caratteristiche del test; le finalità, i limiti e il significato dei risultati del test; la necessità di trasmissione dei dati anagrafici e seriologici all’azienda sanitaria di assistenza per le esigenze di sorveglianza e tutela della salute pubblica; la necessità di permanere a domicilio in isolamento volontario in caso di positività seriologica, nel rispetto delle indicazioni dettate dal competente Isp, in attesa dell’esecuzione di un test molecolare e del relativo referto; l’evoluzione dell’iter, ovvero che in caso di positività del test molecolare, si attiva l’isolamento contumaciale.

Cosa fare se l’esame è positivo

In caso di positività del test, si deve invitare il soggetto a rientrare al proprio domicilio e quindi a mantenere l’isolamento, anche dai propri familiari almeno fino al risultato di un tampone molecolare programmato dall’Isp comptente per territorio che gestirà il caso. Chi ha effettuato il test sierologico deve immediatamente segnalare il caso positivo al servizio di igiene e sanità pubblica competente per territorio per i provvedimenti del caso, inoltre anche per i test sierologici rapidi in immuno-cromatografia deve essere garantita la tracciabilità della prestazione e la presenza di un referto firmato, contenente le specifiche del test utilizzato. L’esito del test, sia positivo che negativo, deve essere comunicato all’azienda sanitaria, tramite inserimento nei sistemi informatici regionali di biosorveglianza.

Come funzionano i test e quali sono

I test sierologici misurano la risposta anticorpale che consegue al contatto con il virus Sars-CoV2. La cinetica di comparsa degli anticorpi, in particolare di IgM e IgG, è caratterizzata da un innalzamento, dopo qualche giorno dall’infezione, delle IgM, la cui concentrazione nel sangue si riduce poi abbastanza rapidamente; segue, con un ritardo di qualche giorno dall’innalzamento delle prime, la comparsa delle IgG che persistono per un tempo più lungo. I principali test sierologici attualmente disponibili utilizzano diverse metodiche. I primi sono i test sierologici rapidi in immuno-cromatografia (Cards) che permettono di rilevare, dai 15 minuti circa, la presenza, con analisi qualitativa, di anticorpi IgM e IgG contro Sars-CoV2 con prelievo di sangue capillare o venoso. L’altra tipologia sono i test in chemiluminescenza indiretta (Clia) e in Elisa, effettuabili in laboratorio, che effettuano un dosaggio qualitativo delle immunoglobuline su sangue venoso (da prelievo ematico) e che si stanno sperimentando in numerosi laboratori in diverse regioni. In commercio anche un test semiquantitativo con lettura in fluorescenza (Poct) con prelievo di sangue capillare.

Le altre criticità

Sono soprattutto i test qualitativI rapidi a presentare le maggiori criticità: forniscono – si legge sempre nel documento della Regione – esclusivamente una risposta qualitativa, che impedisce di seguire nel tempo la cinetica anticorpale; per molti kit presenti sul mercato manca ancora una procedura di validazione, per cui non si dispone di dati certi sulla specificità e sulla sensibilità; inoltre il loro uso si può prestare a modalità che non ne garantiscono la tracciabilità e la refertabilità. Detto questo, rileva ancora la Regione, «l’infezione da Sars CoV 2 sta ponendo enormi problemi di sanità pubblica, per cui è necessario mettere in atto tutte le procedure per una gestione coerente dei pazienti da parte del servizio sanitario, che ha la necessità di assicurare, in condizioni di emergenza, il controllo di tutte le attività di gestione» della pandemia.

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