Tk-Ast, ‘Do ut des’: parte la controffensiva

Sei dei coinvolti nell’indagine su presunte estorsioni in Ast attaccano Cristian Spina, l’imprenditore che li aveva denunciati. Che replica

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La vicenda giudiziaria è quella che ha preso le mosse dall’indagine ‘Do ut des’ con cui la Forestale di Terni, coordinata dal pm Elisabetta Massini e in seguito alle denunce dell’imprenditore ternano Cristian Spina, titolare della Misp Automation, aveva portato alla luce una presunta associazione a delinquere con finalità estorsive tutta ‘interna’ all’acciaieria. Al tempo, era il marzo del 2015, undici persone erano finite nel registro degli indagati. Ora alcune di loro vanno al contrattacco e sparano a ‘palle incatenate’ contro il titolare della Misp.

Il fondo A distanza di oltre un anno, dopo le richieste di rinvio a giudizio con cui la procura ha escluso il reato associativo, archiviato alcune posizione e rimodulato – in qualche caso ‘alleggerito’ – le contestazioni iniziali, alcune delle persone coinvolte nell’indagine vanno all’attacco e chiedono alla prefettura di Terni – attraverso una lettera – di estromettere colui che li ha denunciati, Cristian Spina, dall’accesso al fondo antiusura-antiestorsioni.

Firmatari A firmare la missiva sono Walter Maffeo (la cui posizione è stata già archiviata dalla procura), Marco Freddo, Arturo Ferrucci, Corrado Vicentini, Fabio Paciotti. Ad assisterli, gli avvocati Manlio Morcella, Roberto Galeazzi e Roberto Spoldi.

«Denunce pretestuose» «Nel novembre 2013 – scrivono – Cristian Spina ha chiesto e ottenuto di accedere al fondo antiusura. Un’iniziativa oggettivamente strumentale, come in parte dimostrano le archiviazioni susseguenti le sue denunce, presentate per sostenere pretestuosamente e giustificare l’istanza di ammissione al predetto fondo».

«Accusa falsa» «Il nocciolo della denuncia inoltrata dal signor Spina in danno di chi scrive, si incentra sull’aver dovuto subire, come estorto, la qualifica di terzo responsabile nell’appalto Ast delle caldaie. Senza che però abbia specificato non tanto che ciò era previsto nella specifica tecnica di appalto, quanto piuttosto che il pericolo per la collettività insito nella gestione di tali caldaie era ed è stato da lui prospettato in maniera falsa. Poiché Spina-Misp si sarebbero dovute interessare della manutenzione delle sole caldaie ad uso civile, il cui non funzionamento porta, al più, alla non erogazione di acqua calda, e non mai di quelle industriali, da sempre rimaste nella conduzione diretta del personale Ast».

La richiesta «L’evidenza della strumentalità della spregiudicata iniziativa posta in essere dal signor Spina – spiegano i firmatari della lettera – non può prescindere da un Suo (riferito al prefetto, ndR) intervento che determini l’immediata estromissione di Spina-Misp dall’accesso al fondo antiusura. La ditta Misp versava in avanzato stato di decozione, a prescindere dalle favole delle estorsioni che il suo titolare avrebbe subito dagli scriventi, e lo provano la moltitudine di debiti e pignoramenti comunque preesistenti ed autonomi dalle inconfigurabili estorsioni che avrebbero perpretrato i sottoscritti. Mediante la strumentale denuncia, Cristian Spina ha potuto immeritatamente accedere al fondo antiusura e salvarsi, per adesso, dal fallimento, quando in converso i sottoscritti sono stati sospesi dal lavoro (quantunque retribuiti) sin dal marzo 2015». La missiva, oltre che alla prefettura, è indirizzata anche alla procura di Terni che «dovrebbe rinunciare all’esercizio dell’azione penale rispetto ai pochi residui addebiti rimasti in essere».

La replica Pronta la replica del legale di Spina, l’avvocato Carlo Viola: «Il mio assistito non ha mai preso un euro dal fondo vittime anti usura e anti estorsione – afferma – e ciò sebbene il procedimento vada avanti da tre anni e il pm, nella richiesta di rinvio a giudizio del 15 febbraio scorso, abbia contestato ben cinque diverse ipotesi estorsive in danno di Spina e della Misp. Per questo il mio assistito ritiene la segnalazione totalmente infondata e risponderà alla stessa in tempi assolutamente brevi». Oltre al legale, è lo stesso Cristian Spina a replicare: «L’azione intrapresa – afferma – è a dir poco priva di fondamento e alquanto offensiva, in quanto non ho mai percepito alcun fondo. Inoltre viene completamente messo in dubbio l’operato delle istituzioni prefettizie che stanno esaminando la pratica di richiesta al fondo con grande scrupolo, da quasi tre anni, ed hanno più volte richiesto al pm Elisabetta Massini di esprimersi, come per legge, sulla sostanza delle denunce promosse dal sottoscritto e confermate da centinaia di atti di indagine del Corpo forestale dello Stato. Non voglio scendere in polemica – dice il titolare della Misp – con i difensori degli indagati e con i loro assistiti per le falsità di nuovo affermate dei miei confronti, ma credo che sia inaccettabile denigrare il lavoro e la serietà di figure apicali dello Stato, per spostare l’attenzione pubblica su vicende che sono assolutamente complementari ai fatti realmente accaduti ed alla documentazione emersa. Colgo inoltre l’occasione per esprimere e rinnovare la mia estrema fiducia e stima nei confronti del pubblico ministero e di tutto il personale prefettizio e della magistratura».

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