Todi, immigrazione: «Ci sono criticità»

Per l’assessore ai servizi sociali Alessia Marta, «si sta facendo tanto rumore per nulla, o meglio senza riuscire a centrare il cuore della questione. Un’altra accoglienza è possibile»

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Alessia Marta

di Alessia Marta
Assessore ai servizi sociali del Comune di Todi

Ad oltre un mese dall’arrivo in città di sei minori straniere non accompagnate nell’ambito del progetto di accoglienza ‘Todi Msna’ è tempo di bilanci. Doverosa è la premessa per cui il ministro dell’interno Alfano attraverso un accordo firmato con l’Anci impegna ogni Comune ad accogliere 3,5 migranti ogni 100 abitanti.

I centri Sprar e Fami presenti sul territorio di Todi ospitano 42 migranti, un numero ben inferiore a quello previsto da tale accordo. Le strutture inoltre ci permettono di non avere accoglienza in emergenza, pratica molto diffusa nelle città più grandi e che non prevede nessun tipo di progetto e finanziamento.

Il centro Fami di seconda accoglienza, che invece nasce proprio da un progetto per il quale riceve un proficuo finanziamento dal Ministero dell’interno di circa 400 mila euro in due anni e che l’amministrazione Ruggiano ha ereditato a sorpresa dal precedente sindaco Rossini, ospita attualmente 6 ragazze – cinque nigeriane e una della Costa d’Avorio – che arrivano da altri centri Fami o da altre strutture di prima accoglienza. Le ragazze sono tutte provenienti dalla tratta della prostituzione: dopo più di un mese di permanenza per loro è stato attivato un corso di alfabetizzazione, ma non è operativo alcun percorso formativo, a cui dovrebbe seguire un servizio di orientamento ed inserimento lavorativo, così come previsto dal progetto.

Questa accoglienza che stenta a partire ha determinato una crescente insofferenza nelle ragazze, creando anche situazioni anomale più volte segnalate dai cittadini. Per loro ci aspettavamo invece una maggiore attenzione e programmaticità degli interventi, vista la criticità della condizione di provenienza, che determina per loro un rischio continuo. Interventi che dovrebbero non solo tutelare la dignità di queste ragazze che hanno alle spalle storie dolorose e pericolose, ma anche salvaguardare il corretto utilizzo dei soldi della collettività che vengono spesi per sostenere questo progetto.

La legge nazionale e il regolamento regionale che disciplinano il funzionamento delle strutture residenziali per minori sottolineano inoltre la necessità, dove possibile, di collocare il minore in famiglia. Da qui la triste costatazione che su tutto il territorio, non solo comunale ma addirittura della nostra zona sociale, è scarsissima la presenza di famiglie affidatarie che, tra l’altro, non vengono assolutamente coinvolte.

Noi crediamo che fino ad oggi non ci sia stata una vera politica volta a sostenere la famiglia non solo nei suoi bisogni, ma anche individuandola come cellula in grado di generare benessere per l’intera società. A cui viene dunque data la possibilità di svolgere un ruolo attivo e positivo nelle situazioni di disagio per le quali viene richiesto l’affidamento del minore. Altri Comuni, come ad esempio quello di Corciano, hanno potuto attuare la loro accoglienza beneficiando di una rete di famiglie affidatarie che, inutile a dire, hanno anche comportato un enorme risparmio per lo Stato e per i Comuni.

Siamo dunque convinti che sia possibile un’altra accoglienza e per questo da subito promuoveremo, non solo con eventi e testimonianze ma con misure concrete, l’affido familiare, con l’obiettivo di costituire quella rete familiare che per noi può essere il vero motore di una società altrimenti vecchia e individualista.

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