Umbria: «Canili lager, colpa di chi specula»

Il Wwf: «A Terni la maglia nera degli affidi, solo il 12%, seguono Perugia con il 31% e il comprensorio del Folignate con il 38%».

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La denuncia è forte. Sauro Presenzini, presidente del Wwf di Perugia parla senza remore di «lobby dei gestori dei canili a spese dei cittadini», di «milioni di euro ‘regalati’ ai privati» e del fatto che «i Comuni stanno a guardare».

Cane, cani, canileGli affidi Per arrivare a dire questo, Presenzini parte da alcuni dati: «A Terni – dice – va la maglia nera degli affidi, solo il 12% e dei costi a carico del cittadino, segue Perugia che riesce ad affidare cani nel 31% dei casi e di poco sopra a questa percentuale, il comprensorio del Folignate con il 38%. Ma al di la dei freddi numeri, ci sono sempre luci e ombre che andremo ad analizzare nel dettaglio per tentare di capire cosa c’è che non va e dove si può migliorare, come dimostrano gli esempi virtuosi delle gestioni nella Asl 1 di Perugia, coordinata dalla dottoressa Stefania Mancini che tramite il progetto ‘RandAgiamo’ in collaborazione con Regione e Università è riuscita ad affidare cani a nuove famiglie nell’anno 2014 addirittura oltre il 200% (ultimo dato disponibile) per un totale di ben 415».

Cane nel canile - 2013I contrasti Si tenga conto, insiste il presidente del Wwf di Perugia, «che a fronte del dato lieto, utile e virtuoso, se ne contrappone un altro in negativo, ovvero la situazione delle galere/canili del Ternano, ove alloggiano ben 1721 cani, a fronte dei quali se ne è riusciti ad affidare complessivamente, soltanto 201. Il peggior canile in assoluto in tema di affidi e dei relativi costi a carico del cittadini è quello di Narni, con 417 cani presenti e soltanto 5 affidi effettuati, seguono il Comune di Terni con 418 cani presenti e solo 11 affidi nel corso del 2014 e  quello di Aquasparta, con 126 presenze e solo 4 affidi. Abbastanza bene invece il canile di Monteargento di Terni con 297 cani presenti e 118 affidi effettuati. Bene il canile di Montefalco (PG) che a fronte dei 27 cani presenti ne è riuscito ad affidare 37 (attingendo cani in stabulazione dagli anni precedenti); malissimo Foligno, che su 50 cani presenti nel canile sanitario di Via Caracciolo, ne è riuscito ad affidare soltanto 1; bene invece Spoleto che a fronte dei 77 presenti ne ha affidati 54. Un dato – insiste – stride più di tutti, è il confronto tra il canile/rifugio di Collestrada gestito dall’Enpa, il quale nell’anno 2014 ha effettuato soltanto 160 affidi a fronte dei 439 cani presenti e il canile sanitario (sempre di Collestrada, a 500 metri di distanza dal canile rifugio Enpa) ma gestito dalla Asl 1: a fronte degli 82 cani presenti nel corso del 2014, ne è riuscita ad affidare ben 206, quasi il triplo della sua capacità, attingendo anche dalle quote dei cani presenti negli anni precedenti».

I fondi Analizzando i dati ufficiali, attacca Sauro Presenzini, «emerge una verità incontrovertibile, ovvero che a fronte dei cospicui finanziamenti che i Comuni generosamente elargiscono complessivamente per milioni di euro, per contenere la piaga del randagismo, privati ed associazioni in convenzione si limitano alla sola somministrazione dei pasti e della pulizia della struttura, ad effettuare gli affidi in maniera generosa ed efficace sembra in questo caso, essere la mano pubblica ed infatti le migliori performance di affidi si hanno per mano delle Asl. Il paradosso è quello di avere una piramide rovesciata, più sono i finanziamenti erogati ai privati e associazioni, minori sono gli affidi effettuati».

La lobby Sembra quasi, polemizza il presidente del Wwf di Perugia, «che ci sia una sorta di lobby dei gestori dei canili, che sembrerebbero avere interessi contrapposti, perché se dovessimo assumere a metro di parametro le percentuali possibili d’affido, effettuate della Asl 1 di Perugia, ora tutti i canili di Terni e Perugia sarebbero vuoti, con milioni di euro di risparmio per le finanze pubbliche. L’esempio portato è reale, concreto e replicabile in una realtà territoriale omogenea, come quella Umbra, si tratta ora di capire quale interesse opaco si possa eventualmente nascondere dietro l’impossibilità materiale (di fatto), di non consentire gli accessi nei canili pubblici, a quelle associazioni di volontariato che dimostrano e hanno dimostrato, di riuscire ad effettuare gli affidi».

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