Umbria caso nazionale: «Sotto la lente di ISS e ministero»

Dati in controtendenza rispetto all’Italia e forte differenza Perugia-Terni. Il timore di possibili varianti è reale. «Le misure per ora sono sufficienti ma valuteremo insieme all’ISS»

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Umbria sotto i riflettori nazionali in fatti di emergenza Covid. Per i dati in forte controtendenza con il contesto nazionale (che si caratterizza per una generale diminuzione dei casi, ndR) ed al tempo stesso molto diversi all’interno della regione, in particolare fra le due province di Perugia e Termi. Sotto la lente di Istituto Superiore di Sanità e ministero della Salute, però, l’Umbria c’è finita anche per i due casi sospetti di ‘variante simil brasiliana’ individuati dall’ISS: venerdì ci sarà l’esito degli altri 42 tamponi inviati per l’approfondimento. Una situazione che, pur avendo incassato il placet dei vertici sanitari nazionali in ordine alle misure (ordinanze e chiusura scuole) applicate nei comuni dove l’incidenza del virus è più alta, non può far dormire sonni tranquilli. Neppure sul piano di eventuali misure straordinarie. Se ne è parlato giovedì pomeriggio, in occasione della conferenza stampa settimanale per analizzare la situazione Covid in Umbria.

UMBRIA E SOSPETTE VARIANTI DEL COVID: «QUALCOSA È ACCADUTO»

Il punto epidemiologico

Così il dottor Marco Cristofori (Usl Umbria 2) del nucleo epidemiologico regionale: «La curva epidemica, dal 24/25 dicembre in poi, ha iniziato a risalire in maniera non esponenziale, ma comunque costante. Questo fa sì che le persone che guariscono siano meno di quelle che si ammalano e quindi anche gli attuali positivi sono in crescita: dato importante nell’ottica del carico sulle strutture sanitarie. L’incidenza di positivi ogni 100 mila abitanti ci dice che fra le due aziende sanitarie e le due province ci sono differenze forti: la Usl Umbria 1 conta un’incidenza di 264 positivi ogni 100 mila cittadini, la Usl Umbria 2 è intorno a 172; in provincia di Perugia il valore è di 273,38 mentre a Terni 83,69. Il Ternano, come andamento, ha analogie con il quadro nazionale: una decrescita, pur non imponente». La collega Carla Bietta, sempre del nucleo epidemiologico, ha spiegato che «i ragazzi sotto i 24 anni rappresentano la fascia più consistente di positivi e, all’interno di questa, la fascia 6-10 anni è quella prevalente (seguono le fasce 11-13 e 0-5 anni, ndR). In provincia di Perugia si conferma tale andamento per le fasce di età più giovani, mentre nel Ternano non c’è una quota così consistente, anzi. Ciò fa ipotizzare una distribuzione diversa nelle due province ma anche all’interno della popolazione». Sui ricoveri: «Aumentano anche nelle intensive e sono tornati ai livelli di novembre. Molti dipendono da cluster ospedalieri. I decessi seguono la curva epidemica e stanno risalendo. Si tratta di una fase delicata in cui serve la massima cautela, senza dubbio».

SPECIALE COVID – UMBRIAON

Umbria, fra ‘zona rossa’ e possibili varianti

L’indice RT stimato negli ultimi 14 giorni – ha detto Cristofori – «è compreso fra 1,14 (stima nucleo epidemiologico Umbria, ndR) e circa 1,25 (stima Istituto Superiore di Sanità, ndR), con poche differenze fra le due aziende sanitarie. L’indice sarebbe sotto il livello da ‘zona rossa’, poi ci sono altri parametri che invece sono compatibili con quello scenario». Rispetto alla possibile applicazione, da parte del ministero della Sanità, della ‘zona rossa’ in Umbria, il direttore regionale della sanità Claudio Dario ha detto che «non sappiamo ancora quale sia l’RT calcolato dalla Fondazione Bruno Kessler che ci verrà inviato fra stasera e domani. La realtà è che in Umbria, dopo le feste natalizie, il trend della curva dei contagi è andato in una direzione opposta rispetto a quello nazionale: le due curve si sono incrociate, in maniera anche ‘violenta’, intorno al 20 gennaio, mantenendo una forbice ampia fra le due province. Abbiamo chiesto alla cabina di monitoraggio nazionale di formalizzare una riunione straordinaria, mercoledì sera, per analizzare insieme tali dati. Ciò perché lunedì era giunta la notizia di due casi di ‘simil variante brasiliana’. Qual è il motivo di questo andamento così particolare rispetto alle altre regioni? Ci sono tre motivi possibili: comportamenti individuali, capacità di contenimento attivo dell’infezione e caratteristiche del virus. La ‘variante inglese’, ad esempio, pesa da sola circa 0,8 sull’indice RT. Se il virus circola con un RT pari a 0,3, con la ‘variante inglese’ siamo già ad 1,3. È chiaro che eventuali interventi di mitigazione si rivelerebbero inefficaci per contenere l’indice al di sotto di 1, se fossero presenti varianti tali da spingere l’incidenza così in alto. In Umbria le misure applicate con successo a novembre, non hanno prodotto lo stesso esito, in termini di contenimento, a gennaio. Questo è un dato di fatto e vogliamo capire il perché».

Perché l’Umbria è ‘caso nazionale’

Sulla ‘variante brasiliana’, Claudio Dario ha aggiunto che «è stata descritta per la prima volta il 10 gennaio in Giappone, poi segnalata in altri continenti e, da quello che risulta, in Italia ci sono stati 3 casi in Abruzzo ed 1 a Varese di persone tornate dal Brasile. Nei nostri casi, con tamponi datati 8 gennaio, non è così: si tratta di soggetti di età avanzata, uno dei quali deceduto, che non hanno evidenziato contatti così ‘esterni’. Il dubbio, a questo punto, è se il fenomeno sia più ampio e precedente. Fra l’altro, non è ancora noto quanto questa variante ‘brasiliana’ possa impattare sull’indice RT». Sulla possibile ‘zona rossa’, l’assessore regionale alla sanità Luca Coletto ha spiegato che «le valutazioni verranno fatte dalla cabina di regia nazionale. La situazione è molto particolare perché con la probabile presenza di varianti, brasiliana piuttosto che inglese, c’è una forte attenzione da parte dell’ISS. E la valutazione sarà in accordo con il ministero. Preoccupano anche le forti differenze territoriali, ma l’Umbria avrà tutte le garanzie del caso perché ci siano le migliori azioni possibili. In questo senso non escludiamo un intervento deciso sul Perugino». «Ogni parola – ha aggiunto Claudio Dario – va pesata: lunedì sono state emanate le ordinanze nei comuni ad elevata incidenza e la cabina di monitoraggio nazionale ha ritenuto coerenti tali misure. Ora vedremo come andranno i prossimi giorni, le due settimane rappresentano un periodo standard per valutare l’efficacia dei provvedimenti. A breve sapremo anche l’esito degli altri 42 tamponi inviati all’ISS per individuare eventuali varianti. La situazione è, come potete capire, complessa e in divenire. In questo momento in Umbria – ha spiegato il direttore regionale della sanità umbra – la situazione è notevolmente attenzionata, non solo da noi, ma anche dal livello nazionale. Situazione che sarà oggetto di ulteriori valutazioni quotidiane e approfondimenti rispetto all’evoluzione». Fra l’altro in Umbria sono stati registrati 220 sanitari su circa 10 mila – fra medici, infermieri ed operatori – positivi al Covid dopo la vaccinazione, per la maggior parte dopo la prima dose: «Temiamo che ci sia stato un eccessivo ‘rilassamento’, sul piano delle misure, da parte di chi ha ricevuto la prima dose del vaccino. In ogni caso il ragionamento su possibili varianti del virus deve riguardare anche tali numeri. Fermo restando che la copertura del vaccino arriva al 96% e quindi ogni 100 persone, 4 possono non essere immuni alla patologia. Non dimentichiamo, infine, che l’immunità arriva 10 giorni dopo l’inoculazione della seconda dose».

Le vaccinazioni in Umbria

Sui vaccini, l’assessore Coletto ha spiegato che «in questi giorni stiamo completando le seconde dosi e dal 12 febbraio inizieranno le prenotazioni per vaccinare gli ultra 80enni. Sia il vaccino Pfizer che Moderna hanno una dose con successivo richiamo. Programmare è necessario per non sprecare nemmeno un vaccino, a maggior ragione dopo aver appreso che il prodotto Astra Zeneca (utilizzabile fino a 55 anni di età su decisione dell’Aifa, ndR) non è al momento inoculabile agli ultra 80enni». Il commissario Covid Massimo D’Angelo ha spiegato che «il vaccino è comunque contingentato. L’intervento è modulato sul numero di dosi attribuite a livello nazionale, oltre a ciò Pfizer e Moderna, che sono i due vaccini su cui si sta orientando ora la campagna, hanno ridotto le dosi da distribuire. In Umbria sono attesi 15 ‘vassoi’ Pfizer (totale 17.550 dosi, ndR) fra l’8 ed il 15 febbraio ed altre 9.512 dosi Moderna fra l’8 e il 22 febbraio. Immaginiamo di vaccinare 20 mila ultra 80enni entro il mese di febbraio e poi, come definito dal piano nazionale, attraverso il prodotto Astra Zeneca verranno vaccinati tutti i soggetti contemplati, compresi gli operatori sanitari privati, medici, odontoiatri, collaboratori, ed anche i soggetti fragili e disabili. Ci saranno specifici punti vaccinali territoriali, uno ogni 40 mila abitanti, come ad esempio alcuni ospedali: Media Valle del Tevere, Orvieto, Gubbio, Città di Castello ed altri. L’ospedale di Perugia – ha detto D’Angelo – non sarà punto vaccinale, per evitare ulteriori sovraccarichi sulla struttura. Alle persone verranno comunicati orario e sede della vaccinazione. Le prenotazioni avverranno tramite numero verde dedicato, medici di base, farmacie ed altre modalità in corso di definizione. Le vaccinazioni a domicilio verranno somministrate nel momento in cui sarà fornito alla Regione un vaccino che non necessiti di particolari condizioni di conservazione e utilizzo. Anche in questo caso si inizierà dalle persone ultrao 80enni che per le loro condizioni cliniche hanno difficoltà di spostamento».

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