Umbria e ‘ndrangheta, maxiprocesso in vista

Un sodalizio ‘ndranghetista radicato e attivo in Umbria dal 2008 – in particolare a Perugia – pronto a intimidire, minacciare e – in caso di necessità – anche dare fuoco ad auto, immobili e ben privati pure di raggiungere i propri scopi estorsivi. La realtà, inquietante, era emersa alla fine del 2014 con l’operazione ‘Quarto passo’ messa a segno dai carabinieri del Ros e dalla Dda di Perugia. Ben 61 gli arresti a cui si era aggiunto il sequestro di beni per oltre 30 milioni di euro.

La richiesta Lunedì mattina di fronte al gup di Perugia, il procuratore aggiunto Antonella Duchini e il sostituto Gemma Miliani hanno ribadito la richiesta di rinvio a giudizio per 58 persone. Pesanti le accuse che vanno dall’associazione a delinquere di stampo mafioso all’estorsione, ma anche usura, truffa, furto, traffico di droga, ricettazione e danneggiamenti. Per due degli indagati è stato chiesto il rito abbreviato mentre un terzo ha chiesto di patteggiare.

«Umbria non è isola felice» Per il gip Alberto Avenoso, che aveva firmato l’ordinanza di custodia cautelare, il gruppo criminale si configura come «un’autonoma associazione composta da soggetti residenti in Umbria da oltre un decennio, i quali, pur avvalendosi dei metodi tipici delle associazioni di tipo mafioso e chiaramente conservando gli originari rapporti di parentela e contiguità con soggetti operanti nella regione di provenienza – la Calabria, ndR – operano autonomamente ed in via esclusiva in Umbria, conservando sempre un basso profilo criminale, al fine di non attirare sull’organizzazione l’attenzione delle forze dell’ordine in un territorio, quale quello umbro, a torto ancora ritenuto da taluni ‘isola felice’ ed invece in via di progressiva mafizzazione».

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