Umbria, Natale spento: turisti assenti

Rolando Fioriti di Federalberghi: «Nell’immaginario collettivo l’Umbria è una realtà interamente devastata dal terremoto. Troppi errori di comunicazione»

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di L.P.

Un centro storico desolato. Complice il grande freddo degli ultimi giorni, è questa la fotografia di Perugia a pochi giorni dal Natale. Non solo il capoluogo, a soffrire è un po’ tutta la regione: alberghi semi vuoti, ristoranti pieni solo il sabato sera, negozi e mercatini troppo poco affollati.

Cesti solidali L’unica nota positiva, secondo quanto rileva Coldiretti, è la spesa per l’agroalimentare, una tendenza che si manifesta in tutta Italia e che sembra andare per la maggiore anche in Umbria. Se cibo e vino sono tra i prodotti più apprezzati tra i regali di Natale, il 39% delle famiglie italiane quest’anno ha scelto regali a km zero e, soprattutto solidali. In tanti, infatti, sotto l’albero metteranno i prodotti tipici provenienti dalle zone del terremoto, sia quelli marchigiani che, soprattutto umbri. Pecorini, norcineria, vino e, immancabili, cotechini e lenticchie di Norcia, Colfiorito e Castelluccio.

Poche prenotazioni Per il resto albergatori, ristoratori e commercianti hanno poco di cui stare allegri. Se il turismo natalizio, in tutta Italia, fa il pieno in regioni come Lombardia, Piemonte, Veneto e Trentino, dove si registra tutto esaurito, lo stesso non può dirsi per le principali città umbre. Da Perugia ad Assisi, passando per Spoleto, Città di Castello, Gubbio e Foligno, se gli alberghi sono pieni è solo perché ci sono gli sfollati del terremoto. Stessa cosa vale per i ristoranti che, registrano buone performance solo nei week end. Male anche il commercio, la corsa ai regali di Natale non è ancora iniziata o sembra procedere troppo a rilento. «Dati certi se ne hanno solo alla fine del periodo delle festività – spiega Rolando Fioriti, direttore di Federalberghi Umbria – ma quello che si percepisce è che il movimento turistico, paragonato a quello dell’anno precedente, che non sta andando come ci si poteva aspettare». Dopo il terremoto del 24 agosto e, soprattutto, le scosse del 30 ottobre, l’Umbria è stata percepita come zona pericolosa creando un contraccolpo mortale per le attività ricettive. «L’effetto trascinamento di questa immagine di un’Umbria devastata dal terremoto, per settimane, fa scontare questo tipo di risultato. L’abbiamo visto anche con il ponte dell’8 dicembre che, in altre circostanze, avrebbe fatto registrare ben altri numeri».

Le perdite, confermate da numerosi operatori del settore, si oscillano tra il 50 e il 60%, secondo le prime stime dell’associazione degli albergatori, con punte che arrivano anche al 70%. E, nei vari hotel del perugino, ci sono ancora troppe stanze libere. «La percentuale è la stessa in tutte le città umbre, fa più effetto, però, registrare queste percentuali in quelle realtà dove, in termini assoluti, negli anni precedenti c’era un vero e proprio boom di turisti». Normalmente Natale e Santo Stefano non sono mai stati periodi turisticamente molto rilevanti, in questo periodo il turismo è fatto principalmente da famiglie italiane che trascorrono i principali giorni di festa in famiglia. «Diverso, però, è il periodo di Capodanno e la Befana. La sensazione è che non andrà un granché, spero di essere smentito – prosegue Fioriti – ma le prenotazioni al momento sembrano darmi ragione».

Umbria terremotata Nessuna realtà, al momento, sembra in controtendenza. Se ad Orvieto le prenotazioni in vista di Umbria Jazz Winter lasciano ben sperare, in realtà, in termini assoluti, si assisterà comunque a numeri inferiori rispetto agli anni precedenti. «La campagna promozionale promossa dalla Regione, con numerose iniziative, vuole provare a invertire questo trend. Ma sono azioni, nel complesso però l’Umbria rimane nell’immaginario collettivo come una regione terremotata». A niente, tra l’altro, sono servite le iniziative promosse dalla stessa Federalberghi, in tutta Italia, né quelle singole prese dai vari albergatori umbri, con tanto di offerte e pacchetti promozionali. «Di questi tempi, l’anno scorso, non avevo camere libere», commenta un esercente perugino.

Commercio soffre Una crisi che colpisce non solo gli albergatori, ma anche gli agriturismi, le residenze d’epoca, le case vacanze e anche chi affitta qualche camera o un intero appartamento su Airbnb. «Soffre tutto il commercio, soprattutto l’artigianato tipico che, negli anni precedenti, si avvantaggiava della presenza dei turisti da tutta Italia». Le campagne informative sono servite, secondo Fioriti, così come le offerte proposte, ma invertire una tendenza di queste dimensioni è praticamente impossibile. «Un fenomeno del genere si risolve solo con un lavoro martellante costante e nel tempo, non con campagne di comunicazione che cercano di rimediare a mesi di messaggi sbagliati. La nostra offerta è sul piatto, è la domanda che non la coglie. Speriamo che qualcosa migliori, gli albergatori ce la stanno mettendo tutta».

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