Affitti e associazioni: grana grossa a Perugia

Nei documenti del Comune mancano dati, mentre emergono assegnazioni senza titolo o plurime e sedi per attività lucrative concesse in violazione del Regolamento

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L.P.

Un fatto appare certo: quanto emerso, finora, sul fronte della concessione  – da parte del Comune di Perugia – di immobili ad associazioni e circoli culturali e ricreativi, è solo la punta di un iceberg

L’indagine Partendo dal fondo della storia, quello che è certo che, nei giorni scorsi, la Guardia di finanza ha chiesto agli uffici del comune l’elenco di tutti gli immobili concessi in affitto e tutti gli atti con cui il Comune, negli anni passati, ha concesso gli spazi alle varie associazioni del perugino. Delibere, canoni, importi, bollette, tutta la documentazione è confluita in un faldone aperto dalla Corte dei conti su impulso del procuratore Antonio Giuseppone.

Gestione opaca Da mesi i consiglieri comunali del gruppo misto Pittola e De Vincenzi, così come il Movimento 5 stelle, denunciano scarsa trasparenza e gestione opaca. E ora, forse, a far luce su una vicenda tanto intricata quanto complessa, potrebbe pensarci la magistratura contabile. Che la tematica fosse sensibile e, soprattutto, poco chiara emerge anche dalla lettura di una delle ultime determine di giunta, quella del 25 novembre scorso, con cui il governo cittadino ha preso atto della gran quantità di richiesta pervenute all’amministrazione per la concessione di locali da parte di alcune associazioni, una quarantina circa, costrette a lavorare senza una sede.

Mancanza di dati «In conseguenza di ciò – si legge nel documento – e anche su impulso del consiglio comunale è stato deciso di avviare un’analisi complessiva della situazione in questione». E, a sorpresa, si scopre che in Comune manca del tutto un elenco completo ed esaustivo. In particolare «non è stato possibile indicare tutti i dati» e, laddove accertati, «appare necessario integrarli con quelli relativi alla superficie, nonché alla suddivisione in vani o piani degli immobili». Si scoprono, poi, assegnazioni senza titolo, sedi assunte in locazione per fini istituzionali e successivamente ridestinate a sede associativa, assegnazioni plurime, in favore del medesimo soggetto, fatte da servizi comunali diversi e, ancora, attività remunerative come corsi di formazione e punti di ristoro, vietate dal Regolamento, così come non sono state mai acquisite le relazioni sull’attività svolta, salvo rare eccezioni.

Nel 2010 Ma risalendo, indietro, nel tempo, sfogliando delibere e determine di giunta si scopre che i primi dubbi sono sorti già anni fa. Come quelli che emergono guardando la delibera firmata dalla giunta presieduta dal sindaco Boccali nel 2010 – precisamente l’11 di novembre – dopo aver dato mandato agli uffici di fare una ricognizione su tutte le strutture di proprietà comunale, nonché su quelle assunte in locazione e assegnate in uso a carattere temporaneo o date in concessione a diversi soggetti per «razionalizzare l’uso di dette strutture e contenere i costi a carico dell’amministrazione comunale».

Vecchie criticità Un problema, dunque, su cui gli uffici si erano soffermati già sei anni fa, e un lavoro, quello portato a termine dal settore servizi istituzionali al cittadino, che era poi confluito in una relazione presentata alla giunta già nell’ottobre del 2010. Tra le priorità individuate, già all’epoca, c’era quella di «incrementare considerevolmente i canoni pagati da società e associazioni sportive, ricreative e culturali per l’uso di immobili comunali con ulteriore diversificazione nel caso in cui vi si svolgano anche attività a carattere lucrativo». Non solo, la giunta prendeva atto che era necessario «rivedere le convenzioni con i soggetti gestori degli immobili di proprietà comunale mettendo in carico ai medesimi le spese per i consumi quali gas, luce, acqua, telefono, manutenzioni ordinarie e, in certi casi, anche tutta o parte di quelle straordinarie». Vennero quindi redatte delle linee di indirizzo, dal momento che era emerso che non tutti i gestori di aree o spazi di proprietà comunale si facevano carico del pagamento delle utenze e, nel caso di contatori collettivi, si potesse prevedere un importo forfettario mensile.

Regolamento Ma allora come è possibile che, a quasi sei anni di distanza, si riscontrino le stesse problematiche con il Comune che, a febbraio di quest’anno doveva ancora incassare 39 mila euro di utenze anticipate e ancora mai riscosse? E, ancora, come giustificare la concessione di spazi in assenza di bandi, i canoni d’affitto rimasti praticamente sempre uguali, le concessioni ventennali in presenza di un Regolamento comunale, quello del 1996, praticamente mai rispettato e ora in via di modifica? Oggi come ieri la situazione è sempre la stessa, con associazioni rimaste fuori dal girone dei privilegiati e altre che hanno concessioni ventennali o a tempo indeterminato e che pagano appena 200 euro l’anno di canone d’affitto. Arci, ma non solo. L’elenco è ancora lungo.

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