Abbandono scolastico: «Umbria virtuosa»

Secondo i dati del Ministero è la regione con la percentuale più bassa. Esulta l’assessore regionale Antonio Bartolini: «Abbiamo fatto un buon lavoro»

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L’Umbria è la regione con la percentuale più bassa di abbandono scolastico nelle scuole medie di secondo grado: questo il dato che emerge dalle rilevazioni dell’Ufficio statistica e studi del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca.

L'assessore Antonio Bartolini

L’assessore Antonio Bartolini

Dispersione al 2,9% «Mentre in Italia l’abbandono della scuola di secondo grado è del 4,3% – ha commentato l’assessore regionale all’istruzione Antonio Bartolini – in Umbria siamo fermi al 2,9% e questo è un dato assolutamente positivo. Come ha sottolineato anche la ministra Fedeli, la dispersione scolastica è un fenomeno che va contrastato con forza, perché dove la dispersione è alta vuol dire che non sono garantite a sufficienza pari opportunità alle ragazze e ai ragazzi».

Gli investimenti Per quanto riguarda i percorsi di istruzione e formazione professionale, nell’anno in corso sono stati finanziati tre progetti, uno nella Provincia di Terni e due in quella di Perugia, per una spesa di 523.472 euro. «La scuola secondaria – ha proseguito l’assessore – rappresenta la porta di possibile ingresso verso il lavoro e dunque il fatto che pochi ragazze e ragazzi delle scuole umbre lascino senza completare gli studi dimostra anche che le politiche e gli investimenti messi in campo nella nostra Regione hanno dato risultati positivi. Abbiamo sostenuto con tenacia ed anche facendo grandi sforzi finanziari i percorsi di istruzione e formazione professionale cercando sempre di collegare il mondo della scuola con quello del lavoro per cercare di offrire sia agli studenti che alle aziende la massima gli strumenti migliori nella combinazione domanda-offerta per raggiungere gli obiettivi di ciascuno».

L’integrazione tra istituti professionali ed organismi di formazione professionale accreditati si è realizzata nella provincia di Perugia con 6 percorsi di integrazione realizzati negli ultimi anni 3 scolastici (2014-2017, per un costo medio annuo di 250 mila euro) che hanno coinvolto circa 100 allievi all’anno. Per quanto riguarda la realizzazione dei percorsi di istruzione e formazione professionale di durata triennale, da parte degli istituti professionali statali della regione Umbria, gli allievi qualificati sono stati oltre 3.500 negli ultimi tre anni.

L’offerta integrativa Oltre ai ‘normali’ percorsi di istruzione e formazione professionale rivolti a giovani che hanno un percorso scolastico regolare, la Regione ha programmato annualmente percorsi di formazione professionale personalizzati, nella durata e nei contenuti, tramite l’applicazione delle procedure di riconoscimento dei crediti formativi, al fine di consentire il conseguimento di una qualifica professionale di durata triennale ai giovani disoccupati/inoccupati, ancora in diritto/dovere all’istruzione e formazione, che hanno adempiuto all’obbligo di istruzione, che hanno quindi già compiuto 16 anni, sono fuoriusciti dal sistema scolastico, non frequentanti quindi né i percorsi scolastici ordinamentali né i percorsi di IeFP. I percorsi sono costituiti da moduli di orientamento, sostegno linguistico, sostegno all’apprendimento individuali e di gruppo, seguiti da moduli professionalizzanti per il conseguimento della qualifica professionale con procedure di riconoscimento di crediti formativi all’ingresso del percorso, tali da personalizzare la durata del percorso stesso. Ogni anno sono stati attivati mediamente 35 percorsi per circa 400 allievi con un finanziamento di circa 3.500.000 di euro ad annualità.

La cabina di regia «Dobbiamo consolidare ed ampliare questi progetti – ha concluso Bartolini – e lo faremo anche grazie al gruppo di lavoro, una cabina di regia guidata da Marco Rossi Doria, che ha una lunga esperienza in materia, che è stata istituita dallo stesso Ministero, con il quale ci confronteremo anche per coinvolgere tutti gli altri attori in campo: le famiglie, il terzo settore, i centri sportivi, l’associazionismo e le altre istituzioni del territorio. Per mettere insieme dunque questa rete e per far emergere le buone pratiche che già esistono e che possono essere prese a modello».

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