Barbara Corvi, tutto archiviato: scomparsa senza responsabili. «Forti sospetti» ma il caso (per ora) è chiuso

Lo ha deciso il gip di Terni. Procura concorde, non i familiari della 35enne

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‘Fine corsa’ per i due fascicoli aperti a suo tempo dalla procura della Repubblica di Terni, incentrati sulla scomparsa di Barbara Corvi, la 35enne di Montecampano di Amelia svanita nel nulla dal 27 ottobre del 2009. Lo ha deciso il gip di Terni, Barbara Di Giovannantonio, a seguito dell’opposizione depositata e discussa lo scorso 6 luglio in aula dai legali della famiglia Corvi, gli avvocati Giulio Vasaturo ed Enza Rando, contro l’istanza della procura di Terni che aveva chiesto l’archiviazione dei due fascicoli. Questi vedevano indagato per omicidio volontario ed occultamento di cadavere il 52enne Roberto Lo Giudice, ex marito di Barbara Corvi, difeso dagli avvocati Giorgio Colangeli e Cristiano Conte. Nulla di fatto, quindi, anche per la richiesta dei legali della famiglia Corvi di approfondire le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia che aveva indicato come la donna fosse stata rapita il giorno della sua scomparsa, condotta in Aspromonte, uccisa e sepolta in un bosco. Nel suo provvedimento il gip di Terni, pur sottolineando la permenanenza di «forti sospetti» a carico di Roberto Lo Giudice, ritiene che tali elementi, alla stregua delle risultanze investigative, «non consentano una ragionevole prognosi di condanna». Accolta pertanto la richiesta di archiviazione avanzata dal procuratore di Terni, Alberto Liguori, che nel maggio del 2021 – a seguito delle indagini dei carabinieri – aveva ottenuto l’arresto del Lo Giudice. Quell’inchiesta, poi, aveva subito duri colpi tanto dal Tribuanale del Riesame di Perugia quando dalla Suprema Corte di Cassazione. Nelle motivazioni del provvedimento di archiviazione il gip, pur richiamando tutti gli elementi indiziari valorizzati anche negli atti di opposizione presentati dai legali della famiglia Corvi, ha evidenziato proprio la ‘portata’ delle decisioni assunte a suo tempo da Riesame e Cassazione che avevano rimarcato i limiti del compendio indiziario a carico del Lo Giudice, ai fini di un eventuale processo penale. A seguito della decisione né i familiari della 35enne scomparsa né i loro legali hanno inteso commentare la decisione del tribunale.

Roberto Lo Giudice

«Fine della gogna. Lo Giudice non ha nulla del mafioso»

Il commento viene invece dall’avvocato Giorgio Colangeli che, insieme al collega Cristiano Conte, difende Roberto Lo Giudice: «C’è sicuramente soddisfazione per questa doppia archiviazione stabilita dal giudice di Terni – afferma -, anche se in realtà non c’era davvero più alcuna strada da battere. Le indagini suppletive di un anno fa, relative a nuove analisi sulle tracce di sangue nell’autovettura del Lo Giudice, agli approfondimenti testimoniali con amici e familiari di Barbara, erano a nostro giudizio ridondati ma sono state svolte con cura e perizia. E nulla hanno fatto emergere. Così come le dichiarazioni del collaboratore di giustizia foggiano, approfondite dal procuratore Liguori con tentativi di riscontro molto elabrarati e condotti anche in Calabria, al termine dei quali anche il procuratore riteniamo si sia reso conto che non c’era davvero nulla. Il racconto di quell’uomo, ora possiamo dirlo, anche sul piano dell’antropologia criminale appariva del tutto incredibile, fino al culmine di queste persone sconosciute che avrebbero brindato di fronte a lui, ad Amelia, per la morte di Barbara. Alla luce della decisione – aggiunge l’avvocato Colangeli – ci sembra che il gip non abbia avuto più dubbi e oggi finisce una specie di gogna per il Lo Giudice che, sì, non avrà un bel carattere, sarà brusco e rozzo, sarà di origini calabresi, e cito qui tutti gli elementi che hanno finito per disegnare comodi sospetti sul suo conto in questi anni. Ma, credetemi, del mafioso non ha davvero nulla, nè nel modo di agire né in quello di pensare».

L’associazione Libera: «Noi non smetteremo di cercare la verità»

In una nota l’associazione Libera – coordinamento ‘Renata Fonte’ di Libera Umbria e Libera nazionale – interviene dopo la decisione del tribunale: «Noi sappiamo, nei nostri cuori e nelle nostre coscienze, che Barbara non è svanita nel nulla ma è stata uccisa. Per questo l’archiviazione del caso da parte del tribunale di Terni – afferma Libera -, pur rappresentando un duro colpo per la famiglia e per tutta la comunità che chiede da anni verità e giustizia, non mette fine al nostro impegno. Continueremo a gridarlo con tutta la nostra voce: dov’è Barbara?. In questi anni intorno a Barbara è nato qualcosa di straordinario, un movimento di persone, di donne in primo luogo, che ha fatto di una vicenda che si voleva mantenere privata e nascosta una lotta comune, attraverso gli strumenti della memoria e della partecipazione. Il comitato Barbara Corvi, il Forum Donne Amelia e tanti altri soggetti anche istituzionali, a partire dall’Osservatorio regionale sulle infiltrazioni mafiose, hanno scelto di schierarsi, insieme a Libera, al fianco della famiglia di Barbara nella battaglia per la verità. Tutto questo – conclude l’associazione – non può dunque esaurirsi di fronte ad un’archiviazione che, al contrario, chiama tutte e tutti noi ad un rinnovato impegno. Come ha detto il vescovo di Terni, monsignor Soddu: ‘Chi ha fatto sparire Barbara Corvi ascolti la propria coscienza e parli’. Noi continueremo ad ascoltare la nostra, che ci impone di non smettere di cercare».

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