Corte Appello Umbria: «Rischio infiltrazioni»

L’allarme lanciato dal procuratore Cardella all’inaugurazione dell’anno giudiziario. Il presidente D’Aprile: «Sistema sostanzialmente sano, ma grave carenza di personale»

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di E.M.

Si apre con un pensiero alle popolazioni colpite dal terremoto, l’inaugurazione del nuovo anno giudiziario alla Corte d’appello di Perugia. «Garantiremo in questi luoghi, laddove sarà necessario, la nostra azione con massima tempestività», ha detto il presidente Mario Vincenzo D’Aprile in riferimento alle zone della Valnerina e del centro Italia provate dagli eccezionali fenomeni naturali che si sono registrati in quelle zone. Poi, nella sua relazione, il presidente traccia un quadro della situazione della giustizia a Perugia e in Umbria: se si sta lentamente riducendo l’arretrato, la piaga sempre più grave è quella della mancanza di personale, che non riesce a garantire la copertura dell’organico e il corretto funzionamento della macchina. Nonostante questo, però, «il sistema giustizia in Umbria è sostanzialmente sano e tutte criticità sono sotto controllo».

Gli arretrati In tutte le sezioni dei tribunali della regione e alla Corte d’Appello di Perugia, ha spiegato D’Aprile, si sta registrando una graduale riduzione dei procedimenti pendenti, con l’unica eccezione della sezione civile del Tribunale di Perugia. «La durata media dei procedimenti è assolutamente soddisfacente ed è ancora più positiva la giurisdizione spettante al tribunale per i minorenni». Solo per quanto riguarda i procedimenti di secondo grado, nell’ultimo anno a Perugia i fascicoli sono passati da 10.691 a 8.923 nel settore civile e da 3.832 a 3.553 nel settore penale. «La Corte d’Appello di Perugia è caso unico. In sei mesi la pendenza si è ridotta di circa 600 fascicoli. Grazie al piano di rientro, si prevede che entro il 2018 la pendenza possa ridursi alla misura ritenuta ‘fisiologica’ di 2000 appelli». Capitolo a parte merita invece l’arretrato delle spese per la giustizia da parte dell’ufficio Contabilità. Per far fronte al problema, è stato «predisposto un progetto che prevede l’eliminazione delle pratiche più vecchie, con il sostegno da parte della Regione tramite l’assegnazione per 2 anni di personale apposito per questo servizio». Così, in forza del protocollo siglato lo scorso anno, entro due mesi saranno estinte le pratiche del 2015. Ed entro il 31 ottobre 2017 saranno pagate quelle del 2016.

Grave carenza di organico A fine novembre, ha poi spiegato D’Aprile, l’organico dei magistrati togati risulta scoperto del 4%. Sia nel tribunale di Perugia che in quello di Terni, infatti, mancano un presidente e quattro giudici, mentre negli uffici requirenti serve un sostituto procuratore presso la Procura di Perugia e due presso quella di Spoleto. Se però queste cariche dovrebbero essere coperte a breve, perché saranno assegnate ai magistrati ordinari in tirocinio, più grave è la carenza di personale amministrativo. Qui la ‘scopertura’ è in media del 23%, particolarmente accentuata al tribunale di Perugia dove raggiunge il 33%. Una situazione che peggiorerà per i pensionamenti in arrivo. «Entro due-tre anni l’organico vedrà una riduzione del 50% con conseguente difficoltà di assicurazione dei servizi anche essenziali – è l’allarme lanciato dal presidente della Corte d’Appello di Perugia – I nostri uffici continuano a funzionare in maniera soddisfacente, portano avanti il loro impegno senza risparmio di energie. Per questo voglio ringraziare magistrati e dipendenti amministrativi: quotidianamente provo senso di ammirazione nei loro confronti».

Criticità uffici Altro tasto dolente toccato da D’Aprile è la situazione degli uffici. «Soprattutto a Perugia le sedi non sono adeguate. Il Tribunale ne ha tre e la procura due, tutte in edifici ben distanti tra loro – ha spiegato – la situazione è assolutamente anomala». Le difficoltà connesse alla gestione, la vigilanza e i disservizi agli utenti, sono però attenuate dall’accordo con il Comune di Perugia, che mette a disposizione il proprio personale per la gestione dei tanti uffici giudiziari. «Ringrazio per tale contributo il sindaco Romizi, per la cordialità e lo spirito di piena collaborazione con cui intrattiene il confronto su queste problematiche». A dicembre, intanto, c’è stata una riunione in ministero sul tema del progetto di una ‘cittadella giudiziaria’ a Perugia, «per cui si può intravedere qualche risultato».

«Realtà sana» Nonostante le criticità, per il presidente D’Aprile il sistema giustizia in Umbria è sostanzialmente sano. «Tutte le criticità sono sotto controllo, ma per la carenza del personale amministrativo urgono rimedi. Intanto, preziosi apporti vengono dalle istituzioni locali e dall’ordine degli avvocati. Restiamo in attesa del potenziamento, ma ci impegneremo a rendere gli uffici più efficienti». Anche per Aldo Morgigni, componente del Consiglio Superiore della Magistratura, il distretto di Perugia è una realtà sana: «Non è pervasa dalla criminalità organizzata, è stata capace di reagire alla crisi economica e non ha ancora subito l’invasione della criminalità come in territori limitrofi. Ma per questo la guardia e vigilanza dev’essere altissima».

Fausto Cardella

Rischio infiltrazioni A fare un quadro generale del rischio infiltrazioni è stato il procuratore generale di Perugia Fausto Cardella. La situazione del distretto giudiziario di Perugia e dell’Umbria «è caratterizzata dalla presenza ed operatività di alcune proiezioni delle organizzazioni mafiose tradizionali, soprattutto di matrice ‘ndranghetista e camorrista, benché non siano da sottovalutare alcuni recenti indicatori della presenza anche di Cosa Nostra». Le attività d’indagine degli ultimi anni, ancora al vaglio del giudice, indicano che le mafie tradizionali, «in prevalenza tendono ad insinuarsi nell’economia legale, attraverso il reinvestimento e reimpiego dei proventi delle attività criminali, spesso condotte nelle regioni di origine, in attività imprenditoriali e commerciali nei settori edile, della gestione dei rifiuti, della ristorazione, dell’intrattenimento e dei servizi, avviando le relative attività ex novo, servendosi di prestanome, e approfittando delle situazioni di crisi o di minore liquidità di cui certe imprese soffrono. Manca, invece, un vero e proprio radicamento delle consorterie criminose nel territorio; ciò dipende non soltanto dalla attenta vigilanza e dalla pronta azione delle forze di polizia, ma anche dal virtuoso comportamento dei cittadini, i quali denunciando tempestivamente ogni azione illegale, riponendo fiducia nello Stato, hanno fin qui evitato che la mala pianta mafiosa prendesse piede».

Traffico di droga Sul versante dello spaccio di droga, a Perugia e in Umbria operano alcuni sodalizi criminali di matrice etnica, talvolta in collaborazione con gli stessi sodalizi o soggetti italiani dediti al traffico di stupefacente. La diffusione della droga è sotto il controllo di organizzazioni criminali, sebbene di piccole entità, ma avviene anche attraverso soggetti di modesta levatura criminale, specie di varie nazionalità africane, che riescono a disporre di stupefacenti da spacciare al dettaglio. «È un fenomeno criminale nazionale, mondiale direi, che ha ovviamente le sue propaggini anche nella nostra regione». Cardella ha poi tenuto a evidenziare che «in passato la città di Perugia sembrava essere divenuta meta preferita di assuntori domiciliati in province e regioni limitrofe. Un contributo concretamente destabilizzante e tale da favorire l’insediamento in Perugia di soggetti dediti al traffico di stupefacenti e in genere della microcriminalità fu determinato probabilmente dal sistema degli affitti e dallo sviluppo urbanistico a questo finalizzato».

In calo morti per droga L’attività di contrasto, costantemente esperita dalle forze dell’ordine, che continuano ad esser guidate da dirigenti e ufficiali di altissimo livello professionale, ha consentito di arginare in parte il fenomeno. I relativi dati, negli ultimi due anni, evidenziano un andamento negativo, con la diminuzione sia degli arresti che delle denunce, sia, soprattutto, delle morti per overdose per i quali siamo passati, nella provincia di Perugia, dai 23 nel 2011 ai 9 nel 2016. Gli spacciatori, prima molto presenti anche nel centro storico di Perugia, oggi grazie anche ad interventi repressivi coordinati e mirati, si trovano in zone e quartieri meno esposti; in queste zone, oltre al traffico ed allo spaccio dello stupefacente, è maggiore l’incidenza di tutti gli altri reati ad esso collegati, giacché lo spaccio ed il relativo consumo di stupefacente alimenta l’indotto della microcriminalità. Questa microcriminalità, pur se estremamente fastidiosa per la cittadinanza, tuttavia – ha concluso Cardella – rimane entro limiti tali da non pregiudicare l’ottimo livello di sicurezza e di vivibilità della città».

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