Covid, Ast apre ‘cassa’ per due settimane

Terni: «Necessità inderogabile di sospendere o ridurre le attività, interessati fino a 2.305 lavoratori». Sindacati vogliono esame congiunto

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«Considerato il generalizzato blocco della maggior parte delle attività produttive, manifatturiere, distributive e commerciali che hanno reso difficilissimo, per altro, anche il reperimento delle materie prime e dei semilavorati, vista l’impossibilità di garantire la normale operatività delle proprie attività, si trova nella necessità inderogabile di dover sospendere e/o ridurre le attività produttive» : la comunicazione è arrivata giovedì ad rsu e segreterie dei metalmeccanici (oltre che a Confindustria) da parte di Ast, che ha richiesto l’accesso alla cassa integrazione ordinaria per covid-19, sulla scorta del decreto Cura Italia, a decorrere dalla giornata di sabato 14 marzo e per un massimo di due settimane, fino ad un massimo di 2.305 dipendenti (rispetto ad un organico di 2.335), di cui 1.683 operai, 497 impiegati e 125 quadri.

EMERGENZA CORONAVIRUS – UMBRIAON

Massimiliano Burelli e Massimo Calderini

Le modalità per scegliere il personale

La società, nell’individuare il personale da porre in ‘cassa’, si atterrà a «criteri oggettivi derivanti dalle professionalità dei lavoratori coniugate alla quantità ed alla qualità delle lavorazioni di volta in volta da eseguire», ma non si esclude «un meccanismo di rotazione sarà possibile in presenza di fungibilità professionale». Già partita da parte delle segreterie territoriali dei metalmeccanici la richiesta di esame congiunto della procedura. In mattinata erano state le rsu a sollecitare la richiesta di avvio dell’ammortizzatore sociale, anche di fronte all’aumento dei certificati medici presentati dai dipendenti, arrivati a toccare quota 500. «In una condizione di eccessiva difficoltá, di paura e di grande rabbia per l’impotenza che si prova di fronte ad una pandemia per ora difficilmente arrestabile – hanno scritto le rsu, alle quali non è passata inosservata la lettera inviata mercoledì dall’ad Massimiliano Burelli ai dipendenti -, lavorare è veramente complicato. E lo è ancora di più quando si ha la percezione di subire diverse provocazioni da chi in azienda è ai vertici e comodamente da casa ci dice che possiamo stare tranquilli e lavorare serenamente. E lo è ancora di più, quando si ha la consapevolezza che l’area a caldo per diverse legittime ragioni è ferma da giorni e lo sarà almeno fino a venerdi, producendo nei prossimi giorni un inevitabile scarico delle linee dei freddi e, nel contempo, si ricerca strumentalmente con una serie di azioni probabilmente programmate, il contrasto sindacale e le iniziative di mobilitazione».

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«Certo – sempre le rsu nella nota – è facilmente comprensibile, meglio far pagare i lavoratori con una settimana di scioperi, che accedere alla cassa integrazione e lasciarli a casa con la dovuta copertura economica. E lo è ancora di più, quando si tenta di minimizzare e semplificare troppo, una roba che è contrariamente enorme e pericolosa e riguarda gli operatori, i loro cari e l’intera cittadinanza, che ci è stata sempre vicina e oggi merita la conseguente risposta da parte nostra e i numeri giornalieri in costante crescita ne sono purtroppo una concreta testimonianza. Con tutta questa responsabilità, si lavora con eccessivo sacrificio e soprattutto si opera costantemente con due significativi rischi, quello di contagiarsi e quello di infortunarsi. In una fase di questa natura, per quanto ci riguarda, occorre un forte segno e senso di esponsabilità, scelte condivise e saper dimostrare le parole che si pronunciano e che si scrivono». Le rsu chiedono tra l’altro di devolvere l’equivalente delle 48 ore di sciopero sostenute dai lavoratori di Ast all’azienda ospedaliera di Terni.

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