Dalla laurea alla corsia in un mese: «Oggi la Lombardia siamo noi»

Giulia Caciotto, 27enne di San Venanzo, lavora come medico all’ospedale di Spoleto: «Bello sapere di aver dato anche io una mano»

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di F.L.

Dalla laurea in medicina al lavoro in prima linea in un reparto Covid dell’Umbria, il tutto in appena 40 giorni: Giulia Caciotto, 27enne residente nella ‘zona rossa’ di San Venanzo (Terni), è uno dei neolaureati catapultati dai libri alle corsie degli ospedali in un momento drammatico per la sanità umbra. Il 15 dicembre la discussione della tesi conseguita all’Università di Perugia, il 26 gennaio il primo giorno di servizio presso l’ospedale ‘San Matteo degli Infermi’ di Spoleto. «Mai avrai pensato che a così poca distanza dalla laurea avrei iniziato a lavorare. È tosta, ma quando l’emergenza sarà finita, sarà bello pensare di aver dato anch’io una mano» racconta.

Lavoro senza sosta

La sua esperienza è stata recentemente ‘rilanciata’ dal sindaco di San Venanzo, Marsilio Marinelli, che in un post ha condiviso una storia di Instagram della neodottoressa. «Esattamente un anno fa vedevamo le immagini della Lombardia e ci sembravano qualcosa di estremamente lontano. Un anno dopo la zona rossa siamo noi e il medico vestito da ghostbuster sono io» ha scritto Giulia Caciotto sopra ad una foto in cui appare in tenuta da lavoro e con il segno della mascherina sul volto. «Ma quando vedo quei solchi sono contenta – sorride lei – significa che ha aderito bene e mi ha protetto». Il timore del contagio è inevitabile, nonostante tutti i dispositivi indossati e il tampone fatto una volta la settimana, soprattutto pensando ai genitori che la aspettano a casa, ma dai quali la giovane vive ormai isolata. «Un caffè al bar o un pranzo fuori mi sembrano lontani anni luce» spiega. Perché in Umbria l’emergenza è ancora piena e nel reparto Covid dove lavora la dottoressa, ogni dimissione di un paziente viene subito seguita da un nuovo ricovero, in un ricambio continuo. «C’è tanta pressione, è un’esperienza di forte impatto psicologico».

Giulia Caciotto

«Vaccino atto di amore»

Lei e gli altri neolaureati lavorano in affiancamento ai medici strutturati, «le colonne portanti del reparto, a cui noi cerchiamo di dare una mano secondo le nostre competenze» spiega. «Ci guidano e ci insegnano tante cose. Sono loro, insieme a infermieri e oss, che vivono la pesantezza maggiore di queste settimane, ma guardo con ammirazione anche all’entusiasmo dei professionisti rientrati in ospedale dalla pensione, per dare un contributo prezioso e mettere a disposizione la loro esperienza in questo momento». Ora la speranza, oltre che alla responsabilità dei cittadini, è tutta riposta nei vaccini. «Spero che tutti coloro che saranno chiamati a farlo – continua Giulia – rispondano positivamente alla chiamata, lo trovo un atto di amore verso se stessi e gli altri. Molto spesso ci dimentichiamo che i vaccini hanno cambiato la storia di molte patologie, se generazioni come la mia non hanno conosciuto il vaiolo è grazie a chi prima di noi si è vaccinato, ora tocca a noi». Lei stessa, che è un soggetto allergico con forme anche abbastanza importanti, ha già fatto la prima dose. «Sebbene non si tratti di allergie connesse ai componenti del vaccino – racconta la sua esperienza -, a scopo preventivo ho comunque fatto un trattamento di desensibilizzazione nei tre giorni antecedenti a base di antistaminico, ovviamente su indicazione del personale che me lo ha somministrato che ho trovato estremamente attento e scrupoloso, cosa che mi ha permesso di fare la vaccinazione con grande serenità».

Il futuro e l’appello del sindaco

Per la dottoressa Caciotto e i suoi giovani colleghi, il lavoro in corsia continuerà fino al 30 aprile, conclusione (al momento) dello stato di emergenza, ma lei guarda già oltre. «Spero vivamente che torneremo presto ad una situazione serenità dopo una anno del genere. Dobbiamo riuscire a rallentare il contagio e la diffusione delle varianti, poi mi auguro che anche da questa brutta esperienza trarremo degli insegnamenti e chi di dovere si sensibilizzi ad investire nella formazione medica e nelle scuole di specializzazione». La giovane di San Venanzo sogna di entrare ad oncologia, consapevole però del grande problema dei pochi posti posti a disposizione per gli aspiranti specializzandi, questione che con la pandemia si è fatta ancora più evidente. «Lei come molti altri giovani in prima linea stanno dando il meglio di sé in turni stressanti, per la mancanza di personale» è il commento del sindaco Marinelli, che fa anche una proposta. «Credo sia giusto che quando rientrano nelle proprie abitazioni trovino un po’ di serenità e per questo è doveroso che nel piano vaccinale si dia una priorità ai familiari conviventi dei medici, infermieri, oss impegnati nei reparti Covid ospedalieri. Credo che sia davvero giusto, anzi doveroso».

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