Depp V. Heard su Netflix. La recensione: «Una farsa»

Alessandro De Maria dice la sua sulla serie dedicata al processo: «Nessun fatto. Solo opinioni e confusione»

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di Alessandro De Maria

C’è solo una parola che mi viene in mentre guardando la ricostruzione del processo che ha coinvolto i due attori americani Johnny Depp e Amber Heard, disponibile su Netflix in tre puntate: farsa. La regista Emma Cooper afferma che la sua intenzione non è di prendere posizione ma di mettere a disposizione tutte le informazioni del processo e analizzare come certe opinioni siano venute a crearsi. Come lo fa? Molto molto male.

La miniserie in tre puntate ha questo tenore: viene preso in considerazione un presunto episodio di violenza, poi vengono utilizzate le deposizioni dell’uno e dell’altra al riguardo. Fin qui tutto ok ma poi accade l’inaspettato! Vi faccio un esempio: c’è stata una lite, Depp dà la sua versione e poi la Heard la sua. A questo punto la regia cosa fa? Copia-incolla una serie di video di youtuber e tiktoker che dicono la loro. Quale è il problema? Che per l’episodio in questione è stata chiamata la polizia e che i due agenti intervenuti hanno rilasciato testimonianze che durano dai 30 minuti all’ora e che queste testimonianze vengono corroborate dalla presenza dei video delle bodycam dei due agenti. Testimonianze che vengono totalmente tagliate se non per una manciata di secondi.

È come trovarsi di fronte ad un processo per omicidio con l’accusa che dice ‘è stato lui!’, l’accusato che risponde ‘non è vero!’ e nessun testimone o tecnico tenta di far luce sulla faccenda. Nessun esame per vedere da dove è partito il proiettile, nessuna ricostruzione, i testimoni imbavagliati incapaci di dire la loro… tutte le prove svanite, neppure un plastico da Vespa! Puff, e il contesto non c’è più. E senza un contesto nulla ha senso.

Il documentario continua così per tutta la sua durata, smaterializzando le ore di testimonianze e registrazioni che risultano dirimenti, in favore del processo mediatico che si è creato intorno. Trasformando di fatto un processo con prove schiaccianti a favore di una parte, in una questione di opinioni. Tanto per farvi capire: durante il processo sono state presentate delle foto con la Heard con uno zigomo contuso, successivamente tramite la testimonianza di un tecnico informatico si è scoperto che la foto era stata recuperata dalla cartella di un programma di editing fotografico insieme a svariate copie della stessa con varie modifiche. In breve il tecnico analizza i metadati per confrontare diverse foto e far vedere come la foto sia stata modificata. Una testimonianza importante dato che dimostra, secondo me e molti altri compresa la giuria, che la foto era falsa ed era stata ritoccata ad arte.

Pensate che la regista abbia pensato di includere un estratto della testimonianza? Assolutamente no, meglio mettere i meme di tiktok! Rimane solo ciò che non può essere cancellato così facilmente, ovvero le bugie così grosse che non potresti nasconderle manco in buco nero perché ormai mezzo mondo ne è a conoscenza. Come l’uso che la Heard fa di ‘ho promesso di donare’ e ‘ho donato’ come sinonimi. Alla domanda: ‘ha donato tutti e sette i milioni ricevuti dal divorzio in beneficenza?’ la Heard risponde ‘sì’, quando invece non lo ha fatto. Interrogata, prove alla mano dichiara che per lei promettere di dare e dare sono sinonimi. Domani provo anche io: vado dal macellaio e lo pago con le promesse, vediamo come reagisce.

Le testimonianze sparite e che aiuterebbero il telespettatore a farsi un’idea sono innumerevoli e una volta fatti sparire i fatti, chiaramente rimangono due attori che si rimbalzano la colpa. Una produzione così scadente che anche la critica gli dà addosso, su Rotten Tomatoes infatti riceve il 27% dalla critica e ancora meno dal pubblico che gli da un bel 10%. Ma la cosa più preoccupante è la dicitura ‘Season 1’ sopra al titolo che promette nuove ‘vergognose’ puntate che spero non vengano mai realizzate.


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