Ex Merloni licenzia: richiamo alla realtà

Ennesima doccia fredda ed ennesima azienda che, dopo aver ottenuto ciò che cercava, distattende gli impegni. Non è una novità

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di M.T.

Qualcuno ha parlato di «fulmine a ciel sereno». Qualcun altro ha definito «irricevibile» la decisione. Ma intanto sull’Umbria – quella economica e quella politica, ma soprattutto sulla gente che lavora – è calata la consueta decisione di un’azienda che, in base ad un accordo di programma, è stata destinataria di diversi milioni da parte delle Regioni Umbria e Marche, scarica sui lavoratori le proprie criticità.

A casa La decisione della JP Industries – l’azienda di Giovanni Porcarelli che ha acquisito la ex Antonio Merloni – di mettere in mobilità 400 lavoratori (390 operai e 10 quadri), formalizzando l’intenzione di volerne tenere in fabbrica solo 284, visto che il piano industriale varato non ha mai portato miglioramenti economici. E, ovviamente, a farne le spese sono quelli in fondo alla lista delle priorità: gli esseri umani.

Lo ‘stupore’ I sindacati, che pure non sono composti da mammolette capitate per caso in questa valle di lacrime, dicono di essere «davvero stupiti dalla decisione. Negli incontri che si sono susseguiti negli ultimi tempi dicono per Fim, Fiom e Uilm di Perugia e dell’Umbria, Adolfo Pierotti, Simone Pampanelli e Daniele Brizi – questa eventualità non era emersa minimamente. Con l’imprenditore però – proseguono i tre segretari – c’è un punto comune, ovvero la volontà, esplicitata in tutti gli incontri istituzionali, di creare occupazione stabile per i 700 lavoratori di Jp. Una volontà che tuttavia continua a scontrarsi con una burocrazia che in questo Paese si conferma di ostacolo allo sviluppo e alla creazione di lavoro».

Le ‘motivazioni’ E anche il vice presidente della regione, Fabio paparelli – che a sua volta tutto è tranne che uno sprovveduto – sembra essere sorpreso: «Ci siamo attivati subito per capire quanto sta avvenendo e cosa è cambiato in questa complessa vicenda che riguarda la ex-Merloni. Vogliamo comprendere quali siano le vere motivazioni e cosa è improvvisamente cambiato per giungere all’avvio delle procedure di licenziamento. Le Regioni Umbria e Marche hanno fatto la loro parte in questa vicenda, sia in termini di risorse che, quando necessario, di ammortizzatori sociali. Pensiamo quindi che gli imprenditori, e dunque anche Porcarelli, devono fare la loro parte cercando di salvaguardare sempre anche gli interessi dei lavoratori».

Ciavaglia Il segretario generale della Cgil Perugia si chiede se «il presidente del consiglio Matteo Renzi passando da quelle parti giovedì scorso, tra un taglio di nastro e una visita ufficiale, si è accorto di quella che una volta era l’azienda più importante del territorio e che oggi invece è ferma, bloccata e, adesso, anche con 400 lavoratori alla porta. Chissà se la Regione Umbria si renderà finalmente conto della reale gravità della situazione e metterà in campo, attraverso l’assessorato preposto, interventi concreti per evitare un ulteriore, drammatico colpo all’occupazione di un territorio, la fascia appenninica, già ridotto all’osso in termini di lavoro e opportunità. Chissà poi se l’imprenditore Porcarelli si deciderà a presentare un piano industriale serio, credibile, che possa riscuotere la necessaria fiducia anche delle banche, che, da parte loro, non sono disponibili a rischiare un centesimo, nemmeno se in ballo ci sono centinaia di posti di lavoro. E infine, chissà se il Mise e il governo, anche alla luce del fallimento dell’accordo di programma, prenderanno finalmente in mano la situazione, svolgendo quel ruolo di regia tra impresa, sistema del credito e territorio, che appare assolutamente fondamentale, se si vuole davvero uscire da questo pantano. Un pantano – conclude Ciavaglia – che unisce, come la Quadrilatero, Umbria e Marche, ma per il quale non ci sono nastri da tagliare, né brindisi da fare, ma solo centinaia di posti di lavoro da salvare».

M5S «È sempre – le parole della portavoce del M5S alla Camera dei Deputati, Patrizia Terzoni – brutto quando dei brutti presagi diventano realtà. Però lo avevo detto agli esponenti del Mise non più tardi di tre mesi in aula: su JP Industries bisognava far presto, e sbloccare quanto prima la situazione con le banche creditrici della vecchia Antonio Merloni. Avevamo invitato i soggetti interessati a chiudere in un mese, invece tra tavoli, annunci e continui rinvii si è finito col tergiversare troppo e oggi si raccolgono i frutti aspri di mesi di chiacchiere inutili: 400 lavoratori in mobilità sono una mazzata terrificante per Fabriano e il territorio limitrofo, dove la crisi economica continua a imperversare con violenza inaudita. Qualche esponente del governo dovrebbe farsi un esame di coscienza, perché le responsabilità politiche in questa vicenda sono gravissime e sotto gli occhi di tutti. Come M5S – conclude– insieme alla mia collega umbra Tiziana Ciprini ci siamo subito messi in moto per presentare un’interpellanza urgente sul caso: non è possibile che a pagare il corto circuito tra banche, azienda e politica siano centinaia di famiglie. Qualcuno deve dare spiegazioni, perché per due anni ci siamo sentiti dire decine di volte ‘faremo tutto il possibile’ dai rappresentanti dell’esecutivo, e ciò non è affatto avvenuto».

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