Rifiuti, Leonelli (Pd): «Le idee per l’Umbria»

Il segretario regionale del partito mette in fila temi, problemi e prospettive: una serie di spunti per un dibattito finalmente costruttivo

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di Giacomo Leonelli
Segretario regionale dell’Umbria del Partito Democratico

Poche tematiche impattano tanto sensibilmente nella quotidianità di tutti i cittadini e delle imprese, delle attività commerciali e dei servizi, come i rifiuti. Rifiuti che però per troppo tempo sono stati sottovalutati e poco considerati, se non dagli addetti ai lavori. Tanto che oggi sembrano diventati improvvisamente un problema, molti problemi.

Per fare il punto

I problemi, almeno finché non saranno considerati risorse, sono le quasi 500 mila tonnellate di rifiuti urbani (dato Arpa 2014) prodotti ogni anno in Umbria, cui si sommano circa 2 milioni di tonnellate di rifiuti speciali (dato Arpa 2011) provenienti principalmente dal trattamento di acque e rifiuti, dai processi termici, dal settore delle costruzioni e delle demolizioni, dagli olii esauriti, dalla lavorazione dei metalli e della plastica, dagli imballaggi, dal settore della sanità.

Al contempo, le discariche presenti nel territorio regionale hanno volumetrie residue molto basse, rispetto alla quantità di rifiuti conferita ogni anno, mentre aumentano all’aumentare dei rifiuti conferiti l’impatto sull’ambiente e le iniziative da intraprendere per ridurlo. Al momento, ad esempio, il Bioreattore (per lo smaltimento dei rifiuti organici) della discarica di Borgogiglione è autorizzato dalla Regione ad operare solo fino al 31 maggio ed è di questi giorni anche l’acceso dibattito sulla necessità di ampiamento della discarica “Le Crete” di Orvieto. A questa situazione si somma la richiesta del governo, a seguito dell’approvazione del decreto Sblocca Italia, di smaltire mediante incenerimento 130 mila tonnellate di rifiuti annue.

Una richiesta che il Partito Democratico dell’Umbria ritiene in controtendenza rispetto all’obiettivo di un utilizzo efficiente delle risorse fissato dall’Unione Europea e l’obiettivo, rilanciato anche durante la recente conferenza Cop21 di Parigi, di ridurre le emissioni a livello globale per contrastare i repentini cambiamenti climatici in atto. Una richiesta rispetto alla quale la Regione Umbria ha chiesto ed ottenuto una deroga, subordinata alla stipula di accordi interregionali che consentano di raggiungere gli obiettivi fissati. L’art. 35 del decreto, prevede la costituzione di una rete nazionale di impianti di incenerimento, con autorizzazioni a saturazione del carico termico, senza vincolo di bacino, riconoscendo gli inceneritori inseriti nella rete nazionale come insediamenti strategici di preminente interesse nazionale. Il decreto prevede che qualora gli impianti non siano autorizzati entro i termini previsti, si possa applicare il potere sostitutivo previsto dall’art.8 della legge 131/2003.

Restando sull’incenerimento, entrambe gli impianti presenti a Terni, Aria SpA (che brucia circa 130 mila tonnellate annue, con autorizzazione in scadenza a marzo 2018) e Terni Biomassa (circa 40 mila tonnellate annue, con autorizzazione in scadenza nel 2019), hanno presentato delle istanze per richiedere di modificare le tipologie di rifiuti da bruciare (attualmente sono autorizzati a bruciare rifiuti speciali non pericolosi e biomasse) in modo da poter trattare anche i rifiuti urbani.

Lo scorso gennaio la Regione ha sollecitato tutti i Comuni umbri ad approvare le modalità organizzative del servizio di raccolta “porta a porta” entro la fine del prossimo marzo e ad attivarlo entro il 30 giugno. Questo per raggiungere gli obiettivi di RD fissati e ridurre la quantità di rifiuti da conferire nelle discariche, chiedendo al contempo anche di favorire l’implementazione di una tariffazione puntuale.

Inoltre, entrambe le società di igiene urbana e gestione dei rifiuti Gesenu e Gest sono state oggetto di interdittive antimafia e la loro gestione è ora affidata a dei commissari. Mentre prosegue il lavoro della magistratura, il rischio per il servizio è quello che venga meno la possibilità finanziaria per le aziende di continuare ad operare per garantirlo.

In questo periodo, infine, si va costituendo l’Auri, l’Autorità umbra per i rifiuti e le risorse idriche, che dovrà andare a sostituire i 4 ambiti oggi presenti e a gestire le politiche riguardanti rifiuti e servizio idrico su tutto il territorio regionale.

Questo è un quadro estremamente conciso delle questioni più recenti e più urgenti in materia di rifiuti nella nostra Regione. Il Partito Democratico dell’Umbria ha già ribadito contrarietà all’utilizzo di inceneritori: perché il materiale derivante dal riciclo dei rifiuti ha un valore economico che non possiamo continuare a trascurare, perché produrre a partire da materiali di riciclo vuol dire risparmiare risorse naturali ed energia, perché il clima e la salute vanno tutelati anche riducendo le emissioni di inquinanti in atmosfera.

In quest’ottica si pone allora la necessità di affrontare in modo deciso e risolutivo le varie problematiche legate alla gestione dei rifiuti in Umbria. Essere decisi e risolutivi vuol dire compiere una scelta strategica univoca per il futuro: continuare a smaltire rifiuti oppure implementare un’economia circolare.

Alla prima scelta si legano investimenti legati all’incenerimento e all’ampliamento delle discariche (le due opzioni non sono alternative, nel senso che l’incenerimento produce percentuali non trascurabili di ceneri che rappresentano rifiuti speciali da smaltire poi in discarica) o alla costruzione di impianti per la produzione di CSS. All’economia circolare si legano investimenti nella prevenzione della produzione dei rifiuti, nella raccolta differenziata, in impianti di recupero dei materiali, nella promozione di ricerca e trasferimento tecnologico per l’utilizzo anche della frazione secca non differenziabile nella produzione di nuovi materiali. In quest’ultimo caso, si deve riconoscere che, fin quando resterà una piccola percentuale di rifiuti che non può essere riciclata ci sarà il bisogno di una discarica in cui depositare quel materiale residuo oppure di accordi con Regioni o aziende che siano in grado di smaltire quella parte residua di rifiuti (destinata comunque a decrescere in pochi anni).

Se questa direzione sembra impossibile da raggiungere o demagogica, si faccia riferimento ad esempi italiani di rilevanza europea come il cosiddetto “modello Contarina” che riguarda la gestione dei rifiuti e del recupero di materiali in oltre 50 comuni della provincia di Treviso (servendo oltre 550mila abitanti). In questo bacino nel 2014 si è arrivati ad una percentuale di differenziata dell’85% con produzione di frazione secca residua di 55kg per abitante. Quest’ultimo valore, in Umbria, corrisponderebbe ad una quantità di frazione secca residua di meno di 50mila tonnellate all’anno, che non giustificherebbero neppure l’investimento per un impianto di Css ma lascerebbero preferire la strada dell’accordo temporaneo con altre regioni. Moltissimi comuni umbri in cui è partito il porta a porta ci hanno mostrato quanto sia facile raggiungere percentuali altissime in tempi brevi.

La scelta della sostenibilità è una scelta totalizzante. L’economia circolare è un modello che porta enormi vantaggi ambientali, economici ed occupazionali soltanto se implementata in modo rigoroso in tutti gli aspetti della produzione e del consumo. L’Umbria ha dimensioni ideali perché l’intero sistema possa essere riorganizzato in quest’ottica, ha un bagaglio di conoscenze e competenze diffuse tali da rendere possibili una programmazione e poi una pianificazione tanto concrete quanto ambiziose (e soprattutto in grado di attirare parte di quei fondi che l’Europa ha deciso di destinare in maniera massiccia all’uso efficiente delle risorse). In questa direzione si sta muovendo anche il nostro Partito a livello nazionale: il 2 febbraio scorso è infatti entrato in vigore il c.d. Collegato Ambientale (legge 28 dicembre 2015, n.221), che fissa interventi ed incentivi cruciali per lo sviluppo di un’economia circolare, mentre è già stato approvato alla camera e sta per completare il suo iter parlamentare il disegno di legge di ratifica degli accordi ambientali, tra cui l’Emendamento di Doha al Protocollo di Kyoto.

L’ottica novecentesca in cui la crescita economica ed il progresso generano aumento dei consumi e quindi dei rifiuti, tanto radicata da legare la produzione nazionale di rifiuti al PIL, deve essere rapidamente abbandonata (le direttive europee ci spingono a disaccoppiare consumi e produzione dei rifiuti dalla crescita economica), così come la convinzione che non esista altra fine per i prodotti che consumiamo se non lo smaltimento nel sottosuolo o l’incenerimento. Il modello lineare del “prendi-usa-getta” ha drasticamente ridotto la quantità di risorse a nostra disposizione aumentandone il costo e rendendo più povero e fragile l’ambiente in cui viviamo. Guardare al futuro ed innovare, oggi, vuol dire essere in grado di sviluppare un modello diverso di gestione delle risorse: i rifiuti non sono altro che materiali utilizzati durante la produzione dei prodotti che non possono essere riciclati alla fine del ciclo di vita.

In quest’ottica da febbraio la segreteria regionale, tramite il dipartimento ambiente, ha intrapreso un percorso con cui si vogliono approfondire i principali aspetti gestionali ed ambientali del ciclo dei rifiuti e delle materie prime seconde in Umbria.

L’approccio vuole essere un approccio di sistema, poiché la questione dei rifiuti lega tutti i territori e i cittadini dell’Umbria (anche se è evidente che alcuni risentono in misura superiore dell’impatto degli impianti) ed anche perché senza una profonda riprogrammazione del sistema, non si può che ambire a piccole e temporanee soluzioni tampone, localizzate ai singoli problemi che di volta in volta e sempre più spesso continueranno ad affiorare.
I Sindaci di tutti i comuni dell’Umbria governati dal Partito Democratico sono stati già invitati ad un primo incontro, così come l’Assessore all’ambiente della Regione Umbria, proprio con l’obiettivo di confrontare le tante esperienze e costruire la cornice entro la quale progettare avanti azioni comuni e sistematiche per modificare il quadro attuale.
Questo percorso deve necessariamente continuare, allargando il confronto ai cittadini, ai rappresentanti del mondo produttivo, a tutti gli attori che agiscono in sinergia con il territorio e che vogliono portare un contributo per ripensare un sistema che ha ripercussioni nella quotidianità di tutti: per le conseguenze su ambiente e salute, per la logistica e l’organizzazione dei servizi di raccolta e trasporto dei materiali, per le possibilità di sviluppo economico e di creazione di nuova occupazione.

Il Piano Regionale attuale

Il Piano Regionale per la Gestione dei Rifiuti (e successivi adeguamenti) contiene sicuramente molti aspetti positivi. Innanzi tutto la volontà di arrivare ad implementare una strategia “rifiuti zero”, sebbene in base al modello economico attuale la dicitura “low waste” sia più idonea, visto che esiste comunque, almeno per ora, una piccola parte dei beni prodotti per il consumo che non è riciclabile. In secondo luogo la prevenzione della produzione di rifiuti, in modo da diminuirne a monte le quantità prodotte, e la valorizzazione dei materiali utili per le attività produttive e dei beni destinabili al riuso. Tutto questo per arrivare ad una raccolta differenziata che superi il 65%, ad una tariffazione puntuale a beneficio dei cittadini e al superamento delle discariche. Nel piano è prevista anche la produzione di CSS: se da un lato è evidente che ancora oggi ci sia una parte della frazione secca dei rifiuti urbani che non può essere recuperata, dall’altro lato va sciolta l’ambiguità tra la scelta di una stretegia “rifiuti zero” e allo stesso tempo la volontà di investire soldi per impianti di trattamento di una parte residua che nel medio termine si vuole ridurre al limite a zero.

L’assenza di una scelta univoca da perseguire con convinzione, su cui concentrare tutte le risorse e le competenze disponibili, ha generato ritardi negli investimenti, sia per la fondamentale riduzione dei rifiuti a monte che per il recupero dei materiali. L’effetto dei ritardi è stata la quasi saturazione della capacità delle discariche umbre prima del raggiungimento degli obiettivi. A distanza di diversi anni, questo Piano non ha prodotto i risultati proposti e ad oggi è forte la necessità di intervenire per modificare ciò che non ha funzionato, in tempi brevi.

Il Partito Democratico dell’Umbria ha iniziato un confronto con tutti gli attori in campo sulle motivazioni che non hanno permesso il raggiungimento degli obiettivi fissati. In particolare si è partiti da un’analisi sui territori su quali siano ancora oggi le criticità o i punti di forza per quanto concerne la gestione e il trattamento dei rifiuti. In questo senso è stata forte la richiesta da parte dei Sindaci di un’interlocuzione più serrata da parte del Partito con i cittadini, le amministrazioni e il governo regionale. Laddove la politica non ha saputo essere presente per informare, dialogare, confrontarsi e discutere proposte, il vuoto è stato colmato da altre forme di partecipazione indirizzate principalmente all’espressione del dissenso a volte anche a causa dell’assenza di un interlocutore con cui costruire un dialogo. Va ricostruito un rapporto più costante e proficuo con i nostri concittadini, ma anche tra i vari livelli istituzionali: quando la Regione ha sollecitato una maggiore responsabilizzazione dei Comuni ed un’accelerazione sulla differenziata, i Sindaci hanno sottolineato l’assenza di finanziamenti adeguati, di incentivi efficaci, di forti campagne di sensibilizzazione in tutto il territorio regionale, di un’impiantistica adeguata.

Il Partito Democratico può e deve fornire luoghi e strumenti per uno scambio più assiduo tra livelli politici ed istituzionali, tra generazioni cresciute (anche per ciò che riguarda l’ambiente) con paradigmi e prospettive diversi, tra centro e periferie.

La riduzione a monte…prima di tutto

Quando si parla di gestione efficiente delle risorse si può partire anche dalle regole più semplici come il famoso “riduci, riusa, ricicla”. Regola importantissima e di facile comprensione, della quale però si tende a trascurare la parte più importante di tutte: Riduci.

I rifiuti non prodotti non occupano spazio nelle case dei cittadini, non vanno raccolti e trasportati, non vanno trattati negli impianti, non vanno smaltiti. Il modo migliore per risparmiare e rispettare l’ambiente è investire per la prevenzione della produzione dei rifiuti.

Le strategie per la riduzione a monte della quantità di rifiuti prodotti devono essere più strutturali ed incisive. Per questo c’è bisogno di una maggiore sensibilizzazione dei consumatori rispetto alla quantità di prodotti consumati e alla scelta di prodotti che abbiano la minore quantità di imballaggi possibile, soprattutto se non differenziabili.
Alto fattore cruciale su cui incidere è la grande distribuzione, con la quale si possono stilare accordi e protocolli per la riduzione degli imballaggi. In alcuni settori si può inoltre seguire la linea (inserita anche all’interno del Collegato Ambiente) del rilancio della pratica del “vuoto a rendere”, che necessita però di maggiore incentivazione. Anche il consumo di prodotti “alla spina”, come l’acqua che può essere prelevata direttamente dai cittadini nelle fontanelle pubbliche (a costi più bassi e senza il rischio della contaminazione dovuta ad un cattivo stoccaggio delle bottiglie di plastica prima della vendita), riduce notevolmente la quantità di rifiuti prodotti. La Regione ha già lavorato in questa direzione e molti Comuni hanno seguito questa linea, che va rafforzata estendendola fin dove possibile.
Grandi benefici, dal punto di vista della produzione dei rifiuti ma anche dal punto di vista sociale, possono venire dalla effettiva incentivazione dei centri del riuso e della lotta allo spreco alimentare, che grande risonanza ha avuto anche grazie all’Expo, il cui messaggio deve essere ora concretamente messo in pratica.

A titolo di esempio, la riduzione a monte di un 20% della quantità di rifiuti prodotti equivale a circa 100.000 tonnellate in meno di rifiuti da raccogliere e trattare ogni anno. Oltre alle percentuali sul recupero di materiali dai rifiuti, sarebbe opportuno stabilire per l’intera comunità umbra obiettivi misurabili in termini di quantità e di tempistiche anche per la prevenzione della produzione di rifiuti. A questo va associato a priori un sistema di premi e penalizzazioni che scattino in modo automatico per i Comuni che, entro i tempi stabiliti, raggiungano o meno gli obiettivi e che non si limitino al mero riconoscimento formale scritto in un diploma cartaceo.

La raccolta differenziata

La raccolta differenziata è sicuramente uno degli strumenti più utili (anche se non l’unico) per un utilizzo più efficiente delle risorse e dei materiali. È forse lo strumento più difficile da mettere in campo in modo efficiente, poiché coinvolge molti aspetti ed attori: i cittadini, i comuni, i gestori del servizio, i proprietari dell’impiantistica.
Per quanto riguarda i cittadini una forte autocritica che ci dobbiamo fare è la mancanza di un’informazione semplice, chiara ed omogenea e di un confronto aperto sulle difficoltà e le necessità che la popolazione incontra ogni giorno nel rapportarsi con la differenziata. Inoltre, i cittadini devono poter toccare con mano l’effettivo beneficio, anche in termini economici, del lavoro di differenziazione dei rifiuti svolto quotidianamente nelle loro case. È importante poter valutare, anche condividendoli con gli stessi cittadini, gli incentivi e le penalità da associare ad una buona RD, come l’aumento del costo per l’indifferenziato, la possibilità di calcolare la tariffa sulla base dei rifiuti effettivamente prodotti e non soltanto sui metri quadri, o la possibilità di multare il singolo turista (soprattutto nei comuni a forte vocazione turistica) o cittadino, anche se residente in un condominio. Probabilmente in questo caso l’utilizzo massiccio delle nuove tecnologie favorirebbe la valutazione dell’effettiva quantità di rifiuti prodotta, o della percentuale di materiali differenziati rispetto al totale o l’identificazione del responsabile di una cattiva differenziazione (per esempio nei grandi condomini). Progetti volti a favorire l’utilizzo dell’innovazione tecnologica per il miglioramento del recupero dei materiali o per una implementazione rigorosa della tariffazione puntuale sollecitata dalla Regione, possono essere finanziati anche mediante l’accesso a fondi europei e possono stimolare la nascita di nuove imprese innovative nel settore.

A proposito di tariffazione puntuale, i Comuni chiedono di ridiscutere le tariffe per il conferimento in discarica, attualmente troppo sbilanciate sui costi di gestione per poter avere un concreto beneficio al diminuire delle quantità conferite. Se non si implementa in tempi brevi un sistema efficace di tariffazione puntuale, di incentivi e di penalizzazioni per riconoscere il merito dei cittadini e dei territori che producono meno rifiuti o recuperano più materiali e per spronare chi non lo fa ad adeguarsi più in fretta, si rischia un abbassamento delle percentuali e della qualità della differenziata anche nei Comuni più virtuosi. Proprio la loro esperienza infatti ci insegna come si possa arrivare in tempi brevi a superare anche il 70% di differenziata (nel 2015 in pochi mesi anche la maggioranza dei comuni dell’Ati4 ha raggiunto questo risultato), ma anche che i cittadini, non percependone alcun beneficio, smettono altrettanto rapidamente di assolvere con diligenza al loro compito di differenziare i rifiuti.

Altro punto debole della gestione dei rifiuti urbani in Umbria è la sovrapposizione degli obiettivi con gli strumenti. Se l’obiettivo è quello del recupero e del riuso dei materiali, è importante chiarire che la raccolta differenziata è soltanto uno strumento (anche se tra i più efficaci) con cui raggiungerlo. Si devono legare i traguardi agli obiettivi da raggiungere e non allo strumento, perché questo invece distoglie dal vero scopo ultimo del sistema di gestione dei rifiuti e ne può distorcere le dinamiche, falsando i reali risultati ottenuti.

L’accento deve essere posto sulle percentuali di materiali effettivamente recuperati e sulla diminuzione di rifiuti totali prodotti, e non sulle percentuali di differenziata. Prendendo come esempio il trattamento dei rifiuti organici, se si hanno delle alte percentuali di differenziata ma poi l’obsolescenza degli impianti fa sì che circa la metà dell’organico trattato debba comunque poi tornare in discarica, l’obiettivo finale non è raggiunto, nonostante le alte percentuali di RD. Ecco perché si chiede di ragionare in termini “sistema” e non limitandosi ai singoli strumenti.
La responsabilizzazione dei comuni deve essere accompagnata anche da scelte lungimiranti sugli obiettivi prioritari, da strategie chiare da attuare per perseguirli e infine dalla scelta degli strumenti più idonei. Da questo punto di vista, si chiede di avere una presenza pubblica sempre più massiccia nella gestione dei rifiuti, perché nella pratica si perseguano gli obiettivi stabiliti nella programmazione, nell’unico interesse di rendere al cittadino il miglior servizio possibile in termini di costi ma anche in termini ambientali. Allo stesso tempo la responsabilità del controllo sulla gestione deve essere separato dalla responsabilità della gestione stessa, per non causare sovrapposizioni tra gestore e controllore.

E i rifiuti speciali…?

Obiettivi e strategie non possono non ricomprendere la maggior parte dei rifiuti prodotti in Umbria: quelli speciali. Innanzi tutto si rileva la necessità di un Piano Regionale per la Gestione dei Rifiuti Speciali, che muova dalla mappatura delle attività che li producono e dalle necessità logistiche e di impiantistica per la gestione di questi rifiuti. Questo per agevolare le imprese che in molti casi smaltiscono già da sole la maggior parte dei rifiuti derivanti dalle loro attività produttive e per ridurre il conferimento in discarica.

A proposito di imprese

L’intero sistema produttivo merita attenzione dal punto di vista della riduzione dei rifiuti a monte e della valorizzazione della parte di rifiuti che possono essere riutilizzati nei processi produttivi. C’è la necessità forte di velocizzare l’identificazione e la costruzione di un ciclo economico e di filiere legate al riutilizzo delle materie prime seconde. Vanno agevolate (come previsto dal Collegato Ambiente) le aziende con una produzione basata su materiali di recupero e materie prime seconde, con processi che siano in grado di ridurre al minimo e di riutilizzare gli scarti di produzione.

Va incentivata una riprogettazione di materiali, prodotti e processi che renda più efficiente possibile lo sfruttamento delle risorse (materiali ed energia) così come indicato nella strategia Europea per il 2020. Si devono rimuovere tutte le barriere culturali, normative o economiche che limitano lo sviluppo di un’economia circolare nel territorio, unico modello che possa davvero portare alla riduzione dei rifiuti, al miglioramento delle condizioni ambientali e alla creazione di nuova occupazione.

Sono stati stimati dai 630.000 agli 830.000 nuovi posti di lavoro in EU e una riduzione delle emissioni di CO2 tra 300 e 400 milioni di tonnellate fino al 2030 (Advancing Resource Efficiency in Europe: Indicators and waste policy scenarios to deliver a resource efficient and sustainable Europe, Beasley et al., 2014) grazie all’implementazione di un’economia circolare, mentre il Conai ha invece stimato la possibilità di far nascere 90.000 posti in Italia entro il 2030 sviluppando la sola filiera del riciclo (Ricadute occupazionali ed economiche nello sviluppo della filiera del riciclo dei rifiuti urbani, CONAI e Althesis, 2014).

La crescita di un tessuto economico in grado di riassorbire i materiali derivanti dai rifiuti differenziati (anche superando la logica dei consorzi obbligatori), accrescerebbe anche il ritorno economico della raccolta differenziata, portando benefici per i cittadini e le imprese che vedrebbero ridursi la tariffa dei rifiuti. La Regione in quest’ottica può rivestire un ruolo fondamentale, non solo di indirizzo ma anche di coordinamento, per esempio dei progetti volti ad innovare nel campo della sostenibilità, agevolando così l’accesso a fondi europei per l’utilizzo efficiente delle risorse.

Incentivare la ricerca nel settore dei materiali derivanti dal riciclo, ad esempio, è una strada efficace per ridurre la quantità di rifiuti non riciclabili e tendere a quell’obiettivo “rifiuti zero” in tempi più rapidi. È sempre maggiore la quantità di studi sulla effettiva possibilità di produrre materiali anche utilizzando, tutta o in parte, anche la frazione secca residua non riciclabile (e alcuni esempi di prototipi si trovano nel polo di Ingegneria di Terni).
Molti territori sono stati contaminati dalla presenza di impianti o dalla mancanza di controlli su azioni illecite di deposito o sversamento. Anche la necessità di ripristinare le condizioni ambientali in questi luoghi deve essere un incentivo alla crescita di nuove competenze, imprenditorialità e quindi occupazione.
Ogni territorio, in base alle proprie peculiarità, alle conoscenze maturate nel corso dei decenni ed al proprio tessuto economico, è in grado di dare uno specifico contributo allo sviluppo di un sistema produttivo umbro orientato all’economia circolare. Il nuovo approccio deve quindi partire dalla valorizzazione delle capacità dei singoli per la soluzione di problematiche comuni a tutti.

L’impiantistica

C’è bisogno infine, come si è detto, di una mappatura dell’impiantistica esistente e di un ammodernamento, tenendo in considerazione i volumi di materiale che andrà trattato nei prossimi anni con il raggiungimento degli obiettivi fissati in merito alla riduzione a monte di rifiuti prodotti e al recupero di materiali. Sarebbe infatti controproducente avere un’impiantistica sovradimensionata rispetto agli obiettivi di diminuzione della quantità di rifiuti indifferenziati o sottodimensionata rispetto a quelli di aumento della quantità di materiali da recuperare. Si devono mettere i Comuni ed i gestori del servizio nelle condizioni di poter davvero rispettare la strategia programmata a monte dalla Regione e per fare questo c’è bisogno di rivedere le capacità o le caratteristiche degli impianti di trattamento e di selezione a freddo dei rifiuti o il bisogno di nuova impiantistica, nonché la logistica dei trasporti perché i costi ambientali ed economici del trasporto dei rifiuti e poi delle materie prime seconde siano i più bassi possibili. In quest’ottica può essere fondamentale la possibilità di connettere con le tre piattaforme logistiche i principali impianti e le principali attività produttive in grado di riutilizzare i materiali recuperati nelle loro produzioni. Il trasporto su ferro è un’alternativa meno costosa e più sostenibile, ma si concretizza soltanto nel momento in cui si dispone di infrastrutture adeguate.

L’Auri

In questo percorso, la costituzione dell’Auri rappresenta un’opportunità per una collaborazione mai come ora necessaria tra i territori dell’Umbria. L’Auri deve avere uno spiccato ruolo di indirizzo ed essere in grado di attuare le strategie proposte in modo armonico, puntando a realizzare gli obiettivi comuni valorizzando le peculiarità dei singoli territori all’interno del sistema. Con una particolare attenzione ai Comuni più virtuosi, assumendo come modello quelli che sono riusciti a gestire meglio i rifiuti (e le acque) contenendo di più i costi per i loro cittadini e cercando di replicare nel resto dell’Umbria queste esperienze.

Più volte è stato sottolineato quanto sia importante ridurre il numero di gestori e avere il massimo controllo pubblico su di essi, per tradurre in progetti concreti la programmazione fatta a monte. I gestori privati e i partner extra-regionali devono essere valutati in modo accurato, poiché devono essere in grado di garantire la stabilità dell’intero sistema di gestione umbro, rispettando bisogni ed interessi della nostra comunità. Si deve ricercare la sostenibilità economica con l’obiettivo di garantire la massima attenzione al territorio e ai cittadini. Questo va introdotto in modo preciso, specificando obiettivi, limiti e obblighi, nei contratti con i privati che, nel perseguire il proprio obiettivo di massimizzare il profitto, si propongono per la gestione dei servizi destinati alla collettività.

Dunque

L’obiettivo in questa fase deve essere quello di affrontare nell’immediato le criticità ma costruire, in modo altrettanto urgente, una proposta risolutiva per il medio periodo, con obiettivi chiari, coraggiosa, che superi i campanilismi e punti alla costruzione di un sistema virtuoso, in modo da evitare il continuo susseguirsi di situazioni d’emergenza.
Si deve superare la convinzione, ancora troppo diffusa, che la tematica dei rifiuti possa essere gestita solo “a valle” e conservando lo stesso approccio che ha portato, negli ultimi decenni, alla nascita di tutte le problematiche che oggi ci troviamo a dover affrontare: i rifiuti non sono altro che materiali e se ci sono “rifiuti da smaltire” è perché produciamo ancora con materiali che non sappiamo riciclare.

Si può e si deve ribaltare la logica lineare del “prendi-usa-getta” e riprogrammare un sistema fondato sulla sostenibilità e sull’utilizzo efficiente delle materie prime, a partire dalla progettazione di prodotti e del loro ciclo di vita, di processi e servizi sostenibili, in modo da ridurre in modo drastico la produzione di rifiuti e il consumo di risorse.

Non si tratta soltanto di immondizia. Si tratta del nostro modo di consumare, dei nostri sistemi produttivi, della nostra educazione alla sostenibilità e al rispetto per le risorse di cui disponiamo, delle nostre scelte. Se qualche anno fa un’economia circolare poteva rappresentare un obiettivo ambizioso, oggi è diventata scelta possibile, necessaria e non rinviabile.

Il Partito Democratico deve approcciare al dibattito in maniera aperta, facendo autocritica, guidandolo con spirito costruttivo e abbandonando l’opacità e la titubanza che troppo spesso circondano il tema dei rifiuti. Andando a colmare le distanze tra le amministrazioni ed i cittadini, rimasti sempre più isolati, sfiduciati nei confronti delle istituzioni e dell’effettiva efficacia della condivisione una buona proposta politica, che invece dobbiamo riaffermare con decisione per riguadagnare una prospettiva più ambiziosa e serena.

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