Telfer Terni, scontro da mezzo milione per lo smontaggio: Comune ko, esulta la Italeaf

Sentenza civile: il giudice Bellei annulla l’ordinanza di ingiunzione di palazzo Spada. Tutto nasce con il contratto del 1996. Focus anche sulla promessa di musealizzazione

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di S.F.

La Italeaf Spa, il Comune di Terni e la Telfer di Papigno, tirata giù nell’autunno del 2018 tra polemiche e scontri politici. Sono i protagonisti di un contenzioso giudiziario che ha visto soccombere palazzo Spada per un curioso scontro legato alle spese di demolizione: c’è la sentenza civile del giudice Tommaso Bellei sul ricorso presentato dalla società.

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Il casus belli e la cifra in ballo

La storia nasce con l’atto di citazione della Italeaf – in passato Terni Industrie Chimiche – in riassunzione del 28 novembre 2018. Motivo? La richiesta di accertare e dichiarare l’obbligo del Comune a sostenere tutte le spese e gli oneri legati all’esecuzione dei lavori di smontaggio e spostamento della Telfer. E di conseguenza il fatto che non è debitrice. Di mezzo anche la realizzazione e l’allaccio del by-pass del gasdotto sulla base del contratto stipulato tra le parti il 26 settembre del 1996 a rogito del notaio Fulvio Sbrolli. Il tema era finito anche al Tar Umbria ma, nel luglio 2018, il Tribunale amministrativo regionale sancì l’inammissibilità per difetto di giurisdizione sul provvedimento di palazzo Spada firmato il 26 novembre 2012: in quel caso ci fu la diffida a Italeaf per provvedere alla rimozione e allo sviluppo del by-pass. Bene, ma di quanto si parla in termini economici? È indicato nell’atto di Bellei: il 12 luglio 2019 il Comune si è mosso con un’ingiunzione di pagamento da 529.615 euro. Non poco. E la società ha impugnato. Con accoglimento dell’istanza di sospensione.

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La storia e il contratto

Bene, perché bisogna riavvolgere il nastro al 1996? Il 26 settembre di quell’anno la Terni Industrie Chimiche – oggi Italeaf – vende al Comune il complesso immobiliare dell’ex stabilimento di Papigno. «All’articolo 3 del suddetto contratto, le parti prendevano atto dell’esistenza di una servitù di gasdotto sulle particelle 383, 384 e 386 del foglio 161, nonché sulla particella 69 del foglio 143 e concordavano che gli oneri e le spese necessari per la manutenzione, sia ordinaria che straordinaria, nonché per la gestione della sicurezza del detto gasdotto… sarebbero rimasti a carico della società venditrice». Si arriva al nodo Telfer che, come spiegato nella sentenza, «sia al momento della vendita che successivamente il gasdotto risultava ancorato ad una passerella metallica che permetteva il passaggio dello stesso sopra la strada statale Valnerina ed il fiume Nera per poi proseguire verso lo stabilimento della Italeaf nel Comune di Nera Montoro». Chiaro. La storia recente è invece più nota e nel 2018 c’è stato lo smontaggio per via del cattivo stato.

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La visione diversa

Si giunge al motivo del contendere. Per la Italeaf le spese sono a carico del Comune – citato l’articolo 1068 del codice civile – in qualità di proprietario del fondo servente. Sponda palazzo Spada invece si riteneva che vanno a carico del ricorrente perché «la passerella aveva solo la funzione di dare supporto al gasdotto e che, quindi, debba essere considerata come facente parte di un complesso unico e globale necessario solo ed esclusivamente per il corretto e completo esercizio del diritto di servitù». Questione tecnica. Inoltre l’avvocatura comunale ha ricordato l’articolo 3 del contratto di compravendita citato sopra. Niente da fare, non è così per il tribunale di Terni: «Invero, come emerge dalla relazione tecnica illustrativa depositata dallo stesso Comune di Terni del 26 settembre 2018, la passerella è stata realizzata nel 1929 per collegare i reparti di produzione dell’ex stabilimento elettochimico di Papigno con il magazzino di stoccaggio del prodotto finito posto sul lato opposto della Ss Valnerina e consentire così il trasferimento, mediante trasportatori meccanici, del prodotto stesso dagli uno all’altro. Pertanto – scrive Bellei – tale passerella non può in alcun modo rientrare nel concetto di ‘adminicula’ e, per tale via, rientrare negli obblighi di manutenzione e gestione previsti dall’articolo 3 del contratto sottoscritto fra le parti nell’anno 1996». In definitiva la Telfer «poteva assolvere a molteplici scopi che potevano essere funzionali a collegare aree diverse dello stabilimento che, in assenza, erano separate perché attraversate dalla pubblica via». Gli avvocati coinvolti sono Giovanni Ranalli e Paolo Gennari.

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La promessa di musealizzazione

C’è poi un altro punto interessante che, a vedere lo stato attuale, non è che stia procedendo granché. Anzi: «A ciò si aggiunga che, dalla stessa relazione illustrativa come dal provvedimento del consiglio dei Ministri adito per superare un dissenso della soprintendenza regionale, risulta che il Comune di Terni si sia impegnato, da una parte, a smontare la suddetta passerella perché in grave stato di degrado e pericoloso per la pubblica incolumità ma, dall’altra, si sia impegnato ‘a riassemblarla – si legge nella sentenza – e sottoporla ad un intervento di manutenzione finalizzato alla sua musealizzazione e al suo recupero e successivo rimontaggio’. Da cui si evince che l’iniziale dissenso della soprintendenza è stato superato solo perché il Comune di Terni si è impegnato a provvedere allo smontaggio della passerella, al suo recupero ed al suo successivo rimontaggio». Infine «la scelta di smontare la passerella e, quindi, collocare altrove il gasdotto – mediante interramento – è stata effettuata dall’amministrazione comunale sempre sulla base delle valutazioni dei propri tecnici di fiducia i quali hanno rilevato che non risultavano praticabili altre soluzioni alternative». L’esito è a vantaggio della Italeaf: spese tutte a carico di palazzo Spada, annullamento dell’ordinanza di ingiunzione del 2019 e condanna del Comune a rimborsare l’esborso di natura legale per 9 mila euro.

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