Terni: Faurecia chiude l’anno con il miglior risultato di sempre e 15 stabilizzazioni

Fiom: «Ma nessun bonus economico per i lavoratori». Fim e Uilm: «Ora il piano di risultato»

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Buone notizie, ma anche qualche elemento di insoddisfazione, alla Faurecia di Terni, seconda azienda metalmeccanica del territorio che dà lavoro a circa 250 dipendenti diretti: l’azienda, lunedì, ha illustrato alle organizzazioni sindacali un aggiornamento del piano industriale, annunciando la chiusura di un 2022 in positivo e la prossima stabilizzazione di 15 lavoratori.

Il bilancio

Nell’anno che sta per terminare – ha riferito il management ai rappresentanti di Fim Cisl, Fiom Cgil e Uilm Uil – è stato raggiunto, fino a essere addirittura superato, il budget di vendite preventivato, con un fatturato che – secondo fonti sindacali – dovrebbe andare oltre i 110 milioni di euro, il miglior risultato raggiunto in 25 anni di attività. «Un segnale di stabilità in un mercato altalenante, complicato e imprevedibile» lo definiscono le rsu di Fim e Uilm, insieme alle loro segreterie provinciali, convinte che «tale risultato debba materializzarsi con le discussioni future sul piano di risultato». In questo quadro, la stabilizzazione di 15 lavoratori somministrati (su una sessantina totale, ndr) in personale sociale Faurecia, entro il 10 gennaio 2023, viene considerata dalle due sigle sindacali «un ottimo segnale che va nella direzione giusta». A questo si aggiunge la contrattualizzazione di cinque lavoratori in staff leasing che viene auspicato «possa avere lo stesso percorso di consolidamento lavorativo come dipendenti diretti della società Faurecia, principio che deve valere per tutti i lavoratori delle agenzie di somministrazione».

Le prospettive

Anch’essa soddisfatta per i risultati raggiunti e per le stabilizzazioni, ma convinta che ci siano ancora diversi elementi in chiaroscuro da evidenziare, è la Fiom. «Premesso che sono segnali non scontati, in un generalizzato panorama socio economico di crisi profonda come quello attuale – scrivono le tute blu della Cgil -, non possiamo nascondere anche alcune situazioni a nostro avviso non positive. Negativo il fatto che si continui a rimandare un confronto con un piano industriale di più ampio respiro, che affronti tutti i temi connessi alla transizione ecologica e, quindi, le problematiche che potremmo dover affrontare in termini di riconversione, reindustrializzazione, ecc …, così come eventuali discussioni sulla possibilità di ricostruire una filiera del ‘tubo marmitta per motori a idrogeno’ sul territorio, che vada a sostituire quella attualmente in essere, ma legata ai motori endotermici che verranno dismessi nei tempi fissati dall’UE (attualmente il 2035)». Per la Fiom è legata a un piano industriale di questo tipo anche la discussione sull’andamento dei livelli occupazionali, che per i metalmeccanici della Cgil «deve andare oltre le stabilizzazioni e guardare molto più al futuro». In questo senso l’operazione con cui l’azienda ha detto di voler passare in ‘staff leasing’ altri 5 lavoratori interinali «non può rientrare in un’ottica di superamento del lavoro precario»

Niente aiuti ai dipendenti

«Ribadiamo il giudizio negativo, vista anche la conferma del risultato economico dell’anno in corso – continua la Fiom -, in merito alla recente posizione aziendale di chiusura e di mancanza di sensibilità verso i dipendenti, che ha portato al mancato riconoscimento di aiuti di natura economica legati ai rincari dei costi dell’energia e del costo della vita, così come previsto dai decreti legge governativi del recente passato. Ribadiamo, altresì, la centralità della rsu, che deve essere valorizzata attraverso i canali del confronto e della discussione con la direzione aziendale, per quanto riguarda la gestione delle dinamiche aziendali riguardanti le lavoratrici e i lavoratori. Invitiamo quindi l’azienda ad un rinnovato impegno nel perseguire la strada delle relazioni sindacali con i rappresentanti dei lavoratori, assumendo atteggiamenti di discontinuità rispetto a quanto posto in essere nel recente passato come, ad esempio, la mancata convocazione di tavoli affinché si discutesse delle stabilizzazioni, dei riconoscimenti delle professionalità e di un accordo al passo con i tempi che andasse a regolare lo smart working».

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