Terni, sussidio difficile: «Normativa carente»

Il caso particolare di una donna affetta da depressione, il cui figlio non è riuscito ad ottenere i certificati e si è rivolto al privato

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Un disagio vissuto sulla propria pelle, rappresentato dalle tante difficoltà per avviare l’iter per la valutazione del sussidio di accompagnamento in favore della madre 61enne, seguita da tempo dal Sim della Usl 2 in ragione della depressione che la affligge da anni. A raccontarlo è il figlio della donna.

Il rifiuto dei medici «Nel 2014, pensando potesse farle bene e anche per allontanarla da alcuni ‘ricordi’, l’abbiamo convinta a farsi assistere da una struttura dedicata a chi soffre di tali patologie, limitrofa a Terni. Due anni dopo, però, è voluta tornare a casa, dopo aver maturato la convinzione che non fosse quello il posto più adatto a lei. Da quel momento in poi non ha più voluto sentire parlare di medici né di visite o terapie».

Certificato complicato La speranza che la situazione potesse migliorare,si è così scontrata con la realtà: «Nei mesi scorsi – racconta il figlio – mi sono attivato per avviare l’iter che potrebbe portare alla concessione dell’accompagnamento. Ma ottenere il certificato da sottoporre al medico di base è stata un’odissea».

Nuovi interlocutori Dopo essere andato al Sim, l’uomo ha scoperto che la dottoressa che seguiva la madre aveva nel frattempo cambiato mansioni. Chi effettuava visite domiciliare finalizzate al rilascio del certificato, non c’era più: al suo posto un medico proveniente dalla provincia di Perugia, attivo su Terni per due volte la settimana.

Visita a vuoto «Quando ho parlato con il medico, ho chiarito che mia madre non si sarebbe fatta visitare e a quel punto mi è stato detto che se non fosse stata consenziente, nulla si sarebbe potuto fare. Abbiamo comunque preso appuntamento e il giorno che i sanitari si sono presentati a casa, con l’auto della Usl, lei non gli ha neppure aperto la porta di casa».

La riflessione A quel punto l’uomo si è attivato per entrare in possesso dello ‘storico’, di tutti i certificati – una sorta di cartella clinica – rilasciati negli anni, che attestassero la situazione della donna: «A fronte della richiesta, mi è stato risposto che deve essere lei direttamente a richiederli, non avendo alcun tipo di interdizione. A quel punto ho preferito rivolgermi ad un privato, ma la mia riflessione è semplice: cosa si può fare per una persona affetta da depressione che rifiuta qulsiasi contatto con i medici, pur non essendo violenta? Il Tso è riservato a persone che presentano una certa pericolosità sociale, ma fortunatamente non è il caso di mia madre. Manca, evidentemente, una qualche norma in grado di affrontare anche situazioni del genere. Altrimenti si rischia uno stallo da cui la persona interessata né i familiari sono in grado di uscire, se non rivolgendosi a privati».

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