Terni, ‘caso crocifisso’: «Andiamo in chiesa»

Parla il padre del bambino finito nell’occhio del ciclone: «Nessun problema di religione. Si è comportato male ma è stato provocato»

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Lui non ci sta a vedere suo figlio definito come un teppista o, peggio, un futuro integralista. Il padre del bambino che ha colpito con un pugno una coetanea, nella scuola ‘Benedetto Brin’ di Terni, scatenando una ridda di commenti e prese di posizione che, via via che si andava delineando uno scenario diverso da quanto apparso in un primo momento, si sono andate sopendo.

IL CORSIVO DI WALTER PATALOCCO

«Sempre in chiesa» «Il crocifisso? Non c’entra niente. Mio figlio non solo capisce pochissimo l’italiano, ma da quando è tornato in Italia frequenta tutti i giorni la chiesa del quartiere (in una delle zone più popolose della città, ndR). Lì ci va a giocare, a fare i compiti perché trova sempre qualcuno che lo aiuta a studiare. E anche la nostra famiglia dalla chiesa ha avuto sempre una mano, un aiuto economico i primi tempi, e anche un pacco di alimenti che ogni mese ci aiuta a tirare avanti».

PARLA IL PADRE DEL BAMBINO SENEGALESE – L’INTERVISTA

La famiglia Il padre del bambino finito nell’occhio del ciclone, spiega perché secondo lui quello che è successo non c’entra niente con la religione e racconta la sua storia. «Vivo a Terni da 20 anni e ho fatto un sacco di lavori. Ho sette figli e lui (lo indica, ndR) è stato qui fino all’età quattro anni, poi è tornato in Senegal dai nonni nel 2007 e in questi anni è rientrato in Italia ogni tanto per qualche vacanza. Poi un mese fa, il 17 aprile, è tornato a vivere con noi a Terni e l’ho iscritto a scuola. Ha iniziato a frequentare il 27 aprile».

Il gesto «I giorni scorsi quando tornava da scuola, mio figlio era nervoso e mi raccontava quello che succedeva. Qualche presa in giro, qualche battuta, io ne so qualcosa perché ci sono già passato – commenta amaramente -. Per lui non è sicuramente facile. Un giorno ha litigato con quella ragazza e lei gli ha dato uno schiaffo. Lui ha cercato di ridarglielo e professoressa lo ha subito ripreso. Poi giovedì (il giorno del ‘fattaccio’, ndR) lei gli ha dato un altro schiaffo e lui ha aspettato che uscisse da scuola per restituirglielo. Ovvio che non si fa, ma il motivo del gesto è questo. Nessun’altro».

Religione «Siamo musulmani sì, ma questo non vuol dire niente. Abbiamo sempre vissuto in pace con tutti. Sono qui da anni e, a parte le cose che possono capitare, non c’è stato mai un problema. Mio figlio sa che usare le mani è sbagliato. Se vuole fare pace? Certo, ma come lui non deve comportarsi male, lo stesso devono fare gli altri».

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