Terni, pulper ‘inidoneo’ destinato a Maratta

La Procura di Firenze indaga sul rischio ambientale: l’impianto Aria-Acea – estraneo all’indagine – avrebbe utilizzato quasi 10 mila tonnellate di materiale non conforme

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9.780 tonnellate di ‘pulper’ – tecnicamente, scarti provenienti dal ciclo produttivo della carta – incompatibile con l’incenerimento perché non trattato adeguatamente: troppo umido e – aspetto decisamente più preoccupante – contenente sostanze chimiche tossiche come derivati della plastica, polistirolo e fanghi originati dalla de-inchiostrazione della carta.

Inceneritore Acea Maratta2 (FILEminimizer)A Terni L’ingente quantitativo è quello che due imprese della provincia di Lucca, attraverso una ditta di Pescia (Pistoia), avrebbero conferito nel corso del 2014 presso l’inceneritore Aria Srl di Terni, nella zona di Maratta. Altre quantità dello stesso materiale – classificabile come rifiuto pericoloso per l’elevata presenza di idrocarburi o, comunque, come rifiuto industriale – è finito in altri due impianti, a Brescia e Gallicano (Lucca).

L’operazione La complessa indagine, denominata ‘Demetra’, è quella con cui la Guardia di finanza di Firenze – in collaborazione con il Corpo forestale dello Stato di Firenze e l’Arpat (l’agenzia per la protezione ambientale della Toscana, ndR) – ha portato alla luce in questi giorni un vasto traffico illecito di rifiuti. Sei in totale gli arresti – oltre a beni sequestrati per circa 7 milioni di euro – e quattordici indagati a cui vengono contestati i reati di ‘attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti’, ‘truffa ai danni di un ente pubblico’ e ‘falsità ideologica’.

L'inceneritore Aria-Acea di Terni

Conseguenze per l’ambiente Il sospetto che il materiale bruciato presso l’impianto Aria-Acea di Terni – estraneo all’indagine – abbia prodotto conseguenze ambientali è reale. Tanto che il sostituto procuratore Giulio Monferini, oltre ad individuare fra le parti offese sia la Regione Umbria che la Provincia di Terni, ha incaricato tre periti, uno dei quali – un geologo – per «valutare l’impatto ambientale in relazione all’impiego in forme di recupero in discarica o in termovalorizzatori».

«Non utilizzabili» Presso l’impianto della ditta di Pescia, che dal 2013 al novembre del 2014 si sarebbe occupata anche del trattamento e del recupero preliminare dei rifiuti, sarebbe stata effettuata solo «una grossolana cernita dei metalli, peraltro in forma prevalentemente fittizia, per poi essere destinati, nella forma del recupero, a termovalorizzatori che non avrebbero potuto impiegarli nel ciclo di combustione in quanto comunque troppo umidi».

Quali conseguenze? L’impianto Aria-Acea di Terni sarebbe peraltro dotato di un apposito spazio per ‘l’asciugatura’ del pulper ritenuto troppo umido che, oltre a ‘depotenziare’ la combustione e la conseguente produzione di energia – contro gli interessi della stessa azienda -, «potrebbe – secondo la procura fiorentina – portare alla produzione di percolato contaminato». Il profitto illecito ricavato dagli indagati, fra cui anche i titolari di una ditta di trasporti ritenuta vicina al clan dei Casalesi, sarebbe superiore ai due milioni di euro. Ovvio chiedersi quanto del materiale giunto a Terni sia stato bruciato e quali conseguenze possa aver prodotto sull’ambiente e sulla salute dei cittadini: aspetti che i magistrati intendono approfondire.

Lega Nord In merito all’inchiesta è intervenuto il capogruppo in regione della Lega Nord, Emanuele Fiorini: «Bisogna prendere atto – afferma – che ci troviamo di fronte ad una vicenda che nasconde ancora molte ombre e sulla quale dobbiamo fare una profonda riflessione. Ci rivolgiamo al sindaco di Terni, Leopoldo Di Girolamo, ed al prefetto Angelica Pagliuca affinché blocchino l’attività dell’inceneritore attivo e rimandino la riaccensione di quello spento, in attesa di conoscere ogni risvolto dell’inchiesta e capire a che titolo sono coinvolti gli impianti ternani».

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