Carabiniere morto: presa la banda di ladri

Il vice brigadiere Emanuele Reali, originario di Cascia, aveva perso la vita – investito da un treno – nel tentativo di acciuffare una banda di malviventi a Caserta. Chi sono e come operavano

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Per inseguirli, Emanuele Reali, vice brigadiere 34enne originario dell’Umbria ma operativo nel casertano, era finito sotto un treno, lasciando moglie e figlia piccola. Erano stati presi, con l’accusa di furto, poi alcuni di loro erano stati scarcerati. Ora tornano tutti in carcere in virtù di un nuovo blitz condotto dai carabinieri della compagnia di Caserta, in esecuzione dell’ordinanza emessa dal gip di Santa Maria Capua Vetere.

LA MORTE DI EMANUELE REALI QUEL TRAGICO 6 NOVEMBRE

Furti in serie

Si è scoperto infatti che il furto non era isolato ma si trattava di una banda che agiva a ripetizione e i componenti erano ben più di quattro: ben 12 gli arrestati, fra cui due donne; sei di loro sono finiti in carcere, altre sei sono agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico. Sono accusati di 17 furti in abitazione (tentati o consumati) nelle città di Caserta, Napoli e Salerno, tra il 13 luglio ed il 6 novembre, il giorno della tragica fine di Emanuele Reali: uno dei malviventi, dopo un furto compiuto all’interno di un parco di Caserta, aveva scavalcato i muri di recinzione della ferrovia e il carabiniere aveva comunque provato a raggiungerlo sui binari, ma proprio in quel momento il convoglio lo aveva investito e ucciso. Le ricerche dei malviventi partirono subito. Due di loro furono intercettati subito mentre attendevano che una delle donne andasse a recuperarli. Il terzo, quello che Reali stava inseguendo, fu preso poco dopo il tragico evento.

IL CORDOGLIO DI CASCIA PER EMANUELE

Banda iper organizzata

Gli obiettivi venivano selezionati mediante accurati sopralluoghi, tra i condomini con appartamenti dotati di portoncini con serrature a cilindro (quelli che si possono aprire con un foglio di radiografia). Localizzato l’obiettivo, venivano parcheggiate le autovetture (prese a noleggio) già pronte per la fuga e venivano posizionati i ‘pali’, dotati di radioricetrasmittenti per le comunicazioni. Gli altri componenti, invece, si recavano presso le abitazioni dopo aver accuratamente accertato che i proprietari non vi fossero, citofonando ripetutamente ad intervalli regolari. Una volta ssicuratisi dell’assenza dei proprietari, i componenti della banda entravano negli appartamenti servendosi delle caditoie dell’acqua ed entrando dai balconi. Gli attrezzi di scasso erano nelle auto e se li facevano passare dai complici con richieste telefoniche.

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