Caso Alpi, fascicolo su presunto depistaggio

La Procura di Roma indaga sulla gestione del principale accusatore di Hashi Omar Hassan, assolto dalla Corte di Appello di Perugia

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Nuova tappa dell’infinita vicenda che riguarda la tragica fine di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, giornalista e operatore video massacrati a Mogadiscio, in Somalia, il 20 marzo 1994.

Luciana, mamma di Ilaria Alpi

Mistero infinito Una morte avvolta nel mistero, così come misteriose sono le vicende giudiziarie che si sono susseguite fino ad oggi. La sentenza della Corte di Appello di Perugia che il 19 ottobre scorso ha assolto l’unico condannato, il somalo Hashi Omar Hassan, a conclusione del processo di revisione, ha ufficializzato che ci sono state anomalie nella gestione di un testimone rivelatosi poi falso: Ahmed Ali Rage, detto Gelle, principale accusatore di Hassan, che ha poi ritrattato completamente la sua ricostruzione, prima in tv poi ai magistrati della Procura.

Falso, calunnia, favoreggiamento I reati ipotizzati dai magistrati, per il momento contro ignoti, sono: falso in atto pubblico, calunnia e favoreggiamento. Il procuratore Giuseppe Pignatone ha affidato il fascicolo al sostituto Elisabetta Ceniccola, già titolare dell’inchiesta bis sul duplice omicidio. L’ultimo appello alla riapertura delle indagini era arrivato da Luciana Alpi, madre di Ilaria, nel corso di un convegno organizzato a Roma dalla Fnsi.

Conferenza a Montecitorio

Rifiuti e armi Al momento dell’agguato, Ilaria Alpi stava lavorando su un filone chiaro, su cui aveva già inviato alcune ricostruzioni alla redazione del Tg3, testata per cui lavorava: una perversa partita di giro fra Italia e Somalia che prevedeva l’invio sottobanco di armi in cambio dell’accettazione di rifiuti tossici che le aziende italiane non sapevano come smaltire (o, meglio, non volevano accollarsene i costi). Veri e propri ‘viaggi della morte’ che avvenivano via mare.

Le presunte promesse a Gelle Prima a un giornalista somalo, poi alla trasmissione italiana ‘Chi l’ha Visto’, Gelle ha affermato di aver mentito dietro la promessa di soldi e di un visto per l’Italia. Versione confermata alla Procura di Roma in rogatoria. Questa svolta sarà uno dei tasselli decisivi che porterà poi all’assoluzione di Hashi Omar Hassan, dopo ben 16 anni di carcere. Ma ciò ha portato tutto al punto di partenza: dopo 23 anni di quell’agguato non si conscono gli esecutori e nemmeno i mandanti.

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