Olio di oliva falso, l’Umbria truffata

Si chiama ‘Mamma mia’ e vede coinvolte – pare come vittime – anche diverse aziende umbre che avrebbero acquistato, senza saperlo, dell’olio spacciato come italiano. Ma che non lo è. In corso ci sono ispezioni, anche nelle aziende dell’Umbria.

La frode L’operazione, coordinata dalla procura della Repubblica di Trani in collaborazione con la Guardia di finanza, è stata avviata dall’Ispettorato repressione frodi del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali: viene indicata come una delle più importanti messe in atto per sradicare l’attività – specialmente in Puglia e Calabria – di frode.

I sequestri ‘Mamma mia’ avrebbe permesso di ‘bloccare’ oltre duemila tonnellate di olio – che sarebbe stato messo in circolazione come extravergine di oliva italiano – per un valore di oltre 13 milioni di euro. Sarebbero almeno otto le persone indagate, con l’accusa di frode agroalimentare e di reati fiscali, connessi a un giro di fatture false per oltre 13 milioni di euro.

Il ‘giro’ Gli investigatori hanno accertato che – negli anni 2014 e 2015 – le oltre 2 mila tonnellate di olio extravergine di oliva, proveniente da Spagna e Grecia, sono state commercializzate come olio 100% Italiano. Il complesso sistema di frode prevedeva il ruolo di imprese ‘cartiere’ pugliesi e calabresi che emettevano falsa documentazione attestante l’origine nazionale di olio extravergine di oliva, che – mediante artifizi e triangolazioni documentali – arrivava presso ignari soggetti imbottigliatori già designato come Made in Italy, pronto per il confezionamento e la distribuzione sul mercato. Le persone coinvolte provvedevano poi a smaltire l’olio non italiano attraverso vendite fittizie a operatori compiacenti, anche esteri, al fine di farne perdere le tracce.

Le olive Un’altra operazione nel settore oleario è stata annunciata dalla Forestale. Oltre 10.000 chili di olive da tavola, colorate e pericolose per la salute, sono state sequestrate in Puglia. Diciotto imprenditori sono stati denunciati: dovranno rispondere di commercio di sostanze alimentari nocive e produzione di alimenti con aggiunta di additivi chimici non autorizzati dalla legge. La colorazione, con il fine di nascondere i difetti delle olive, avveniva utilizzando sia la clorofilla ramata sostanza alimentare classificata dalla Ue come colorante E141, procedimento vietato dalla legislazione nazionale e da quella europea, sia il solfato di rame particolarmente nocivo alla salute umana. In molte aziende è stata accertata la presenza e l’utilizzo del colorante clorofilla ramata nei locali di produzione, in altri casi è risultato fondamentale il campionamento delle olive effettuato dai forestali.

Condividi questo articolo su
Condividi questo articolo su

Ultimi 30 articoli