Orologi e beni di lusso acquistati con assegni circolari falsi: raffica di arresti

L’indagine è partita ad inizio 2023 dalla denuncia di un residente in provincia di Perugia

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Sette arresti – con custodia in carcere – e un obbligo di dimora: le misure sono state disposte dal gip di Perugia ed eseguite dalla polizia di Stato a seguito di un’indagine che ha portato alla luce un’associazione per delinquere finalizzata alla truffa, composta da soggetti – uno dei quali irreperibile – tutti residenti in provincia di Napoli. L’indagine, condotta dalla procura diretta da Raffaele Cantone, è partita ad inizio 2023 con la denuncia sporta da un uomo residente in provincia di Perugia che aveva messo in vendita un orologio di valore su internet. Un potenziale acquirente lo aveva contattato, accordandosi per la somma di oltre 8 mila euro, pagati con un assegno circolare poi risultato falso. Le indagini delegate alla polizia Postale di Perugia hanno consentito di individuare il sodalizio criminale, composto da uomini e donne anche legati da vincoli di parentela, ognuno con compiti ben definiti e in grado di acquistare beni di lusso – per la maggior parte orologi – con assegni circolari falsi. Il presunto capo del gruppo è attualmente detenuto nel carcere napoletano di Poggioreale ma, nonostante la detenzione, riusciva comunque a dirigere il gruppo – grazie a due telefoni cellulari di cui era in possesso – e a tenere i contatti, anche con le vittime. Si stima che il sodalizio criminale abbia compiuto almeno 50 truffe, mettendosi in tasca, nel giro di pochi mesi, la ragguardevole cifra di circa 600 mila euro.

Il modus operandi

Questo il modus operandi ricostruito da polizia di Stato e procura di Perugia: «Una prima fase di ‘ricognizione’ delle piattaforme di e-commerce, consentiva di individuare sia l’oggetto di valore nonché gli inserzionisti degli annunci di vendita; la seconda fase era quella del ‘contatto telefonico’ che avveniva prima attraverso la messaggistica del sito e poi attraverso contatti WhatsApp. Acquista telefonicamente la fiducia del venditore per rendere maggiormente credibile la bontà della proposta di acquisto, gli indagati indicavano come luogo di incontro per lo scambio dell’orologio la filiale della banca della vittima, dove cioè sarebbe stato incassato l’assegno circolare». Prima di incontrare il venditore gli indagati «predisponevano i titoli falsi recanti i dati della banca emittente, l’importo stabilito ed il nominativo della vittima; attivavano utenze telefoniche VoIP (con prefissi geografici 02, 051, 0742 etc.) da inserire nel motore di ricerca Google in maniera da farle apparire come numerazione degli istituti bancari che avevano emesso – in apparenza – i falsi assegni (in caso di contatti da parte delle vittime, rispondevano sedicenti impiegati dell’istituto di credito con il compito di rassicurare l’interlocutore circa la bontà del titolo); creavano false pagine internet delle filiali bancarie che risultavano aver emesso il titolo nelle quali comparivano i numeri di telefonico VoIP sopra indicati; infatti, chiamando tali numeri rispondevano o il soggetto detenuto, in via prioritaria, oppure una donna i quali, fingendosi impiegati della banca, fornivano all’interlocutore garanzie verbali relative sia all’autenticità dell’assegno nonché alla relativa provvista. Definiti tutti gli accordi della trattativa, veniva concordata la data e l’ora dell’incontro, al quale gli indagati partecipavano con falsi documenti di identità. L’assegno circolare veniva consegnato al personale bancario il quale, accertata l’esistenza sui siti internet della filiale emittente il titolo, individuata l’utenza e dopo aver ricevuto garanzie telefoniche, lo poneva all’incasso. Conclusa la compravendita ed entrati in possesso degli orologi, gli indagati facevano perdere le proprie tracce; soltanto dopo alcuni giorni la vittima si accorgeva di essere stata truffata allorquando la banca gli comunicava che l’assegno era falso in quanto emesso da una banca inesistente».

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