Terni, il 32enne ferito in via Visetti: «Grazie a chi mi ha salvato. I fatti sono andati così»

Il 32enne ternano Samuele Isidori, dimesso dall’ospedale dopo l’intervento e il ricovero, dice la sua versione: «Non trovo un perché»

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«Sono contento di essere vivo, perché ho rischiato di morire. E se sono qui è grazie ai medici e al personale del ‘Santa Maria’. Ma uscirne è difficile. Non dormo, i dolori sono ancora tanti, questa vicenda mi ha segnato nel profondo e non so darmi ancora una spiegazione logica». A parlare è Samuele Isidori, il 32enne ternano rimasto ferito il pomeriggio dello scorso 10 febbraio da un colpo di pistola sparato dal 59enne Gianluca D’Amario. Il fatto è avvenuto nei pressi dell’abitazione di quest’ultimo, in via Visetti, a due passi da villaggio Matteotti.

Samuele Isidori

Dolore e gratitudine

«Dopo 14 giorni di ricovero, di cui 8 in terapia intensiva, sono stato finalmente dimesso. E voglio dire – ci tiene Samuele – che il personale dell’ospedale di Terni, dall’Obi al reparto di chirurgia toracica, mi ha trattato con i ‘guanti bianchi’. Un grazie di cuore va a loro, così come ai dottori Ragusa e Casadei che mi hanno operato e mi seguono ancora adesso. Hanno fatto un lavoro eccezionale e tutti sono stati gentilissimi con me, non lo scorderò mai». La pallottola, sparata quasi a bruciapelo, lo aveva raggiunto al petto, lesionandogli anche un polmone. Per questo Samuele Isidori era stato operato d’urgenza, con l’asportazione di una parte di polmone, successivo ricovero in intensiva e poi, una volta migliorate le condizioni, nel reparto specifico. «Ancora ho dei pallini di piombo nel petto, altri me ne hanno tolti. Ma questo è, spero solo di recuperare: sto meglio ma c’è tanto da fare e la prognosi, che è di 60 giorni, dovrà sicuramente essere estesa. Questo almeno dicono i medici».

La versione dei fatti

Poi i fatti. Il D’Amario li ha ricostruiti attraverso il proprio legale, oltre che riferiti direttamente agli inquirenti e al giudice in sede di interrogatorio di garanzia dopo l’arresto eseguito dai carabinieri di Terni. Ora Isidori, che è assistito dall’avvocato Carlo Viola, dice la sua: «Quel pomeriggio, era il 10 febbraio, questa ragazza, mia amica, mi ha chiesto di accompagnarla da un suo amico. Le ho risposto che potevo ma che avevo solo mezz’ora, quaranta minuti al massimo a disposizione, visto che avevo preso un impegno per un aperitivo. Sono salito a bordo della sua auto e per strada ho capito che avrebbe raggiunto la casa di questa persona, il D’Amario, che conoscevo già. Una volta scesa, mi sono messo ad aspettarla. Il tempo passava, prima mezz’ora, poi un’ora e alla fine ho iniziato a chiamarla al telefono. Non rispondeva e poi ho esaurito anche la batteria. A quel punto sono andato a suonare al campanello ma nessuno mi ha risposto e sono tornato in auto. L’ho fatto per due/tre volte e alla fine, visto che le luci di casa erano accese e dalla tapparella della finestra si vedevano, l’ho chiamata da lì fuori alzando anche la voce: ‘Che dobbiamo fare? Io devo andare via’. Poi ho bussato ripetutamente sulla serranda, che si è tirata su e in quel momento è accaduto l’impensabile. Quest’uomo ha aperto la finestra e mi ha sparato. Sono stato subito soccorso da una donna bionda, una vicina, che mi ha tamponato la ferita e, urlando, ha fatto chiamare i soccorsi. Ero pieno di sangue e lì mi hanno raggiunto il 118 e i carabinieri. Poi sono finito in ospedale».

«Non ho trovato un perché»

La domanda è: perchè tutto ciò? «Non so che pensare – osserva Samule Isidori -, da parte mia non c’è stata alcuna esagerazione, almeno non tale da giustificare una reazione del genere. Non so spiegare il perché, spero lo faccia chi ne sa più di me. Chiaro, se avessi saputo che avrebbe reagito così, non mi sarei neppure avvicinato alla finestra. Ora non dormo, sto male, ma sono vivo. Non è poco ma è dura».

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